NON VORREMMO MAI GIUDICARE

NON VORREMMO MAI GIUDICARE

L’inchiesta per corruzione che coinvolge il sottosegretario leghista Armando Siri rischia di spaccare la maggioranza.Poco male potrebbero dire le opposizioni ma in realtà tutto ciò evidenzierebbero una situazione che metterebbe ancora di più in difficoltà il Paese.Non siamo allo strappo ma ad uno scontro a distanza tra i due vicepremier sull’opportunità o meno delle dimissioni nei confronti di uno dei personaggi più importanti dell’esecutivo.Lo stesso Danilo Toninelli, in qualità di ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, ha disposto, d’impero, il ritiro delle deleghe a Siri. È il primo atto concreto della “linea intransigente” annunciata da Luigi Di Maio: “Se i fatti sono questi Siri si deve dimettere dal governo”, ha poi detto il vice premier senza troppi giri di parole.Ed ancora: “c’è una questione morale se c’è un sottosegretario coinvolto in un’indagine così grave“.Intanto Siri, consigliere economico di Matteo Salvini, nonché ideologo della flat tax, si difende:” “Non ho fatto niente di male. Non ho ragioni per dimettermi”.Salvini oltre a confermare “assolutamente” la “piena fiducia” a Siri che definisce “persona pulita e specchiata“, ricorda agli alleati di non aver “mai chiesto di far dimettere la Raggi o parlamentari dei Cinquestelle quando anch’essi sono stati indagati”. Ma nella questione entra il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, che annuncia un incontro a breve con il sottosegretario per chiarire la situazione: “Il Contratto contiene un codice etico, voglio prima di tutto parlare con il diretto interessato”.Il sottosegretario ai Trasporti della Lega Armando Siri è indagato per corruzione dalla Procura di Roma nell’ambito di un’inchiesta nata a Palermo. Siri, tramite Paolo Arata, ex deputato di Forza Italia responsabile del programma della Lega sull’Ambiente, secondo l’accusa, avrebbe ricevuto denaro per modificare un norma da inserire nel Def 2018 che avrebbe favorito l’erogazione di contributi per le imprese che operano nelle energie rinnovabili.Il prezzo dell’ipotizzata corruzione sarebbe stato di 30 mila euro. Mazzetta che Paolo Arata avrebbe consegnato al sottosegretario in cambio di una norma da inserire in provvedimenti di governo e che avrebbe consentito di ampliare i finanziamenti per il settore del mini eolico retrodatando la concessione al momento della costituzione di alcune società dell’imprenditore Vito Nicastri, il re dell’eolico.Fatti che ci fanno dire di non voler mai giudicare ma che politicamente pesano in modo enorme e si ripercuotono sull’azione di un governo che dovrebbe avere ben altre cose a cui pensare