DALLA GRANDE GUERRA NESSUNA FESTA SE NON PER LA TREGUA DI QUEL NATALE DEL ‘14

DALLA GRANDE GUERRA NESSUNA FESTA SE NON PER LA TREGUA DI QUEL NATALE DEL ‘14

Sono giorni in cui piace ricordare gli eventi della Prima guerra mondiale, non può essere altrimenti, il 4 novembre è qui a testimoniarlo.Ma questi sentimenti che emergono oggi, proprio nella ricorrenza del centenario della fine di quella guerra, sono asfissianti, colmi di inutile retorica.Appare evidente anche a chi solo per poco vuole addentrarsi nella memoria che ben poco c’è da festeggiare per un conflitto che ha visto, solo tra gli italiani: 600.000 morti, 947.000 feriti, mutilati e invalidi, 600.000 prigionieri e dispersi.Numeri devastanti che non raccontano di quel senso di inutile condivisione che gerarchie ed istituzioni vollero innescare in un popolo che subì quelle scellerate decisioni che condussero ad una delle prime carneficine dei tempi moderni.Come in molti passaggi della storia, anche in questa occasione, il clima di odio e paura fecero scivolare il Paese verso una guerra maturata per soddisfare le ambizioni dei potenti, dei governanti e dei fanatici che facendosi complici trascinarono dietro di loro parte delle masse.La maggioranza del Paese subì quella chiamata alle armi passivamente , la società contadina ebbe a vivere quel conflitto nel più pieno senso di inutilità, in “solitudine”, spesso in avversione.Prova ne furono le tante diserzioni ed i colpi sparati alle spalle dai “custodi” dell’onor patrio.Tardive, ma pur sempre utili, appaiono oggi le parole di papa Benedetto XV, che il 1 agosto 1917 ebbe a dire : «Questa guerra, un’inutile strage».Ma ancora oggi sembra di non aver imparato la lezione ed ecco festeggiamenti e celebrazioni mentre si cerca sempre di presentare la guerra, magari chiamandola con altri nomi, appellandoci a “onore, coraggio, Patria”.In realtà la guerra e quel conflitto non furono affatto una cosa “umana”, tutto ciò apparve solo come il trionfo della follia, «alienum est a ratione» diceva Giovanni XXIII nella Pacem in Terris.Lo comprese don Milani che scagliandosi contro la stessa Chiesa, contro i cappellani militari, volle puntualizzare, pagando a caro prezzo questa scelta di campo, che solo il periodo della Resistenza fu unica “guerra giusta”, cioè «non di offesa delle altrui Patrie, ma di difesa della nostra», una guerra particolarmente significativa perché combattuta da un esercito che aveva disobbedito agli ordini disumani.Tornando dunque alle considerazioni su quel primo conflitto mondiale vale la pena di sottolineare che quella guerra fu una sconfitta del primato della coscienza, lo fu tranne pochi episodi che costellando anche quegli anni ci permisero di poterci riappacificare con i sentimenti umani.Fra questi uno più di altri ci ha colpito.Avvenne grazie a dei semplici soldati condannati alla guerra di trincea, che in occasione di quel Natale, uscirono spontaneamente allo scoperto in alcune zone del fronte occidentale per andare a salutare e a fare gli auguri ai «nemici».Fu una azione naturale, umana senza che ci fosse, da parte dei comandi, alcun via libera. Anzi, proprio il contrario. Quando la notizia si diffuse grazie alle lettere dei soldati alle famiglie, i vertici militari di entrambi gli schieramenti si affrettarono a proibire altre iniziative simili: il generale Horace Smith Dorrien, comandante del secondo corpo d’armata della Bef, la forza di spedizione britannica in Francia, arrivò perfino a minacciare la corte marziale per chi si fosse reso colpevole di fraternizzazione con il nemico.Mirabile testimonianza è arrivata dal caporale Leon Harris del 13esimo battaglione del London Regiment in una lettera scritta ai genitori che vivevano a Exeter: «È stato il Natale più meraviglioso che io abbia mai passato. Eravamo in trincea la vigilia di Natale e verso le otto e mezzo di sera il fuoco era quasi cessato. Poi i tedeschi hanno cominciato a urlarci gli auguri di Buon Natale e a mettere sui parapetti delle trincee un sacco di alberi di Natale con centinaia di candele. Alcuni dei nostri si sono incontrati con loro a metà strada e gli ufficiali hanno concordato una tregua fino alla mezzanotte di Natale. Invece poi la tregua è andata avanti fino alla mezzanotte del 26, siamo tutti usciti dai ricoveri, ci siamo incontrati con i tedeschi nella terra di nessuno e ci siamo scambiati souvenir, bottoni, tabacco e sigarette. Parecchi di loro parlavano inglese. Grandi falò sono rimasti accesi tutta la notte e abbiamo cantato le carole. È stato un momento meraviglioso e il tempo era splendido, sia la vigilia che il giorno di Natale, freddo e con le notti brillanti per la luna e le stelle». Non si sa dove fosse schierata l’unità del caporale Harris ma gli eventi da lui descritti si ripeterono in molti punti del fronte. In una lettera alla famiglia del 28 dicembre, il bavarese Josef Wenzl ebbe a raccontare di essere rimasto incredulo quando uno dei soldati cui la sua unità stava dando il cambio gli disse di aver passato il giorno di Natale scambiando souvenir con gli inglesi. Ma quando spuntò l’alba del 26 dicembre vide con i suoi occhi i soldati britannici uscire dalle trincee e cominciare a parlare e scambiarsi oggetti ricordo con lui e con i suoi compagni. Poi ci furono canti, balli e bevute. «Era commovente — si legge nella sua lettera alla famiglia — tra le trincee uomini fino a quel momento nemici feroci stavano insieme intorno a un albero in fiamme a cantare le canzoni di Natale. Non dimenticherò mai questa scena. Si vede che i sentimenti umani sopravvivono persino in questi tempi di uccisioni e morte».Infiniti altri episodi simili si verificarono anche tra tedeschi e francesi e tra tedeschi e belgi, in quel Natale del 1914, dopo cinque mesi di guerra sanguinosissima (era iniziata il primo agosto)con circa un milione di vittime, con molte zone del Belgio e della Francia orientale occupate e dopo i massacri di civili compiuti dai soldati tedeschi.Mentre in molti dei fronti di guerra si continuava a morire su alcuni quotidiani britannici fu raccontata la cronaca surreale della partita di calcio giocata, in quei giorni, nella terra di nessuno da inglesi e tedeschi in una zona imprecisata del fronte, che sarebbe finita 3-2 per i tedeschi.Difficile dire cosa di tutto ciò sia stato mito o realtà, sta di fatto che il sentimento di umanità, per qualche giorno, per qualche ora, ebbero il sopravento sulla barbarie e sulle crudeltà.Poi alle fine tutto tornò come prima e quegli uomini continuarono ad uccidersi