ECCOCI QUA, A SPERARE VENGA SUPERATO “IL MARTIRIO DELL’INCOMPRENSIONE”

ECCOCI QUA, A SPERARE VENGA SUPERATO “IL MARTIRIO DELL’INCOMPRENSIONE”

Nell’ultimo numero, della rivista Civiltà Cattolica si riporta il testo integrale della conversazione avvenuta tra il Papa e i Gesuiti del Centroamerica durante la Gmg di Panama. Un esempio per tutti, caro a Francesco, il coraggio dei martiri Rutilio Grande e mons. Romero.Figure di grande rilevanza ed esempio ed al tempo stesso scomodeSanti di popolo prima che di istituzioniMartiri di quella chiesa delle “periferie del mondo” che si fa in “uscita”, prossima agli ultimi, lontana dai potentiVittime sacrificali di quel “martirio dell’incomprensione” che genera solitudini E la sfida che ci viene posta è quella di farsi attenti nell’ascolto ed accorti verso gli altriA superare i muri, i fili spinati che attraversano e circondano i confini delle nostre esistenze per evitare di fare di noi isole senza umanitàIn una responsabilità rivolta in particolare verso quanti hanno più mezzi materiali e culturaliUna domanda che sollecita il Papa è quella sul rapporto tra inculturazione e identità. Francesco poi la spiega con l’aneddoto del giovane laureato tornato dopo anni di studi alla realtà della sua casa, tra genitori contadini. Un giovane spaesato, costretto a chiedere al padre il nome degli attrezzi agricoli e colpito sul volto da un rastrello goffamente calpestato. Ricordando i giovani dei vari continenti con cui era stato poco prima a pranzo – e in particolare l’esperienza di una giovane india legata alle sue tradizioni ma divenuta insegnante – il Papa ribadisce che bisogna inculturarsi “fino alla fine” senza mai diventare “snob”. Specie i religiosi quando pensano che la consacrazione li ha fatti salire a una categoria “più educata”. Perciò, conclude scherzando Francesco, “chi si dimentica della sua cultura ha proprio bisogno di una rastrellata in faccia”.