I SECESSIONISTI CON SCASSO ORA PROVANO A FREGARE IL SUD

Truffa dell’Autonomia-Secessione delle Regioni più ricche (arricchite con i soldi nostri, anche se i loro aedi parlano sempre di calli e mai di passamontagna): di peggio, di più. Essendo stati scoperti e fallito il bliz per scappare con la cassa, stanno rivoltando la torta per fregarci lo stesso, chiamando le cose in modo diverso. Per far passare l’Apartheid con legge costituzionale, viene riproposto pari pari l’imbroglio messo in piedi da Calderoli e portato a perfezione razzista dalle Commissioni parlamentari su spesa standard e federalismo (ovviamente “solidale” con i ricchi e i ladri di salute dei terroni e asili ai loro cuccioli). Una trappola che grida vendetta. Hanno provato a fregarci facendo passare sottosilenzio il trucco da rapina nascosto nelle norme dell’Autonomia differenziata, alias “Secessione con scasso”; scoperti con il sorcio in bocca, ora provano a fregarci diversamente, come prima, ma al rallentatore: non mettiamo subito le mani nella cassa comune, lo facciamo piano piano e la svuotiamo solo fra cinque-sei anni, cuntent? Ma che cariiini! E poi ne parlano pure male! Questo il “nuovo”-vecchio piano della banda Bassotti padana che va dalla Lega ai rappresentanti del Nord del centrodestra, del M5S e del “Pd per Salvini” (ufficialmente e dichiaratamente tale, da quando, senza vergogna, tutti i consiglieri regionali lombardi, veneti ed emiliani del partito hanno fatto un documento congiunto, perché il Pd nazionale, che sarebbe all’opposizione…, appoggi la Secessione dei ricchi varata dalla Lega). Stanno tentando, ripeto, di sfilare, piano piano, il bottino che pensavano (e forse eranp sicuri) di fregare in un colpo solo e subito, già entro lo scorso ottobre.Piccola cronistoria: l’indegno governo Gentiloni firma il preaccordo con le Regioni secessioniste (Veneto, Lombardia, Emilia Romagna: loro dicono Autonomia “differenziata”, ovvero dare sempre di più ai più ricchi e sempre meno ai più poveri, questa la differenza, nel rispetto della Costituzione, non ridete ma la citano pure!, che preferirebbe “uguali diritti per tutti”. Ma mica crederete a quello che è scritto nella Costituzione?). Atto sconsiderato (che pretendi da un Gentiloni…, ma se ammette la cosa e spende la vita per correggerla può recuperare), per due motivi: il governo a quattro giorni dalla sua fine firma un impegno che cambia l’assetto istituzionale del Paese, fra una battuta, un “quanto zucchero nel caffè” e una stretta di mano fra veneti, lombardi, emiliani e un sottosegretario trentino a rappresentare l’Unità dell’Italia esclusa. La seconda ragione è da malfattori (nel senso pieno del termine: fare il male, far male le cose): in quel preaccordo c’è scritto che con le competenze (su scuola, trasporti, salute…) che passano dallo Stato alle Regioni secessioniste devono essere trasferite risorse rapportate non al costo dei servizi da garantire ai cittadini, ma alla ricchezza della Regione che riceve, sino a far restare “sul territorio”, i 9/10 delle “loro” tasse.Una truffa da illusionisti (lo spiega il professor Viesti, nel libro che potete scaricare gratis dal sito dell’editore Laterza), perché si parla di tasse statali, non regionali. Per capirci: le tasse che i cittadini versano per mantenere un esercito non vanno “della Regione ricca allo Stato”, ma dai cittadini ricchi e poveri di ogni regione allo Stato, sono di tutti, ognuno secondo le sue possibilità. Ma, da giocatori di tre carte, i razziatori di risorse pubbliche passare per “venete”, “lombarde”, eccetera, tasse statali, e inventano il “residuo fiscale”, che non esiste (è una grandezza inventata per far di conto) e si pretende di farlo proprio. Con lo stesso, disonesto giochetto da peracottari, qualche città potrebbe dire “comunali” quelle tasse statale e pretendere di tenersele; i quartieri più ricchi le reclamerebbero “rionali” e fanculo la periferia dei morti di fame; i contribuenti del palazzo più ricco dichiararle “condominiali” e si fottano quelli del palazzo di fronte (il lato povero della strada). E sulla carognata che cercavano di far passare, non una parola da parte di ministri, presidenti di Regione (persino alcuni del Sud si ponevano al seguito, non