IL LIBERISMO POLITICO E CULTURALE A CUI ANCHE MATTEO SALVINI HA DICHIARATO DI APPARTENERE

IL LIBERISMO POLITICO E CULTURALE A CUI ANCHE MATTEO SALVINI HA DICHIARATO DI APPARTENERE

Un ottimo testo che chiarisce come Salvini sia la punta d’iceberg di una politica liberista e autoritaria che viene da lontano, dal “Tolleranza Zero” di Rudolph Giuliani, sindaco legge ed ordine di New York negli anni 90 e ora principale consigliere politico di Trump. Il fascioliberismo che oggi si presenta anche con un volto finto popolare ha un lungo processo di costruzione prima di dilagare, e non si combatte senza affrontare le sue radici, cioè il liberismo economico sociale politico e culturale, a cui anche Matteo Salvini ha recentemente dichiarato di appartenere in pieno.. L’odio tacito.Ho letto le intenzioni delle modifiche della Ministra LAmorgese al decreto sicurezza. Traspare dalle sue parole il tentativo di voler continuare la politica di Salvini sotto una spennellata di costituzionalità, niente altro. Siamo assolutamente dentro lo stesso paradigma di Minniti, che era dentro il paradigma di Maroni, che di fatto è lo stesso paradigma delle politiche securitarie applicate su scala planetaria dai liberali di destra e di sinistra. Parliamo di una guerra alla miseria che dal centro delle città si è trasferita alle periferie ed alle frontiere. Se dovessi dare un nome al nome di chi ha inventato questo odio in termni politici è quello di Rudolph Giuliani, che nei lontani anni 80, quando ancora il neoliberismo era nella culla, inaugurò nella città di New York della quale era sindaco la teoria del controllo poliziesco delle dinamiche sociali riassunta nello slogan dei vetri rotti. Craxi la importò in Italia contro chi si faceva le canne, ed il resto è storia nota. Mi ricordo che una estate mentre lavoravo sulla legge per modificare la Fini Giovanardi, mi ritrovai la stessa teoria esplicitata a chiare lettere da Amato che ai tempi era Ministro degli interni del Governo Prodi. Disse anche lui la parolina magica, “Tolleranza zero” con la quale impedì ogni tipo di riforma, su droghe e immigrazione. Ho passato gran parte della mia vita a confrontarmi con questa ideologia che ha trasferito questioni di ordine sociale in questioni di ordine pubblico trasferendo montagne di denaro dal welfare agli apparati securitari, e quindi un sacco di persone dai servizi sociali alle carceri. Dicevamo che si sarebbe assistito ad un processo di trasformazione dello Stato, da Sociale a penale, avevamo ragione. Sempre più persone e sempre più povere finiscono infatti nelle carceri o in luoghi concentrazionari. Ma questa teoria non si è fermata al fronte interno, essa si è esternalizzata trovando negli anni 2000 nuova linfa per divenire forma concreta nella gestione della frontiera esterna. Sbaglia chi pensa che la dimensione del controllo delle frontiere sia semplicemente quello dei muri innalzati, questa è una ideologia che ha scavato nella profondità del corpo sociale, inserendosi con facilità nel mutamento antropologico prodotto dal liberismo, entrandone in simbiosi. Ci troviamo di fronte ad una vera e propria ideologia che odia la miseria, che rende i poveri responsabili delle proprie condizioni senza mai affrontare le cause che impoveriscono queste persone giustificando ogni infamia contro di loro con l’altra parola magica, l’emergenza. Per questo LAmorgese, Minniti, Salvini, MAroni, Amato, e tutto il resto dei ministri degli interni, pur con storie diverse, usano la stessa retorica emergenziale, sono figli del liberismo. Ed il liberismo competitivo, quello del merito e dell’egoismo, odia i poveri. Li considera fannulloni, migranti economici che fanno la pacchia, un peso, un problema di ordine pubblico da eliminare dalla scena pubblica. Vedo che in molti, giustamente, oggi scendono in piazza contro l’odio, fanno bene, ma l’odio assume forme diverse e non sempre esplicitate come quello di Salvini. Esso assume anche dimensioni raffinate, è un odio tacito semplicemente perchè non ha più nemmeno il bisogno di manifestarsi pubblicamente, essendo divenuto banale, egemonico. Banale come una telecamera in un parco senza vita, banale come un lager finanziato dalle nostre tasse in Libia, o banale come un barcone che affonda nel disinteresse generale mentre si fa la multa a chi, quelle vite tenta di salvarle.