IL DECLINO DELL’IMPERO SALVINIANO È UNA DERIVA INARRESTABILE

IL DECLINO DELL’IMPERO SALVINIANO È UNA DERIVA INARRESTABILE

Litigano per una lettera che l’Europa aspettava ma nessuno, nel governo Conte sapeva cosa scriverci. O meglio ognuno voleva farne una sua e lo abbiamo visto con la ridicola figura di questo tremendo venerdì di fine maggio.Alla fine Tria, con quella lettera che verrà fatta di nuovo, cerca di raccontare qualche cosa di diverso ma il danno è fatto perché rimane chiaro al mondo che in Italia il governo non ha capacità di reagire.O meglio all’interno del governo tutti hanno una loro idea che vorrebbero scrivere ma nessuno riesce a farne sintesi.Ci sono quelli che dicono che son solo numeri e che tutto si aggiusterà con il tempo.Ci sono quelli di son pronti a tirare dritto.Ci son quelli che non sanno leggere che cercano aiuto da quelli che non sanno scrivere.Ci sono quelli che va bene tutto tanto un posto come quello che stanno occupando non lo troveranno mai.Infine ci sono quelli che come un vero “munaciello” si divertono a scompaginare la compagnia diffondendo notizie, lettere, vere e presunte per il gusto di veder l’effetto che fa.La questione dunque porterebbe al ridicolo, alla rappresentazione farsesca se non fosse che oltre quelle porte c’è un Paese distrutto nelle capacità, nelle idee e soprattutto nelle risorse.Ed il mondo fuori se ne accorge.Malgrado si cerchi di minimizzare le nostre imprese grandi, piccole e medie arrancano.Ogni giorno si perdono posti di lavoro e luoghi di lavoro, Alganews e pochi altri media lo testimoniano di continuo. Il nostro manifatturiero fatica, molto.Il raggio di sole, quello del più zerovirgola, arrivato nel primo trimestre sembra ormai esaurito.Gli ordinativi sono crollati ed è ormai una certezza che quest’anno i conti, le tensioni emergeranno già prima di agosto.La Flat Tax, la panacea di Salvini ai mali del Paese, raccontata di nuovo nei primi giorni della settimana, a risultati elettorali acquisiti, ha finito per tornare presto e di nuovo ad essere quello ch’è, una tassa ingiusta ed ingiustificata.Ed il mercato, il mondo fuori ci ha condannato di nuovo.Nessun muro ci ha protetto, come non potrebbe correggere nessun nazionalismo economico.Ed ecco lo spettro di ritrovarci a finire come la Grecia di qualche anno fa diventa concreto. La settimana della grande euforia elettorale si conclude con una giornata di tensione per lo spread nel giorno della risposta del governo all’Europa.L’Istat allo stesso tempo taglia le proprie stime di crescita relative al primo trimestre: il differenziale schizza fino a 293 punti e tocca i nuovi massimi da dicembre salvo poi posizionarsi in chiusura a 287 con il rendimento del decennale al 2,66%. Un rialzo accelerato anche dal calo dei bund tedeschi, il cui rendimento tocca in mattinata il -0,2%, segnando il proprio minimo storico. Dalla Borsa emerge che i titoli italiani mettono a segno un altro primato negativo. Per la prima volta da oltre 14 anni il rendimento dei Btp italiani a 5 anni gli omologhi greci. Per questo motivo lo spread con il bund tedesco a 5 anni risulta più alto per l’Italia (234) che per la Grecia (226). Mai così vicini anche i titoli decennali dei due Paesi. Inoltre, per la prima volta dal 2008 lo spread tra i due titoli decennali è sceso sotto i 20 punti base.In una strana coincidenza dei fatti, in questo stesso giornoil governatore Visco (Bankitalia), nella sua relazione annuale si trova costretto a ratificare che i “gufi” hanno ragione, che euro ed Europa hanno ben poche colpe, che i mali sono ben radicati nel Paese.Il governatore nelle sue Considerazioni finali sullo stato del Paese avverte che le colpe dei nostri ritardi non sono imputabili all’appartenza all’Unione: “Le altre Nazioni hanno saputo fare meglio di noi”. Le nuove spese dello Stato devono essere “sostenibili”. Sul nostro Paese pesa la fuga dei cervelli ma allo stesso tempo occorre “Attrarre lavoratori qualificati dall’estero”.Le cause dei nostri ritardi vanno, invece, ricercati altrove dall’Europa: “Quelli che sono percepiti come costi dell’appartenenza nell’area dell’euro sono, in realtà, il frutto del ritardo con cui il Paese ha reagito al cambiamento tecnologico e all’apertura dei mercati a livello globale. Sta a noi maturare la consapevolezza dei problemi e affrontarli, anche con l’aiuto degli strumenti europei”. E ancora: “Utilizzare le risorse europee in maniera efficiente deve essere una priorità, superando con decisione i problemi incontrati in passato”.Il governatore non può non affrontare il fenomeno delle migrazioni da un punto di vista tutto economico: “Da qui al 2030, senza il contributo dell’immigrazione, la popolazione di età compresa tra i 20 e i 64 anni diminuirebbe di 3 milioni e mezzo, e calerebbe di ulteriori 7 nei successivi quindici anni”. “Oggi, per ogni 100 persone in questa classe di età ce ne sono 38 con almeno 65 anni; tra venticinque anni ce ne sarebbero 76. Queste prospettive sono rese più preoccupanti dall’incapacità del Paese di attirare forze di lavoro qualificate dall’estero e dal rischio concreto di continuare anzi a perdere le nostre risorse più qualificate e dinamiche”.Mentre il governatore avverte, il governo gioca con le lettere e sorride, gioca sulla vita dei migranti ed alimenta paure.Ed in questi scenari a cavallo fra le incapacità ed i singoli egoismi, il governo gira per il Paese a far comizi e non si accorge di quanto viene attorno.Anche su questo Visco vuol dire la sua e lo fa con una citazione che segue l’invito a far bene di conto ed all’invito alla prudenza e all’austerità, visti tutti i rischi che sono in campo. Lo fa davanti alla platea delle istituzioni del Paese ricordando il filosofo austriaco, Ludwig Wittgenstein, e lo scrittore Elias Canetti. “Devono essere chiare le responsabilità da condividere, gli obiettivi da perseguire, gli strumenti da utilizzare, nella consapevolezza che, anche per chi risparmia, investe e produce le parole sono azioni e che nell’oscurità le parole pesano il doppio”. Non si accorge che il declino dell’impero sembra più una ormai una deriva inarrestabile