PRIMARIE PD, CHI HA VINTO IERI E GLI SFIDANTI SENZA CARISMA DI OGGI

Domenica 3 marzo si vota in tutta Italia per le primarie del PD. Pur non essendo state mai codificate e rese legge, eccezion fatta in Toscana e Calabria dove esistono due leggi, la n. 70 del 2004 per il consiglio in riva all’Arno e la n. 25 del 2009 per il consesso del sud, esse nell’immaginario collettivo, costituiscono una vera e propria prassi istituzionalizzata, almeno per il centro sinistra. Le due leggi regionali disciplinano l’iscrizione dei candidati, la composizione e la nomina del seggio, la scelta delle sezioni, gli elettori devono essere iscritti in queste sezioni e sono ammessi al voto previa esibizione di documento di riconoscimento e della tessera elettorale. Le elezioni primarie sono una competizione attraverso la quale gli iscritti o i militanti di un partito politico indicano mediante l’espressione di una preferenza chi sarà il candidato del partito (o dello schieramento politico del quale il partito medesimo fa parte) per una successiva elezione di una carica pubblica.(cfr Wikipedia) Il fine delle primarie sarebbe quello di promuovere fattivamente la massima partecipazione degli elettori nella scelta delle cariche pubbliche edei candidati in contrapposizione a un sistema che vedeva gli elettori scegliere fra candidati designati dai partiti. Mutuate dalle primarie statunitensi, dove però la loro natura, lo svolgimento e l’iter di votazione sono racchiusi in una legge federale, fecero il loro ingresso in Italia nel 2005 . Il Professore Arturo Parisi, ideologo dell’Ulivo, aveva sperimentato una forma di impianto del metodo americano alle nostre latitudini. Scendeva in campo Romano Prodi per l’Ulivo insieme ad altri candidati per il centro sinistra, fra cui Bertinotti, Pecoraro Scanio, Antonio Di Pietro. Dietro l’angolo vi erano le elezioni politiche del 2006 ed era necessario scegliere il candidato per ” L’ Unione”. La partecipazione fu notevole, oltre quattromilioni furono gli elettori e stravinse Romano Prodi. Il sistema di voto applicato era stato quello di “una testa un voto” a scrutinio segreto. Ogni elettore votante doveva versare la somma simbolica di 1 euro per finanziare la campagna elettorale dell’Unione. Chiamati a partecipare erano anche gli stranieri residenti in Italia e le persone che compivano i 18 anni entro la data di fine mandato del Governo 13 maggio. In questi giorni in Italia si disquisisce di primarie e regole delle primarie e molti indicano come esempio le primarie negli Stati Uniti. Le primarie presidenziali americane sono elezioni indirette: formalmente si scelgono i delegati alla convention, anche se questi sono,poi, spesso obbligati dalla legge a votare per il candidato che ha vinto nelle primarie del loro stato. In America ogni stato ha le sue regole per le sue primarie che si svolgono anche in date diverse per un arco temporale di sei mesi . Ci sono,però, regole comuni stabilite per legge statale. Le primarie italiane, a partire dal 2007 non sono codificate in leggi ma sono lasciate alla discrezione dei singoli statuti dei partiti il che non conferisce ad esse la vincolativita’ che nasce dalla legge. Dopo le primarie del 2005 in Italia si replicò due anni dopo. Esse, come strumento di scelta, vennero inserite nello Statuto del PD , e il 14 ottobre 2007 si votò per la scelta del segretario nazionale fra i seguenti candidati: Adinolfi, Bindi, Schettini, Letta, Veltroni, Gawronski. Risulto’ vincitore Walter Veltroni. Nel 2009 fu la volta di Pier Luigi Bersani a competere con Franceschini e Marino. Quell’anno alle primarie del PD si era candidato anche Beppe Grillo ma il partito aveva respinto quella candidatura considerandola come una sorta di oltraggiosa provocazione. Voto in un unico turno, obolo di un euro e grande affluenza. Vinse Bersani che così aveva pensato di smacchiare il giaguaro che non navigava in buonissime acque. Due anni dopo, infatti, il governo Berlusconi, complice una troika europea in palese rotta di collisione con lo stesso, cadeva. Si susseguivano lacrime e sangue dei governi successivi e il popolo sognava un rottamatore. All’orizzonte di quel sole