LEGGE FINANZIARIA APPROVATA “SALVO INTESE”, CHE SIGNIFICA?

MA CHE ACCIDENTI SIGNIFICA CHE LA LEGGE FINANZIARIA 2020È STATA APPROVATA “SALVO INTESE”? TUTTA COLPA DI MONTI Ma che accidenti significa? Perché dire e scrive…re che la nuova manovra finanziaria è stata varata dal Consiglio dei ministri, dopo una maratona notturna sul filo di lana, “salvo intese”. Ma se l’hanno approvata e spedita alla Ue perché aggiungere “salvo intese”? Suona come “varie ed eventuali”, altra formula criptica usata dai governi quando non trovano l’accordo sulle cifre vere e taroccano un po’.Leggo sul sito della Treccani che “salvo intese” vuol dire questo: “Indica che un decreto legge è stato approvato nelle sue linee generali, ma il governo si è preso altro tempo per definirne i dettagli”.La paternità dell’espressione non va attribuita all’attuale presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. Formula e procedura vengono da più lontano. Il 23 marzo 2012 la presidenza del Consiglio emise un comunicato che iniziava così: “il Consiglio dei ministri ha approvato oggi, salvo intese, il disegno di legge di riforma del mercato del lavoro”. Il presidente del Consiglio era Mario Monti. Come spiegò a suo tempo il “Post”: “Significa che il governo si riserva di modificare il disegno di legge prima di sottoporlo al Parlamento (che poi naturalmente potrà a sua volta emendarlo). Questo permetterà al presidente Mario Monti di mostrare ai mercati e alla comunità internazionale lo stato di avanzamento del progetto di riforma senza per questo rinunciare a ritoccare le norme che oggi non sembrano essere gradite a vari pezzi della maggioranza parlamentare che sostiene il suo governo”.Insomma, il “salvo intese” che sembrava un’innovazione dell’attuale governo, o di quello precedente con la Lega, non è un’espressione escogitata da Conte e magari originata dalla sua esperienza di avvocato privatista, ma risale indietro nel tempo e proviene, con tutta probabilità, da qualche ufficio di Palazzo Chigi. Non di meno, trattasi di locuzione ipocrita, anche un po’ fessa, che designa una procedura che non brilla per trasparenza e richiama le vaghezze del politichese tipico della cosiddetta Prima Repubblica.