CHERCHEZ LE FEMMES NEL CONSIGLIO SUPERIORE SANITÀ

CHERCHEZ LE FEMMES NEL CONSIGLIO SUPERIORE SANITÀ

Un passo indietro rispetto alla storia: in che altro modo leggere la decisione della ministra Giulia Grillo di nominare un nuovo Consiglio Superiore della Sanità facendone un organismo in giacca e cravatta, dove la presenza di mediche e scienziate è di tre su trenta? Fino al precedente consiglio, azzerato dalla ministra, erano più o meno la metà, compresa la presidente… In realtà detta così, scomodando la storia, è detta male, perché dall’antichità le “medichesse” hanno sempre avuto un ruolo importante e riconosciuto, e la “Scuola medica salernitana”, prima e più importante istituzione medica d’Europa (siamo nel IX secolo dopo Cristo), era parimenti aperta a donne e uomini e alla loro scienza medica. È oggi che essere scienziate e mediche è guardato con sospetto: proprio oggi, che la “medicina di genere” viene finalmente studiata per quel che è, nelle differenze tra organismo maschile e femminile, che non sono solo riproduttive. La ministra Grillo ha spiegato che questo è “il top assoluto per esclusivi meriti scientifici e in trasparenza. Il merito dev’essere finalmente la bussola che orienta le nomine in questo Paese. Si tratta di personalità di chiara fama, inserite tra i Top Italian Scientists”. “Non ci sono donne che meritano per la ministra di essere considerate ‘top assoluto’, per utilizzare una sua espressione – ha commentato subito Beatrice Lorenzin, precedente titolare del dicastero, che ben conosce i sistemi di nomina -. Le donne sono scomparse dall’orizzonte del governo giallo-verde, e spiace ancora di più quando i titolari delle nomine sono proprio donne”. Tra l’altro una delle contestazioni a queste nomine al “top” è anche la sorpresa di scoprire nel Consiglio l’anti-scienza, con un “prof” discusso come Camillo Ricordi, che per le sue posizioni sul bluff del “metodo stamina” era già finito al centro delle critiche e delle polemiche di esponenti del mondo scientifico italiano. Per non dire dei medici ospedalieri, che lamentano come il governo abbia pescato solo in ambito universitario, “con una curiosa concentrazione territoriale in Lombardia e Veneto”. Bene dunque per la presenza di Paola Di Giulio, Silvia Giordano e Maria Masucci nel Consiglio, ma evidentemente per una donna per essere riconosciuta bisogna essere appunto come Masucci, che fa parte anche della Commissione del Nobel a Stoccolma. Di più, al mondo, che cosa? Cosa è, per la ministra, la “chiara fama” a cui fa riferimento? Insomma: dove nasce la discriminazione? Pesano certo sulle scienziate gli stessi problemi delle altre lavoratrici che si dividono tra maternità e lavoro di cura e restano penalizzate nei curriculum (valutati spesso “a peso” di pubblicazioni e non a qualità), pesa la scarsa presenza nella grande macchina dello show televisivo e mediatico dove sono privilegiati gli uomini quasi fossero più “autorevoli”, ma pesano soprattutto i pregiudizi di un governo che su 64 tra ministri e sottosegretari ha saputo nominare solo undici donne.