IO CHE HO CONOSCIUTO GIULIO ANDREOTTI

In questi giorni Andreotti avrebbe compiuto 100 anni e se ne parla molto. Così ho ricordato le due volte in cui nella mia vita l’ho incontrato io. La prima fu quando avevo undici o dodici anni. Avevo vinto, a mia insaputa giuro, un concorso per “il miglior tema d’italiano” delle scuole medie a Roma e nel Lazio. Non so come avvenne, forse uno dei miei insegnanti inviò un mio tema, chissà, fatto sta che mi ritrovai in un grande teatro, forse l’Eliseo, con un’altra decina di bambini premiati come me e una platea rigurgitante di scolaresche in rappresentanza degli istituti, e gruppi di genitori e parenti vari, orgogliosi e fieri. Il premio era una piccola borsa di studio. “Molto piccola” insisté a ricordarmi mia madre che non voleva mi montassi la testa. Fatto sta che non ho mai saputo in quanto consistesse perché finì direttamente in famiglia. A un certo punto mi chiamano, sento il mio nome e salgo sul palco, mi avvio verso l’uomo che stringe la mano e consegna il premio (un foglietto di carta, chissà forse un assegno, non saprei). Era Andreotti, già Ministro o Sottosegretario di qualcosa, ma io non lo sapevo. In pratica non sapevo nulla dell’esistenza umana. Conoscevo il suo nome perché me lo aveva detto mia madre poco prima, con un certo distacco, non era di quelle idee politiche ma molto democratica. Ero ignarissima di tutto, a 11 anni. Eppure leggevo in continuazione di tutto, fumetti, favole e libri di avventure. Ma Internet non c’era e la tv non ce la facevano quasi a neanche vedere, bisognava studiare. Lui, Giulio, mi strinse la mano, gentilissimo, io mi vergognavo neanche fossi stata presa col dito nella marmellata, e mi consegnò il foglietto, di fronte a tutta quella gente. E se devo dire qualcosa di quell’attimo, è che quel signore di nome Andreotti a me fino ad allora sconosciuto, mi guardò con un’espressione che mi fece capire che avevo fatto qualcosa di bello, di importante, di meritevole. E lui lo sapeva. E questo non lo dimenticai mai più. Quindi me ne andai. E’ un ricordo bellissimo, immerso nel passato e, assurdamente, quasi in bianco e nero, perché eravamo tutti più uguali allora, ma in senso buono. Più uguali esteriormente forse, vestiti allo stesso modo, timidamente, ma diversi, distinti, unici, interiormente. Era un tempo di spiriti e pensieri. Poi il tempo è passato, tanto. Non ho più pensato ad Andreotti, poi, se non come personaggio politico, con tutte le sue contraddizioni, il potere, i misteri, il distacco. Decine di anni, cambiamenti epocali. Io a scrivere canzoni, tv, teatro cinema. Lui sempre lì, tra il boom, i settanta, il terrorismo, l’edonismo reaganiano, i novanta, l’UE, la crisi, tutto.. E poi, d’improvviso, più di quarant’anni dopo sono ancora lì, davanti a lui, Giulio Andreotti. Devo preparare l’intervista per un suo intervento in un mio programma tv. Ci incontriamo nel suo ufficio da senatore a vita a Palazzo Giustiniani. Dietro San Luigi dei Francesi. E quando vedo questo signore, dopo tanti anni, penso alle cose della vita. Mi preparo per l’intervista che devo fargli, sono lì con un collega, e lui, il Divo Giulio mi prende di sorpresa. Prima che io apra bocca, mi elenca alcune delle cose che ho scritto, alcune delle mie canzoni, degli spettacoli, del teatro, della tv. Con leggerezza, con nonchalance. Sa tutto di me. Si è informato. Ora, ci sono tanti modi per dimostrare di essere speciali. Uno di questi è la buona educazione, un altro è la conoscenza, un altro ancora è il rispetto per chi si ha di fronte. E io quel giorno, con questo signore che aveva mille cose da fare eppure aveva trovato il tempo di informarsi su chi veniva a trovarlo e a intervistarlo, con minuzia e attenzione, quel giorno ho sentito e visto ancora quello sguardo di quarant’anni prima, quello che mi aveva fatto sentire in gamba e fatto pensare che nella vita avrei combinato qualcosa. E me lo faceva sentire ancora di più oggi. Ma oggi, lo eravamo tutti e due, qualcosa, e qualcuno. Alla pari. Me lo concesse con quei suoi apprezzamenti gentili, con un lieve inchino e un sorriso impercettibile degno della Gioconda di Leonardo. La vita mi ha portato a incontrare tante persone, note e meno note, ma quelle speciali sono poche, e quando si incontrano è come incontrare la Storia. O il Destino.