DECRETO SCHIFEZZA IGNOBILE

DECRETO SCHIFEZZA IGNOBILE

163 voti a favore e 59 contrari, il 7 novembre il Senato ha approvato la fiducia al cosiddetto “decreto sicurezza e immigrazione” voluto dal ministro della Paura.Ma il testo votato che va alla Camera, però, è stato modificato rispetto all’originario attraverso un “emendamento interamente sostitutivo” del Ddl (il numero 1.900), sulla cui approvazione il Governo aveva appunto posto la questione di fiducia 24 ore prima. Interventi che hanno distrutto quel poco di umano che c’era. Non c’è più nulla del precedente sistema di asilo, incardinato al principio costituzionale che all’articolo 10 della Carta riconosce quella tutela allo “straniero al quale sia impedito nel suo Paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana”. Loro se ne fregano della Carta Costituzionale, tutti e i peggiori sono naturalmente coloro che ogni tanto la citano ad personam o ad minchiam. L’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi,www.asgi.it) ha rilevato 28 pagine di modifiche e integrazioni che assumono infatti la forma di un “cavallo di Troia, blindato dalla fiducia, per “introdurre novità di taglio iper restrittivo che nella prima versione del decreto non c’erano”. Creando così un provvedimento che è un “vero e proprio mostro”, senza peraltro dare troppo nell’occhio. Alla già nota abrogazione della protezione umanitaria, allo stravolgimento dell’ex Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR), alle illegittimità costituzionali già evidenziate nelle scorse settimane, si aggiungono nuovi elementi preoccupanti. Nel maxi emendamento del governo“Disposizioni in materia di Paesi di origine sicuri e manifesta infondatezza della domanda di protezione internazionale”.Il primo punto riguarda i “Paesi di origine sicuri”, il caso cioè di uno “Stato non appartenente all’Unione europea” che stando al nuovo articolato potrà “essere considerato Paese di origine sicuro se, sulla base del suo ordinamento giuridico, dell’applicazione della legge all’interno di un sistema democratico e della situazione politica generale, si può dimostrare che, in via generale e costante, non sussistono atti di persecuzione […] né tortura o altre forme di pena o trattamento inumano o degradante, né pericolo a causa di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale. La designazione di un Paese di origine sicuro può essere fatta con l’eccezione di parti del territorio o di categorie di persone”. Dove è stata introdotta, la nozione di Paese di origine sicuro, che le direttive europee prevedono quale misura normativa solo facoltativa per gli Stati, ha sempre prodotto gravissimi problemi poiché le domande di protezione sono per definizione individuali ovvero legate alla condizione specifica di un richiedente. Esaminare invece una domanda ritenendo già che un Paese di origine sia ‘sicuro’ crea una situazione di pregiudizio sostanziale nell’esame della domanda stessa e dà ampi margini per l’esercizio di un’influenza politica molto forte del potere esecutivo sull’organo di valutazione. Ciò vale soprattutto per l’Italia oggi.Perché? Perché chi stabilisce che il Paese di origine sia ‘sicuro’ sarà di fatto la Commissione nazionale per il diritto d’asilo, che non è organo amministrativo indipendente ed è fortemente connesso per composizione e struttura organizzativa al potere politico. Tradotto: il Governo di turno potrà decidere che un Paese venga considerato di “origine sicuro” con obiettivi di carattere politico che nulla hanno a che fare con le domande di protezione. Schiavone pensa a casi come il Bangladesh, la Tunisia, la Libia, il Senegal e così via.Il rigetto della domanda per manifesta infondatezza comporta un forte indebolimento della tutela giurisdizionale poiché il ricorso ha tempi di impugnazione più brevi e non c’è un’automatica sospensiva durante il contenzioso. Mi pare che la nozione di ‘Paese di origine sicuro’ sia del tutto estranea alla nozione di asilo delineata dalla nostra Costituzione”. Tra le altre “novità” c’è poi quella della cosiddetta “protezione interna” nel Paese terzo di provenienza del richiedente. “Se in una parte del territorio del Paese di origine, il