IN VIAGGIO CON LA PODEROSA VERSO TEKIRGAD GUIDATO DALLA VOCE AMICA DEL FIDO OSMAND

IN VIAGGIO CON LA PODEROSA VERSO TEKIRGAD GUIDATO DALLA VOCE AMICA DEL FIDO OSMAND

“Quante volte ho dormito su questo stesso tessuto di voci, di grida, la spiaggia, e quante volte la spola incessante del mare ha fatto arrendere i miei pensieri, calando sulle mie palpebre il buio trasparente del sole?”.Ecco, ho fatto il grande balzo, dal Mar Nero a questa sponda del mare di Grecia, appena abbuiato all’orizzonte dalla sagoma gibbosa dell’isola di Samotracia. È stato il secondo strappo dopo quello di ieri da Tirabolu a Duzce e forse è stato più faticoso, perché dovevo saltare la strozzatura di Istanbul fra l’Asia e l’Europa. E nella strettoia tutto si mischia, comignoli di navi e di case, strade e viadotti in un incredibile intrico, venditori di acqua e auto che si infilano nel caldo con velocità esagerate, in un ottovolante infernale in cui la parte dei duri la fanno i pullman e i tir, tonnellate lanciate a cento chilometri all’ora che non permettono se, bah o altre osservazioni. Vanno, a te tocca adeguarti. E questo dura più o meno cinquanta chilometri prima e dopo la città, la metropoli, il nufus da 15 milioni di abitanti come ho letto anche oggi, che si sta dando un volto da dysneyland. Torri, funghi, pinnacoli, tortiglioni, ciambelle e cappelloni stanno riempiendo le nuove periferie urbane di fantasie architettoniche senza pari, in uno scenario che rende ipertrofico il concetto di base che, per me, resta tipizzato dall’accrocco del finto villaggio dell’outlet di Colleferro. Liberarsi di tutto ciò, riuscire a evadere da questa pellicola di Fitz Lang, non è stato facile. E, mentre dura, mortifica anche rendersi conto di recitare, comunque, la propria particina: la piccola moto nel mondo del caos. A mia parziale discolpa confesso, comunque, di aver dato più volte luogo ad atti di sabotaggio, saltando sistematicamente i caselli senza pagare e facendo scattare ogni volta gli allarme dei campanelli. O i campanelli di allarme? Mi piace più il primo anche perché io stesso, come tutta quella gente in lamiera, attorno a Istanbul eravamo consegnati a qualcosa di poco umano.Il mondo, l’erba e gli alberi, sono riapparsi andando verso Tekirdag guidato dalla voce amica del fido Osmand, il mio programma di guida satellitare. Ormai la conosco. Per dire di andare a destra suggerisce “piega leggermente a destra”. È così, molto gentile. Deve trattarsi di una ragazza sui venticinque, anche carina, un po’ timida forse e quasi sicuramente single. Quando si fanno lunghi viaggi da soli vengono certe idee.Alla frontiera sono stati sbrigativi, più i turchi stavolta dei greci. Mi ha colpito che non si possono.portare più di due, 2, pacchetti di sigarette. Io non fumo ma un tempo fumavo. Due pacchetti, non due stecche. Perbacco, Tsipras non rinuncia a una dracma. Poi a Alessandopoli sono approdato al mio adorato hotellino Clio, fuori città, sul mare. La bionda filocinquantenne alla reception mi ha accolto con un sorriso: “Hallo, how are you?”. Non ha voluto nemmeno il.passaporto. Si ricordava il.mio nome. Anche io le ho chiesto come andava e lei mi ha risposto: “Always here, without dreams…”. Ah, le donne.Poi sono andato al mare….