dell’avvenire compariva Matteo Renzi. Il giovane sindaco di Firenze sfidava il politico di lungo corso. E Bersani, anche in vista delle politiche imminenti, accettò di dar corso alle primarie di coalizione. Era il 25 novembre del 2012 e le primarie furono vinte agevolmente dal piacentino. Vittoria di Pirro per Bersani, però, che l’anno successivo mancò le politiche. Nacque un governo di larghe intese guidato da Enrico Letta. Le dimissioni di Bersani portarono a nuove primarie stravinte da Matteo Renzi. E fu la volta dello ” stai sereno show”. Con Renzi segretario del PD si concluse l’esperienza Letta al governo. Renzi premier durò in sella di Palazzo Chigi due soli anni. Fatale gli fu il referendum per la riforma costituzionale del 4 dicembre 2016. Perse malamente quella prova di forza e si dimise. Momenti di crisi identitaria per un partito dal quale fuoriuscivano colonne fino al momento portanti come Bersani, Speranza, Rossi. Il PD dava il via a nuove primarie. Si svolsero il 30 aprile 2017 in un clima surreale e di sfiducia crescente da parte dell’elettorato in calo notevole. La tornata fu vinta ancora da Renzi davanti a Orlando e a Emiliano. Dopo il 4 marzo 2018 e la pesante sconfitta alle politiche siamo alla storia recente. Un partito ai minimi storici, una diaspora senza limiti, la creazione di rivoli e rivoletti di Sinistra con la ipocrita aspirazione al grande fiume e le nuove primarie all’orizzonte. Nuove primarie dove con un sistema ” aperto” potranno votare tutti gli elettori anche di età compresa tra i 16 e i 18 anni, gli studenti e lavoratori fuori sede che si siano registrati sul sito delle primarie entro il 25 febbraio, nonché gli stranieri con regolare permesso di soggiorno e che dichiarino di riconoscersi nella proposta politica del Pd. Martina, segretario reggente ha traghettato il PD verso il nuovo Congresso a novembre del 2018. Tre marzo e tre candidati. Tre, numero perfetto: Zingaretti, Martina e Giacchetti. Gli altri candidati iniziali Boccia, Damiano, Saladino, Corallo, eccezion fatta per Minniti ritiratosi dopo pochi giorni dalla candidatura, non hanno raggiunto il quorumn del 5 per cento previsto dallo statuto nella prima fase congressuale e sono stati esclusi. Ma quando le primarie non esistevano come si faceva? Segretari di partito carismatici, con un forte seguito e segreterie impegnate decidevano chi doveva essere il candidato premier. Un medico, un avvocato, un professionista in genere, un dipendente della P.A. vengono scelti, o almeno questo è il principio meritocratico in teoria, da apposite commissioni tecniche. È vero che a volte raccomandazioni, nepotismo inficiano la validità delle scelte ma è altrettanto vero che, forse, è fallimentare la scelta da parte di chi non ha le competenze e le conoscenze necessarie per farla. È il principio della rappresentanza e della rappresentatività, altrimenti non si comprende la necessità dell’esistenza di un partito politico e delle sue gerarchie. La verità che appare è che di fronte a scelte paralizzate da veti, egoismi, ambizioni, i partiti abdicano alla loro funzione decisionale e si preferisce ascrivere la responsabilità della scelta ad altri, di norma il soggetto debole: l’elettore. Qualche tempo fa Gasparri ebbe a dire: “le primarie sono l’arma degli sfigati senza voti”( cfr Secolo d’Italia) Discutibile affermazione sicuramente, ma evidenziava una realtà che , edulcorata per tanto tempo, con alibi e giustificazioni, sfuggiva alla stessa Sinistra. “La scelta delle primarie non si fa perché lo scenario pullula di personaggi carismatici tra i quali è difficile scegliere, per trovare una sintesi tra forze politiche con un denominatore comune, si fa per cercare di tenere insieme tante debolezze”( cfr. Il Manifesto di Foggia) E la gente forse lo ha compreso. Forse l’astensionismo non è solo apatia ed è comodo farlo credere. Forse anche per domani si teme il calo di affluenza e il disinteresse. Vaticinio?No. Solo analisi del mercato: quando la domanda cala aumenta il prezzo dell’offerta.Non a caso il prezzo del voto per scegliere fra i tre è di due euro.Si confida, almeno, in un rapporto onesto qualità/prezzo.