TUONAVANO CONTRO I SOLDI ALL’INFORMAZIONE ED ECCOLI A FINANZIARE ANCHE RADIO PADANIA

TUONAVANO CONTRO I SOLDI ALL’INFORMAZIONE ED ECCOLI A FINANZIARE ANCHE RADIO PADANIA

La notizia dei 70mila euro a Radio Padania non poteva che scatenare un putiferio cha ha innescato reazioni e contro reazioni.Le premesse sono note e le posizioni espresse fino ad oggi ben conosciute è largamente pubblicizzate del M5S ma debitamente sottaciute all’interno della Lega.Vito Crimi, il sottosegretario con delega all’editoria, a ottobre tuonava «è con grande orgoglio che vi annunciamo che aboliremo il finanziamento pubblico ai giornali». Di Battista non era da meno: «Ai giornali vogliamo togliere tutti i finanziamenti pubblici, se vendono campano, se non vendono cambiassero mestiere».Ecco perché sbandierata la notizia, con spirito corporativo si è trovato la via di uscita.In primo, punto sul sensibile è apparso Luigi Di Maio che ha voluto subito puntualizzare a chi cercava di metterlo nell’angolo:“Attaccano sul finanziamento a Radio Padania. Bene! Così posso chiarire la questione: prima di tutto ancora non abbiamo assegnato un solo euro a nessuna emittente radiofonica, perché ho predisposto un supplemento di istruttoria sulle radio politiche che otterranno questi finanziamenti grazie al bando del Governo Gentiloni. Infatti criteri per cui risultano assegnati questi fondi sono di un bando fatto nel 2017. Praticamente i soldi a Radio Padania glieli ha dati il Pd. Che geni”. Luigi Di Maio su Facebook, ha risposto agli attacchi dell’ex presidente della Camera, Boldrini e di Repubblica, in un pezzo dal titolo “Aiuti pubblici a Radio Padania. Di Maio stacca l’assegno del Mise” scrive che “l’emittente della Lega” sarà “finanziata con 70mila euro. Ma la cifra potrebbe raddoppiare”.Quello che sorprende è che Radio Padania non è affatto nuova ad un larghissimo uso dei fondi pubblici negli anni, sopratutto quando Matteo Salvini ne era alla direzione. Addirittura nel 2016 la Corte dei Conti aveva contestato contro la radio milioni di euro pubblici presi senza averne i requisiti: una media di 800.000 euro l’anno dal 2003 fino al 2015, ottenuti spacciandosi per “emittente comunitaria nazionale”, mentre il segnale arrivava solo in nove regioni. Senza contare che probabilmente pare che anche parte dei famosi 49 milioni di rimborsi elettorali, sia servito per mantenere in vita l’emittente.Stavolta però Radio Padania Libera, risorta sul digitale dalle ceneri delle frequenze medie, sembra aver fatto tutto bene. La sua fetta di contributo pubblico le verrà assegnata sulla base di una pianta redazionale organica ridotta, composta da 4 giornalisti assunti, uno stagista e diversi collaboratori.Il tutto sulla base di una rinnovata piattaforma tecnica digitale su cui trasmette e sulle 14 ore di diretta quotidiana. La radio leghista si è classificata sedicesima nella graduatoria provvisoria delle emittenti locali e quindi può accedere di diritto al finanziamento da 70.000 euro. Soldi ad un emittente comunemente riconosciuta come organo di partito che secondo quello che si racconta potrebbero benissimo “legittimamente” anche raddoppiare. A quanto pare una verginità rifatta che consentirà di far scordare il passato.