sospettando l’inganno; e qualcuno pur sospettando), parlamentari, esponenti di partito; non un rigo sui giornali, un fiato nelle università; un accenno, pur se nottetempo (come fa la Rai con le cose serie) dall’intero sistema informativo italiano, appiattito sulla vulgata leghista-nordista. Stava per compiersi un delitto quasi perfetto.Ma la trappola è stata scoperta da attivisti meridionalisti calabresi che hanno letto bene il “patto” (ignorato da tutti); ma il professor Marco Cammelli, insigne giurista, l’ha segnalata nella rivista de Il Mulino, chiarendo che così l’Italia si disintegra; ma il professor Gianfranco Viesti ha lanciato un appello ai presidenti della Repubblica e delle Camere, intitolandolo “No alla Secessione dei ricchi”, finora firmato da più di 16 mila persone; ma sui pagine social e i blog i meridionalisti hanno martellato informando, prodotto dossier distribuiti a giornali, parlamentari, politici, docenti; ma la fortunata coincidenza della pubblicazione, in quei giorni, di “L’Italia è finita” (mio, ottobre) e “Zero al Sud” (di Marco Esposito, a novembre), con il giro delle presentazioni, dibattiti, conferenze; ma la presa di coscienza da parte di esponenti politici e parlamentari (specie cinquestelle, ma non solo)… tutto questo ha infine imposto il tema all’agenda politica nazionale, nonostante le proteste sguaiate dei delusi rimasti con il cappello in mano (“cialtroni” ci ha chiamato il presidente della Lombardia, quel Fontana che vuole salvare la “razza bianca”, ignorando che l’insulto descrive chi lo fa). Il M5S ha quindi frenato il percorso dei secessionisti, ponendo, pur se con distinguo che vanno chiariti, la pregiudiziale “prima i Lep”, ovvero la definizione di quanto costano i livelli essenziali delle prestazioni che spettano, uguali, a tutti i cittadini. La prima riunione del consiglio dei ministri che doveva sancire la fuga dei ricchi con il malloppo, il 22 ottobre, anniversario dei referendum alla polenta (solo un veneto ogni due e un lombardo ogni tre si dissero a favore) saltò. Poi, a Natale, fra il bue e l’asinello, il capo del governo Giuseppe Conte assicurò che il 15 febbraio la cosa si fa. E come? È quel che sta emergendo: le competenze possibili possono anche passare dai ministeri alle Regioni, ma con le stesse risorse impiegate finora, non di più. Nel frattempo, si definiscono i costi standard dei servizi. Ed entro cinque anni, il valore delle risorse che i predatori potranno tenersi può salire ai 9/10 delle “nostre” tasse.L’aggancio ai costi standard comporta una doppia presa per i fondelli: il grado di equità delle Commissioni parlamentari e “tecniche” (modello Aparteid) lo abbiamo visto negli anni scorsi: in un Paese meno infame, gli autori della porcata sarebbero stati costretti a non farsi vedere in giro per i prossimi 30 anni: è equo che la salute di un meridionale valga meno di quella di un settentrionale; è equo che per i trasporti pubblici urbani, città del Sud debbano avere zero euro, mentre quelle del Nord più di quel che serve; è equo che i bambini del Sud non debbano avere asili, per continuare a finanziare e abbellire quelli del Nord; è equo che se la Costituzione dice che le risorse destinate ai Comuni vanno “interamente” corrisposte, si decida che è “costituzionale” dare a quelli del Sud la metà di “interamente”, interpretando (stravolgendo) la norma.Ecco, diamo a questi signori altri cinque anni per costruire equità razzista (modulo inventato dal leghista Calderoli). E al termine, i secessionisti si terranno i 9/10. Come dire: se invece di spararti subito ti uccido fra cinque anni non dovrebbero esserci problemi, giusto? Avete fatto male i conti. L’unico antidoto a questi veleni è “prima i Lep“ e leader del M5S lo dicono, ogni tanto: pur se in ritardo, molti di loro hanno capito che la vera posta in gioco è questa. Un cedimento anche su questo cancellerebbe il simbolo del M5S, al Sud, alle prossime elezioni.Noi il 15 febbraio saremo in piazza del parlamento. A consegnarvi l’anello che credete abbiamo al naso: non vi basterà precettare qualche’ “scrittore prezzolato”, come direbbe Gramsci, pronto a giurare che questa è una “opportunità” anche per il Sud. E se lo fosse, la proporrebbe la Lega?