IL 25 APRILE DI SALVINI: UN INSULTO A 54 MILIONI DI MORTI

Furono 54 milioni i morti, dei quali 30 milioni le vittime civili, causati dalla seconda guerra mondiale che, il 25 aprile, ricordiamo con dolore. Solo nella mia città, Foggia, ve ne furono oltre 20.000 uccisi dai bombardamenti. Era la nostra gente, i nostri nonni, i nostri padri, già decimati da anni di povertà ed emigrazione, a pagare il prezzo più duro di un conflitto scatenato dal nazifascismo, folle ideologia fondata sulla sopraffazione del più debole e dei “diversi”, sposata agli interessi sporchi delle industrie delle armi, dalla Krupp tedesca a quelle di casa nostra.Ricordare tale immane sterminio mondiale è un dovere per tutti, poiché ciò che è accaduto può accadere ancora, anzi accade ancora, le guerre e i massacri nel mondo sono tuttora ampiamente diffusi. Un dovere più di tutto per i rappresentanti delle istituzioni democratiche in un Repubblica nata dalla Resistenza. Un dovere per tutti tranne per Salvini e gli altri ministri leghisti che non parteciperanno alle commemorazioni ufficiali. Il pretesto da questi addotto che “sono cose del passato e bisogna pensare al presente” è risibile. Il passato non si cancella, più di tutto nelle sue memorie più efferate, la Storia è maestra del presente per orientare il futuro. In verità, la decisione negazionista di Salvini è un chiaro segnale all’estrema destra neonazista, la stessa che già lo chiama “capitano” (alter del consunto “duce”). Quel ministro degli interni che nel giorno di Pasqua, simbolo di pace universale, si fa pubblicizzare armato di mitra in una quanto mai inopportuna e provocatoria immagine, in una velata (ma non tanto) minaccia agli avversari politici, secondo i partiti di opposizione, è un pericolo per la democrazia. Come dimenticare gli inizi della carriera dittatoriale di Mussolini, i musi duri, l’arroganza, i me ne frego e la sua dichiarata approvazione del delitto politico? Eludere, anzi negare, i valori della pace e del sacrificio di tanti morti, rifiutandosi di condannare le feroci dittature responsabili di tale carneficina, significa ridare spazio all’odio e alla violenza. Odio e violenza già ampiamente diffusi in Italia, sulle orme del nazismo, contro i più deboli, Rom, immigrati, gay e altri, dopo la grande abbuffata razzista, leghista e non, contro i “terroni”. L’importante è additare un nemico immaginario per deviare l’attenzione dei cittadini dai veri nemici di questo paese, uniti nei circoli piduisti, formati da imprenditori senza scrupoli, politici corrotti e mafiosi, che affossano lo stivale, più di tutto il Sud, in un mare di debiti, povertà e disoccupazione. Sia ben chiaro, commemorare la liberazione del 25 aprile non significa condannare solo il nazifascismo ma tutte le vittime innocenti di guerre e dittature, comprese quelle delle Foibe, poiché non esistono guerre “giuste” o sante, chiunque le riproponga è un nemico dell’Umanità. Il “kapitan mitra” ci fa sapere che il 25 aprile parteciperà all’inaugurazione di un commissariato di polizia a Corleone, città simbolo di mafia. Bene la lotta contro la mafia, ma la si faccia per davvero, come ha dichiarato Nino Di Matteo nel condannare la difesa ad oltranza da parte di Salvini del sottosegretario leghista Armando Siri, già condannato per bancarotta fraudolenta e ora indagato per mazzette ricevute da faccendieri accusati di avere legami mafiosi. Secondo il Pm della direzione nazionale antimafia, la mafia è pronta a captare ogni segnale, e tale comportamento del ministro può essere interpretato come un segno di benevolenza. Ricordiamo che lo stesso Nino Di Matteo, “condannato a morte” poiché impegnato nell’inchiesta sul patto Stato-mafia, è vittima di tentativi di delegittimazione da parte del potere politico, succedutosi in vari governi. Salvini non usi il tema dell’antimafia contro quello della liberazione dal nazifascismo. Dica qualcosa sul patto scellerato Stato-mafia se vuole condurre per davvero la lotta alle mafie, apra gli archivi dei servizi segreti e faccia luce sugli omicidi dei tanti eroi antimafia, a partire da Falcone e Borsellino. L’Italia ha bisogno di verità non di arlecchinate e travestimenti da tre soldi.