LA MAGGIORANZA DEL GOVERNO CONTE2 RIMANE INCAPACE DI UNA SVOLTA KEYNESIANA

La Nota di Aggiornamento al Def approvata ieri sera dal governo prospetta, ancora una volta, una manovra di galleggiamento, sostanzialmente neutrale sul piano macroeconomico (andiamo sul tecnico: per valutare il segno espansivo o restrittivo di un intervento di finanza pubblica, il confronto va fatto con l’andamento previsto -‘tendenziale’- a politiche invariate, non con quello a legislazione vigente). Certo, viene evitato, non è poco, il percorso recessivo sottoscritto dal Governo Lega-M5S il 2 Luglio scorso nella lettera alla Commissione Ue. Sono pure evidenti le difficoltà e i vincoli oggettivi per il Ministro Gualtieri, quando in 3 settimane deve recuperare 23 miliardi di euro soltanto per evitare aumenti di tasse, trova già ridotta all’osso la spesa per il welfare, per il pubblico impiego e per acquisti di beni e servizi e è prigioniero di autolesionistici limiti all’indebitamento. Ma si poteva scegliere un’altra rotta, davvero di svolta, orientata alla rianimazione della domanda interna, così colpita da decenni di estremismo mercantilista dell’Ue e dell’eurozona: oltre a eliminare le clausole di salvaguardia, si sarebbe potuto portare il deficit oltre il 2,2% del Pil, ma concentrandolo tutto sulla spesa per investimenti pubblici, in particolare nel Mezzogiorno, per la riconversione ecologica e sociale. Invece, siamo alla politica economica dei ‘segnali’, come ai tempi, non rimpianti, de l’Ulivo, realizzata con il gioco delle tre carte: sposti da una parte all’altra qualche miliardo di euro, senza alcun significativo effetto macroeconomico, senza apprezzabili miglioramenti per i settori sociali beneficiati, ma con profondo dissenso dei settori colpiti, soprattutto quando non si distingue nel mare magnum dell’evasione. Date le forze politiche prevalenti, la maggioranza del Governo Conte 2 rimane incapace di una svolta keynesiana.