PRATO, MONSIGNOR NERBINI: MESCOLARSI NELLA CITTÀ DOVE CAMMINEREMO INSIEME

PRATO, MONSIGNOR NERBINI: MESCOLARSI NELLA CITTÀ DOVE CAMMINEREMO INSIEME

In una Prato ancora stanca per il “settembre” ha creato dibattito, battute, la “visita” del vescovo Giovanni Nerbini allo storico kebab di Farid. Quello spuntino in un luogo che qualcuno considera erroneamente poco consono, ha creato un certo sconcerto, appena nascosto. Qualcuno si è pure offeso, qualche salotto “buono”, qualche “sacristia” hanno pensato allo scandalo. Qualcuno di loro, poco caritatevole, ma benevolo, nei confronti del presule ha voluto spingersi dicendo che in fondo la cosa è stata casuale. Che inavvertitamente il vescovo Giovanni è capitato lì senza sapere di preciso, forse mal consigliato. Ed invece questa sua prima uscita dallo “steccato” non è stata affatto casuale. Non è neppure stato un atto di carineria ma anche nessun atto ostile contro il passato sempre presente nel gregge della Chiesa. Niente di tutto questo, neppure la volontà di far intendere che improvvisamente si aprono nuove strade, nuove vie, nuove interazioni. Solo una grande voglia di non partire dagli steccati già sapientemente costruiti, di non lasciarsi trasportare nelle trappole delle cittadelle fortificate. Solo, se ci è dato interpretare, una profonda voglia di conoscere e mescolarsi nella città. Di apprendere la realtà delle cose. Di farsi partecipe ad una realtà con più cento etnie, con decine di migliaia di persone di origini delle più disparate che vivono, sognano e lavorano sotto lo stesso cielo. Con il trenta per cento di aziende, di attività che sono guidate da imprenditori di origine lontana. Sì una profonda voglia di fare “Chiesa in uscita” che si mischia e si confronta con quanto avviene attorno. Che si “confonde” senza dar troppo pensiero alla inconcludenza delle “chiacchiere” In una Chiesa che non ha bisogno di intermediari, di filtri ma semplicemente vive la quotidianità della vita, libera di camminare, passeggiare, lungo il sentiero della vita di ognuno e della città intera. E perché no, anche libera di fare uno spuntino in un locale un tempo additato come luogo di pericolosi sovvertitori della tradizione. In fondo si è trattato solo di aver iniziato a mettere in pratica quello che già il vescovo Nerbini si era prefisso di fare, “camminare in mezzo”. Con lo sguardo ai primi ed una profonda attenzione a quelli in fondo in uno scenario ch’è aperto a tutti, aperto all’interazione. Poco più di una settimana fa lo aveva detto chiaramente: “Il vescovo è chiamato a camminare davanti, indicando il cammino, la via; camminare in mezzo, per rafforzare il Popolo di Dio nell’unità; camminare dietro perché nessuno si perda. Ed ho sentito il fascino ed insieme la forza e la potenza di questa affermazione che ho fatto e faccio mia “CAMMINARE IN MEZZO”