DOPO DI MAIO IL PROSSIMO A SCHIANTARSI SARA’ SALVINI

oi disinistraabbiamo molti difetti – accetto anche di discutere l’ipotesi che abbiamo solo difetti – ma che cosa dire di fronte a questi personaggi delladestrache imperversano in tutte le stagioni? L’elenco di nomi è presto fatto:Gianluigi Paragone,Mario Giordano,Maurizio Belpietro,Vittorio Feltrie tutta una piccola corte digiornalistidi destra e di estrema destra (vi raccomando gli ultras cattolici anti-Francesco) che sono passati dagli insulti più virili contro chi criticavaSilvio Berlusconiall’esaltazione dell’anti-berlusconismopiù vile fino a diventare portavoce ufficiosi deigrillinie deisalviniani, cioè di quella genia di sfasciatori delloStato repubblicanoche, secondo intellettuali comeMaurizio Viroli, avrebbero rifondato laRepubblica. Non mi interessa analizzare le loro piroette, le abbiamo fatti tutte o quasi. Mi sorprende, quando ci si trova di fronte avoltagabbana, che nessuno di loro, di destra o di sinistra, abbia il coraggio di avvertire il pubblico con queste semplici parole: «Ho sbagliato». Pensate a Gianluigi Paragone, chitarrista di buona levatura, che è passato disinvoltamente dallaLegae dal berlusconismo alMovimento cinque stellee oggi immagino stia rodendosi il fegato pensando a come potrà farsi perdonare dai suoi ex amici che ha abbandonato e che sono diventati d’improvviso fortissimi. Pensate a Mario Giordano, bardo coraggioso del berlusconimso, che passa le sue serate televisive a cannoneggiare, metaforicamente, imigranti. Pensate a Feltri a cui si perdona tutto, persino l’antisemitismo, perché dicono che sia vecchio e che abbia qualche vizietto post-prandiale. Lastampadi sinistra praticamente non c’è più, a parte gli eroi e le eroine delManifesto, mentre quelmonstrumdelFatto quotidianoci sta spiegando, con il fondatore e con il direttore, che ipentastellatisono stati rovinati da Berlusconi (pensate un po’!) e che in fondo ètutta colpa diMatteo Renzise abbiamoLuigi Di MaioeMichele Giarrusso, sì quel signore con la faccia gonfia da pre-infarto che mima le manette come unleghistad’antan. Di fronte a questi attori i difetti di noi di sinistra, cheabbiamo perso tempo a litigareper e controMassimo D’AlemaeWalter Veltroni, per dirci o no prodiani, a combatterci in nome o contro un maleducato di Rignano, sembriamo 10 piccoli indiani un po’ coglioni. E lo siamo, visto che di fronte a questo quadromonstredi una destra che non piace alle persone perbene di destra, stiamo ancora lì a spaccare il capello (non uso altro nome di membra umane) per decidere se deve dirigere tizio o caio dimenticando la vecchia massima di Mao: non è importante di che colore sia il gatto purché prenda il topo. E il gatto in questione deve avere due caratteristiche. Deve essere un gattone, non un piccolo partito. Deve combattere senza lamentarsi ogni due minuti sul destino cinico e baro. È il classico momento di citareGuido Dorsoe i suoicento uomini di ferro(oggi diremmo, più appropriatamente, uomini e donne) che fanno un patto di resistenza fino alla vittoria finale, che arriverà dopo un percorso lungo fatto anche di batoste parziali. Una sola certezza devono avere. L’accrocco oggi algoverno, comunque si raggrumerà, qualunque sia il prossimo successo elettorale,sta diventando sempre più una bolla elettorale. Avendo perso la forza del “contro” si schianterà sul “per”.Matteo Salvinifarà casino perché sentirà di avere con lui isovranistidi tuttaEuropa, cioè i nemici veri della patria italiana. Si appesantirà accogliendo grillini in fuga senza riuscire a dare soddisfazione alla base produttivistica del suo antico Nord, prenderà per il culo, (quando ci vuole, ci vuole) il votante meridionale che alla fine si accorgerà che il movimento leghista è sempre, instancabilmente, irreversibilmente nordista. Per questo non sono più tanto importanti le contraddizioni nostre e fra noi e ilpopolo. Temo solo che questi al governo non se ne andranno pacificamente dal potere.