UNA MANOVRA ECONOMICA SENZA CORAGGIO

UNA MANOVRA ECONOMICA SENZA CORAGGIO

Fareste ulteriore credito a una famiglia indebitata fino all’osso? Difficilmente e in ogni caso pretendereste convincenti e ferree garanzie.L’ Italia ha un debito pubblico a dir poco abnorme. Questo debito ha bisogno ogni anno di chi ricompri le sue cambiali in cambio di un interesse che è proporzionale ai rischi di insolvenza. Per noi, questi interessi sono alti, perché veniamo giudicati debitori a rischio. Il succo degli spasmi in salita dello spread è questo. I risparmiatori italiani e esteri che comprano il nostro debito chiedono garanzie crescenti che, senza una politica seria di riduzione del debito, rischiano di incrementarlo ulteriormente e renderlo insostenibile. A quel punto, non troppo lontano, il nostro paese rischia il pignoramento.La manovra varata dal governo lega-5 stelle, meglio ancora, visto che solo di questo si tratta, la dichiarazione di intenti di questo governo, aggrava il nostro debito di ulteriori 100 miliardi. Lo spread si impenna, i mercati mostrano crescente nervosismo.Che garanzie offre questa “manovra” a chi investe i suoi risparmi in azioni del nostro debito?E’, nelle sue intenzioni, assolutamente diversa da quelle del passato. La filosofia delle precedenti manovre era un continuo tirare la cinghia che come unico risultato ha prodotto più depressione economica, cioè più incapacità di far fronte ai nostri doveri di debitori. L’Italia ha oggi milioni di cittadini sulle soglie della povertà assoluta e una grande area del suo territorio che fa già parte del sottosviluppo e i cui giovani non hanno futuro.L’intenzione di questa manovra è espansiva. Un’immissione di reddito nella società, specialmente nei suoi strati più deboli, nella speranza che questo faccia da possibile moltiplicatore di sviluppo. Ci indebitiamo, è vero, ma questo debito produrrà capacità che permetteranno di ripagarlo. Una scommessa di tipo keynesiano per rilanciare l’economia del paese e evitare il suo collasso sociale.Quanti lanciano l’anatema di un aiuto ai fannulloni e a chi non onora i suoi debiti mentono due volte. Chi non trova lavoro, perché di lavoro non ce ne è, non merita simili insulti. Altrettanto chi è indebitato e non ha i mezzi per pagare il suo debito che di fatto è già inesigibile. Immettere redditi e salari ad ogni costo, persino per asciugare gli scogli, ha permesso all’economia mondiale di risollevarsi dalla crisi del 1929 e dalla desolazione post seconda guerra mondiale.Le critiche da fare a questa “manovra” sono altre. Una di previsione e l’altra di mancanza di coraggio.A differenza del dopoguerra e della crisi del ’29, non è più così scontato che l’immissione di reddito nella società produca davvero sviluppo e occupazione. Non solo perché mancano politiche industriali e di collocazione dell’Italia nella divisione internazionale del lavoro, ma soprattutto perché è evidente anche ai ciechi che il lavoro, come classicamente è inteso, è merce sempre più rara in ogni angolo del pianeta sotto i colpi dell’innovazione tecnologica e dei robot. La sfrenata e insensata guerra commerciale tra titani tra Cina e Stati Uniti, poi, lascia ben poche briciole ai bisogni produttivi di un paese come il nostro. Potremo sostituire giovani a pensionati che sicuramente sarà un bene, ma è difficile immaginare veri e validi incrementi dell’occupazione e quindi di un’autonoma produzione di redditi. Occorrerebbe uno sguardo al futuro, a una società meno centrata sul lavoro, cosa che non è nelle corde dell’eterogenea alleanza che governa il paese.Un governo che non può, poi, per gli interessi contraddittori che lo animano, avere il giusto coraggio che la gravità della situazione italiana richiede.Parlo della più grande questione democratica, di ciò che dovrebbe essere al primo posto di un vero cambiamento, cioè il debito pubblico.Le attuali e future generazioni del paese sono condannate dalla viltà delle loro classi dirigenti attuali e passate a un destino di schiavitù finanziaria, cioè all’impoverimento e alla perdita progressiva di diritti fondamentali se non si affronta radicalmente la questione debito pubblico.Invece di indebitare noi stessi e le future generazioni, sarebbe ora di chiedere a chi si è pasciuto ed è ingrassato su questo debito di cominciare a ripagarlo. Chiamatela come volete, se non vi piace il termine patrimoniale, ma occorre tassare le rendite e i redditi più alti, in maniera sostanziosa. E cominciare una seria politica di dismissione del patrimonio pubblico, prima che siano altri a costringerci a tanto ma a prezzi da saldo. Non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca allo stesso tempo!Si libererebbero risorse importanti capaci di ridurre il debito, saneremmo ingiustizie sociali non più tollerabili, promuoveremmo una politica di investimenti corposa nella manutenzione del territorio e nel sempre più grande gap tecnologico del nostro paese.Saremmo più credibili sui mercati internazionali e potremmo finalmente cominciare a porre con forza il problema della parte di debito italiano che è “odiosa”, cioè figlia del malaffare congiunto di classi dirigenti nostrane corrotte e istituzioni finanziarie internazionali ladrone. E che non è giusto ripagare.