IL MERCATO DELLE VACCHE

Sentir parlare di “lealtà” nelle scaramucce verbali tra Salvini e Di Maio, tra Grillo e Salvini, tra Renzi e Zingaretti, tra Berlusconi e Meloni e giù giù fino all’ultimo galoppino è qualcosa che mi provoca i crampi allo stomaco. Qualsiasi politico ha obblighi di lealtà innanzi tutto verso chi lo ha votato, poi verso il partito che gli ha offerto la struttura perchè ciò fosse possibile, e infine come recita il giuramento che qualsiasi membro delle istituzioni deve sottoscrivere, alla Repubblica e alle leggi che la governano. Fine. Nessuna altra lealtà che entri in conflitto con quelle appena enunciate può essere invocata da chichessia, meno che mai se riferita ad accordi post-elettorali che nulla hanno a che vedere con gli elettori. E ci mancherebbe altro, ci mancherebbe che per essere fedeli ad un accordo tra leader di partito inteso a garantirsi il potere (e la poltrona) diventasse un obbligo morale il tradimento dei propri elettori e degli impegni con essi assunti in nome di ideali comuni e di programmi condivisi. Quello si chiama comunemente “mercato delle vacche”, e le vacche in vendita siamo noi e le cose in cui crediamo e le contrattazioni dei leader volano alte sopra le nostre corna. Come se noi non ci fossimo.