IL FIORE FINTO DELLA QUOTA 100

IL FIORE FINTO DELLA QUOTA 100

Potrebbe addirittura sembrare di sinistra ma la Quota 100, spacciata ed acclamata come anti-Fornero, è nella realtà delle cose il provvedimento socio-economico più classista ideato dal defunto governo pentaleghista. Prima di tutto l’appiattimento che, a prescindere dai lavori cosiddetti usuranti, mette sullo stesso piano impieghi diversissimi tra loro per impegno e fatica. Esiste una correlazione generalizzata tra quanto un lavoro sia confortevole e la classe sociale di chi è chiamato a svolgerlo. In secondo luogo la indeterminabilità del suo peso sui bilanci dello stato, costo che inevitabilmente ricade a pioggia sotto forma di imposte indirette colpendo nel combinato disposto con la cosiddetta tassa piatta le classi più deboli. In terzo luogo l’emorragia di professionalità consolidate dal settore pubblico che prima di ogni altra cosa colpisce gli ultimi due servizi universalistici che ci sono rimasti: scuola e sanità. Alle classi meno abbienti servizi ridotti all’osso e alternative nel settore privato per chi se le può permettere. E di quanto possa essere sopportabile una riduzione della pensione per chi percepirà un importo di sopravvivenza intorno ai 1000 Euro rispetto a chi ha davanti una confortevole vecchiaia da 3 o 4000 Euro al mese ne vogliamo parlare? Il tutto amorevolmente impacchettato nella ormai smascherata panzana del ricambio generazionale, fino ad oggi verificatosi nel fallimentare rapporto di 1 nuovo ingresso ogni 10 uscite anticipate. Certo, non è obbligatorio usufruire della quota 100, ed è per questo che ne stanno usufruendo soltanto quelli che se lo possono permettere. Altrimenti perchè mai l’avrei chiamata classista?