L’ESPLOSIONE DI MATTEO BERRETTINI, L’ANOMALIA ITALICA

L’ESPLOSIONE DI MATTEO BERRETTINI, L’ANOMALIA ITALICA

Fino a qualche anno fa quando un tennista italiano vinceva una singola partita sull’erba già era una notizia, poi nel 2011 arrivò addirittura la vittoria di un torneo, quella di Andreas Seppi ad Eastbourne, ma la netta sensazione era che si trattasse di qualcosa di molto smile ad una congiunzione astrale. Difficilmente ripetibile insomma. Ed infatti per lunghi anni i nostri tennisti hanno continuato a fare a pugni con quei meravigliosi campi, morbidi e profumati, ma lontanissimi dalle loro attitudini, sviluppatesi su quei “campacci” di terra colorata che necessitano di cure infinitamente più modeste, e che possono sopravvivere alle nostre estati bollenti come quella che va giusto giusto ad iniziare questa settimana. Sì, qualche circolo di “originaloni” che aveva messo su un paio di campi in verde c’è stato anche da noi, ma erano appunto tentativi più pubblicitari che altro. Praticamente impossibile che lì sopra si potesse allevare un “erbivoro”. Poi già si faceva fatica a tirare su tennisti decenti per le superfici tradizionali, figurati se si poteva perdere tempo per l’erba che la cui stagione dura giusto un mesetto. E va bene Wimbledon, la tradizione, i vestiti bianchi, le fragole con panna, la duchessa di Kent, però… Chi se ne frega, a noi italiani l’erba non piace (e come si sa adesso lo dice anche il ministro dell’interno)! Questo però fino al 16 giugno dell’anno di grazia 2019: quel giorno infatti, che poi sarebbe ieri, il prode Matteo Berrettini da Roma trionfò in terra teutonica sui campi in erba di Stoccarda, e tutto cambiò. O almeno: tutto potrebbe cambiare. Eh sì perché Berrettini Matteo (meglio specificare il nome perché è tennista professionista anche il fratello Jacopo. Per ora ancora a livelli molto più bassi, oggi per esempio gioca al Challenge di Parma, però mai dire mai) sembra davvero un’anomalia destinata a durare nel tempo. Un’anomalia a cominciare dal fisico: un metro e novantasei è un’altezza che nel nostro tennis, ad alti livelli, si era vista solo con Orlando Sirola negli anni 50. Da lì se non proprio la “Banda Bassotti” comunque il nostro tennis si era distinto per corsa, genialità, tocco, anche potenza (in rari casi), ma mai scendendo da lassù, da quelle “vette innevate”. Invece questo ragazzone partito dall’Aniene (il circolo, non il fiume esondato cantato dall’indimenticabile Guzzanti-Venditti) fa calare il suo servizio, ficcante e preciso, molto dall’alto, e questo per i campi verdi è un vantaggio non da poco. C’è chi, come il croato Karlović, ci ha costruito quasi tutta una carriera sul servizio quasi ingiocabile e sull’impossibilità di subire un break. Ora, lì si parla di una quindicina di centimetri in più e una violenza ancora non raggiunta da Berrettini, però poi per Matteo non c’è solo quello, c’è dell’altro. Eh sì, perché Berrettini, tanto per dire, e il primo tennista al mondo che quest’anno raggiunge almeno le semifinali su tre superfici diverse. Insomma oltre il servizio c’è di più. Ad esempio un diritto che è una specie di cannone puntato sul mondo (del tennis, solo del tennis, per fortuna…) e questo già si sapeva, però si poteva pensare che sull’erba il movimento abbastanza ampio potesse dare problemi. E invece tac! In poche partite la testa della racchetta si è velocizzata, ed anche sui prati la risposta di Matteo è diventata letale. Anzi, forse ancora di più. Si potrebbe addirittura arrivare a dire che l’erba sia la superficie “tagliata dal sarto” per il nostro portacolori. Chiaramente si parla di quest’erba, l’erba attuale, che non è più quella di Becker ed Edberg per capirsi. Alcuni anni fa infatti il dominio dei battitori, e scambi che erano al massimo di due-tre colpi, spinsero gli organizzatori dei tornei della breve stagione sull’erba (prima tra tutti Wimbledon ovviamente) a cambiare la composizione e il taglio della stessa. Si decise di lasciarla circa un centimetro più alta, sembrava niente e invece… E invece è cambiato il mondo, ormai anche lì il serve and volley è quasi sparito, e certe volte si sono visti incontri di “erba battuta” con scambi eterni da fondo campo. Però, tornando al nostro eroe, questa è una cosa che oggettivamente fa venire l’acquolina in bocca. Agli italiani, ribadiamolo, l’erba fa schifo (mentre lo scriviamo sentiamo risuonare la voce istituzionale nell’imitazione di Crozza) però se poi uno dei nostri vincesse Wimbledon… Beh, forse una festicciola si potrebbe anche organizzare. Senza eccedere magari, ma può darsi che un paio di titoli in prima pagina sui giornali sportivi salterebbero fuori. Si celia naturalmente, anche perché il successo di Matteo sui sacri prati londinesi sembra tuttora un evento veramente complesso da realizzare. Fosse anche solo per il passaggio dal 2 su 3 al 3 su 5. A Stoccarda Matteo non ha mai perso il servizio in tutto il torneo e quindi le partite scivolavano via velocissime, ma una cosa del genere è impossibile da immaginare a Wimbledon e quindi si dovrà vedere la reazione del nostro giocatore alle avversità. E se si vuole questo è per ora il limite più grande che ha mostrato Berrettini: cioè quando può fare “corsa di testa” in genere diventa del tutto intoccabile, quando invece qualcosa va storto fatica a porvi rimedio. Ad ogni modo, come scrivevamo un paio di mesi fa parlando dei successi di Fognini, il momento del nostro tennis maschile è di quelli davvero speciali, forse addirittura unico. Mai si era vista una compattezza simile: al di là del clamoroso affollamento nella classifica mondiale (siamo a sette nei primi cento, con altri che bussano alle porte) c’è proprio “un’aria nuova in cucina”. La convinzione è aumentata a dismisura, e i nostri tennisti sembrano diventati le donne di qualche anno fa: pronti davvero a fare il botto in un torneo del Grande Slam. Vediamo se Wimbledon ci porterà la prima bella sorpresa, ma intanto da domani Berrettini prosegue la campagna di Germania in quel di Halle, in Baviera, le prime venti posizioni della classifica sono ad un passo. Hai visto mai…