richiedente non ha fondati motivi di temere di essere perseguitato o non corre rischi effettivi di subire danni gravi o ha accesso alla protezione contro persecuzioni o danni gravi e può legalmente e senza pericolo recarvisi ed essere ammesso e si può ragionevolmente supporre che vi si ristabilisca”, la sua domanda di protezione è “rigettata”.Anche su questa norma, del tutto facoltativa nel diritto dell’Unione e che l’Italia, fin dal 2008, con saggezza, aveva evitato sono molti i dubbi di conformità rispetto all’articolo 10 della nostra Costituzione è possibile segmentare un Paese in aree, evidenziando peraltro una situazione che è già di grande instabilità, visto che un Paese è diviso in due o più parti. Cosa vuol dire in concreto che è ragionevole supporre che la persona si trasferisca nell’area del Paese considerata sicura? Quali i parametri di valutazione? È sufficiente solo la mancanza di rischio o è necessario che alla persona venga fornita una protezione effettiva e una assistenza materiale? La norma, genericissima, non fornisce alcuna risposta. Ciò che è chiaro è che è scontata la tendenza, come ribadisce il vicepresidente Asgi, di considerare l’asilo come fosse una sorta di “extrema ratio” cui ricorrere quando nessuna altra soluzione, anche precaria e parziale all’interno di quel Paese sia possibile. Che cosa ha a che fare tutto ciò con il diritto all’asilo garantito dalla Costituzione a coloro cui sia impedito nel suo Paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche? La distanza è abissale. Ma in Italia è ancora usanza esaminare la Costituzionalità di una legge o non più? Utilizzare la nozione di area interna sicura nel Paese di origine è solo un altro modo per respingere domande di asilo che tradizionalmente vengono accolte. Pensiamo agli afghani o agli iracheni o ai siriani, o ……..e riteniamo per l’appunto che le persone possano spostarsi in una presunta ‘area sicura’ del Paese.Quanto è sicura? Come si valuta? Per quanto tempo? Che tipo di stabilità e assistenza deve provvedere ad assicurare lo Stato allo sfollato interno? Domande che rimangono senza risposta. E perciò non si può accettare il decreto Accanto al tema dei “Paesi di origine sicuri” e delle zone di “protezione interna”, il maxi emendamento interviene come già il decreto 113- a proposito di cittadinanza. L’avvocato Livio Neri, socio di Asgi, elenca brevemente alcune delle misure del decreto legge governativo. “C’è l’aumento del contributo da versare per presentare ‘istanze o dichiarazioni di elezione, acquisto, riacquisto, rinuncia o concessione della cittadinanza’, che passa da 200 a 250 euro. C’è l’incredibile allungamento del ‘termine di definizione dei procedimenti’, da 24 a 48 mesi dalla data di presentazione della domanda. E c’è il brutto precedente della ‘revoca’ della cittadinanza prevista in caso di condanna definitiva per gravi reati”. Precedente che creerà peraltro nuova apolidia, dal momento che, come fa notare Neri, la norma così come è scritta (ed è rimasta) non prevede la circostanza che dopo la revoca sorga appunto una condizione di apolidia per l’interessato ed è perciò in contrasto con la Convenzione di New York sulla materia. L’emendamento del governo aggiunge a questi (e altri) elementi un termine di sei mesi per il rilascio di estratti e certificati di stato civile “occorrenti ai fini del riconoscimento della cittadinanza italiana”, che significa secondo Neri “che lo stesso documento (ad esempio il certificato di nascita di un congiunto, ndr) ha termini diversi a seconda di chi lo richiede”. E pone poi come condizione necessaria alla “concessione della cittadinanza” il “possesso, da parte dell’interessato, di un’adeguata conoscenza della lingua italiana, non inferiore al livello B1 del Quadro comune europeo di riferimento per le lingue (QCER)”, salvo per chi abbia sottoscritto l’accordo di integrazione o sia titolare di permesso di soggiorno Ue per “soggiornanti di lungo periodo”. “Questa previsione, commenta amaramente Neri, avrà un durissimo impatto sulle persone con minori strumenti culturali a disposizione e che per questo non saranno riusciti a imparare l’italiano”. Che è quello che i razzisti vogliono.