ATAC: LIBERALIZZARE E’ PRIVATIZZARE

Cosa prevale in chi sostiene che liberalizzare il trasporto pubblico a Roma sia cosa molto diversa, anzi opposta dal privatizzarlo? Cinismo politico, ingannevole e mistificatorio, o ingenua inconsapevolezza, dettata da un’insofferenza estenuata e incollerita? Sono le due principali movenze che caratterizzano il fronte del Sì al referendum che si celebrerà domenica prossima. Entrambe si propongono di migliorare, anzi sanare, la catastrofica condizione in cui versa l’Atac, affidando ai privati la gestione del servizio, ma preservando la programmazione pubblica, oltreché la proprietà stessa. Così come si è deciso di fare per la sanità, le ferrovie, le autostrade, ecc. E allora mi domando e domando: non è questa una forma surrettizia, reticente, ipocrita per privatizzare, lasciando al pubblico l’onere di finanziare comunque il servizio e al privato il vantaggio di trarne profitto? E alla luce delle suddette esperienze “liberalizzatrici” la stessa prerogativa pubblica su beni, servizi e funzioni non è diventata forse un simulacro vuoto e inerte, fagocitata dalle esigenze dei “liberatori”, esclusivamente misurate sui propri utili e non più sui bisogni collettivi?Su, per favore, diciamoci la verità e smettiamola di indispettirci e incapricciarci. Liberalizzare è privatizzare di fatto, senza peraltro ottenere ricavo alcuno, se non la speranza di assistere a una gestione migliore della propria. Cosa per nulla certa, o almeno plausibile solo per quei segmenti redditizi: le ferrovie guadagnano sull’alta velocità e trascurano le reti regionali e metropolitane; nella sanità i privati speculano sulla specialistica e si sottraggono alle funzioni ambulatoriali. Con il risultato di privilegiare chi è in grado di pagare e maltrattare chi non è nelle condizioni di farlo.So perfettamente che oggi a Roma difendere il trasporto pubblico è pressoché impossibile. Rilevo solo che averlo volontariamente ridotto così sta diventando il viatico per disfarsene: e di questa responsabilità non ne sono certo esenti gli attuali sostenitori del Sì, che infatti sono qui a raccoglierne i frutti.Anche per questo indegno raggiro politico voterò No.