DURA LEX, SED LEX. I SINDACI DICONO NO ALLA SICUREZZA SECONDO SALVINI

Un gran parlare intorno alla madre di tutte le leggi italiane. Direte: la Costituzione? Quella Magna Charta scritta col sangue degli italiani, scritta con la volonta’ di unire, di rinascere dalle ceneri di un mondo che ritrovava la sua umanita’ smarrita? Quel Vangelo Civile che i Ponzio Pilato con casacche diverse, periodicamente cercano di violentare? No, molto piu’ prosaicamente, la legge in questione, e’ la legge che ha convertito il decreto Salvini, quello per intenderci sulla sicurezza. Della ventilata incostituzionalita’ di alcune norme si e’ detto a piu’ riprese e da parte di analisti, esperti, tuttologi e commensali delle festivita’ appena trascorse. Oggetto di scoop, commenti, notizie, gossip e pettegolezzi piu’ che la farfallina tatuata di Belen. E’ delle ultime ore la notizia che alcuni sindaci, ovviamente non indossanti casacca gialloverde, hanno dichiarato ” guerra fredda” alla legge, soprattutto nella parte in cui vede interagire i migranti, i richiedenti asilo e gli uffici di stato civile, anagrafe e cittadinanza,per la precisione, dei comuni. E le notizie hanno fatto il giro del web, delle televisioni, dei giornali per approdare nei divani dinanzi ai caminetti accesi. E mentre Riace e il suo modello di accoglienza viene lasciato agonizzare, mentre navi delle ong girovagano per il Mediterraneo portando in crociera migranti che non aspiravano ad altro che sollazzarsi con il mare forza otto, monta la protesta dei primi cittadini di Napoli, Palermo, Parma, Reggio Calabria, Firenze. Il Sindaco di Palermo e di Napoli avevano dichiarato di sospendere gia’ al momento della sua emanazione l’applicazione del decreto. Ma, con la discussione parlamentare e la firma del decreto da parte del Presidente della Repubblica, questo e’ divenuto legge dello Stato. La campagna mediatica, che ovviamente ha i suoi riverberi in campo elettorale per le prossime europee, ha iniziato il suo tam tam reclamizzando una inottemperanza da parte dei sindaci dissidenti alle disposizioni normative. In realta’, i sindaci, che hanno contestato il decreto e le sue norme e oggi pongono in discussione la legge, conoscono i principi dell’ordinamento giuridico italiano. Sono consapevoli che esiste una gerarchia delle fonti del diritto. Sanno che al primo posto vi e’ la Costituzione,le leggi costituzionali, i trattati europei. Sanno che le fonti primarie sono le leggi ordinarie e fra queste i decreti legge convertiti. Sanno che fonti secondarie sono i regolamenti. Nella formula di promulgazione vi sono tre fasi:1) “La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato”( c.d. riconoscimento dell’approvazione parlamentare);2) “il Presidente della Repubblica promulga la presente legge”( c.d. dichiarazione di promulgazione) ; 3)”e’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come Legge dello Stato”( c.d ordine di osservanza) Il Capo dello Stato verifica la formale legittimita’ costituzionale della legge, potendo rifiutare la promulgazione ove riscontrasse palese violazione della Costituzione, e, in tal caso ha il potere di veto sospensivo, cioe’la facolta’ di rinviare alle Camere con messaggio motivato la legge, per una nuova deliberazione. Nel momento in cui la legge,pero’, viene pubblicata diviene obbligatoria per tutti , compresi i primi cittadini chiamati anche a darvi esecuzione. E la legge Salvini e’ davvero dura, a tratti spietata, senza clemenza e probabilmente discriminatoria, ergo, negante giustizia. Ma una legge dello Stato non puo’ disapplicarsi sic et simpliciter. Per principio uniforme una norma inferiore non puo’ derogare ad una superiore e,fortunatamente, nel nostro ordinamento paladina e garante dei diritti umani e’ la Costituzione e ogni legge ordinaria deve ad essa rapportarsi. Pur tuttavia, nessuno arbitrariamente puo’ disattendere una legge emanata in un consesso civile, pur, a ragione, ritenendola ingiusta. Il compito e’ attribuito alla magistratura con la richiesta in un giudizio della remissione degli atti alla Corte Costituzionale per la declaratoria di incostituzionalita’, o alla partecipazione diretta del popolo con l’istituto del referendum abrogativo . E’vero. Per un sindaco e’ piu’ difficile disubbidire che ubbidire , soprattutto se si accettano consapevolmente le conseguenze delle proprie azioni, secondo coraggio e coerenza e se si possiede la convinzione nelle proprie idee che supera la paura del carcere e del dileggio. Ma questa si chiama ” disubbidienza civile” e occorre responsabilita’ prima di professarla, soprattutto nel momento storico che stiamo attraversando. Occorre carisma e decisione. Occorre la consapevolezza del possibile effetto domino e la previsione degli scenari configurabili . ” In quanto alla loro vita di giovani di domani, non posso dire ai miei ragazzi che l’unico modo di amare la legge e’ di obbedirla. Posso solo dire loro che essi dovranno tenere in tale onore le leggi degli uomini e osservarle quando sono giuste, cioe’ quando sono la forza del debole. Quando invece vedranno che non sono giuste, cioè quando non sanzionano il sopruso del forte, essi dovranno battersi perche’ siano cambiate”( Don Lorenzo Milani) Forza sindaci, avanti tutta con gli strumenti della legalita’ che la Costituzione ci fornisce, la propaganda e i proclami lasciate siano appannaggio di altri.