PER UN NUOVO MANIFESTO DEGLI APOTI COME AI TEMPI DI PREZZOLINI

In questi giorni in cui stiamo celebrando il centenario della fine della Grande Guerra mi è capitato di rileggere Giuseppe Prezzolini. Mi ha molto colpito quanto scriveva proprio all’indomani della fine della guerra del ‘15-‘18 quando, tornando dalla trincea dov’era andato volontario, trovò il Paese in totale stato confusionale di partiti, fazioni e risse. Da qui l’iniziativa di coniare il Manifesto degli Apoti, di coloro che non intendono continuare a “bere” gli intrugli che quotidianamente la politica ci serve, e in cui nessuno riesce più a capire chi è con chi e per che cosa. Altri tempi, qualcuno obietterà, il contesto oggi è diversissimo e fortunatamente meno drammatico. Resta però lo stato confusionale, e aggiungerei comatoso, in cui è finita l’Italia, sempre più preda di una classe politica di dilettanti allo sbaraglio. Prezzolini, che proprio per questi motivi preferì trarsi in disparte dalla politica ed andarsene all’estero, soleva dividere gli italiani in “furbi e fessi”. “L’Italia va avanti perché ci sono i fessi. I fessi lavorano, pagano, crepano. Chi fa la figura di mandare avanti l’Italia sono i furbi che non fanno nulla, se la spendono e se la godono. (…) Nella famiglia, nella scuola, nelle carriere l’esempio e la dottrina corrente, che non si trova nei libri, insegnano i sistemi della furbizia”. Parole ancora oggi di vergognosa attualità che si perpetuano soprattutto nel cattivo esempio dei nostri governanti. Ecco perché anch’io, nel segno di un intellettuale dissidente e sull’esempio di Indro Montanelli che lo condivise, mi iscrivo al partito degli apoti. Per non continuare a “bere” quanto la propaganda politica ci ammannisce oggi, pronta a sostenere l’esatto contrario domani.