BASSETTI: PRIMA CHI HA BISOGNO

BASSETTI: PRIMA CHI HA BISOGNO

Da una delle grandi città della Pace tornano alla mente le parole pronunciate da Sua Em. il cardinale Gualtiero Bassetti, responsabile della Conferenza Episcopale Italiana che ebbe a ricordare che non devono venire “prima gli italiani, ma deve venire prima chi ha bisogno”.Parole chiare al nostro tempo fatto troppo spesso di egoismi e indifferenze.“Non possiamo non accogliere chi cerca aiuto”, ma “abbiamo il dovere di mettere al primo posto il rispetto della vita e della dignità delle persone”.Prima dunque chi ha bisogno come ormai da tempo richiama la parola di Papa Francesco ma soprattutto come troviamo segno nel Vangelo e nelle coscienze ripulite dalle visioni incentrate dal solo “io”. Sono passaggi importanti quelli che ci offre nel suo ragionamento perché oltre al dovere di soccorrere il forestiero c’è anche quello impellente l’umanità verso gli altri ma anche verso noi stessi con l’accoglienza.“La presenza dei migranti e dei rifugiati, di chi ha bisogno di aiuto, rappresenta una possibilità per recuperare le dimensioni essenziali della nostra umanità”, aveva detto il responsabile della Cei, che ha ricordato anche una delle sue visite nei luoghi di prima accoglienza : “Ho visto le condizioni disumane di chi rischia la vita fuggendo della violenza, dalla miseria, dai centri di detenzione in Libia”.La Chiesa non si è mai sottratta al suo dovere di dare un riparo, un conforto agli ultimi degli ultimi. Lo ha fatto e lo fa ancora in modo dirompente vedendo alcune realtà a noi vicine.La Chiesa non si è sottratta all’accoglienza dei migranti, lo vediamo intorno a noi anche con esperienze che sono concrete, complesse, poco accettate: “L’abbiamo fatto, tanto nel caso di Genova come in quello di Pozzallo, su richiesta del Viminale, in un’ottica di collaborazione sussidiaria, assicurata attraverso Caritas Italiana. Non sfugga, però, che in questo modo la Chiesa sta svolgendo un ruolo di supplenza: la solidarietà non è un’opera pia, ma una necessità democratica, una priorità civile”, ebbe a dire lo scorso luglio Bassetti.E in tutto ciò la “Chiesa in uscita”, quella con il grembiule, quella che si mischia nell’odore del gregge n’è segno evidente che non può che venir riconosciuto.In quella occasione il massimo esponente dei vescovi italiani abbe a parlare anche dei cattolici in politica: “Idee politiche nuove purtroppo mancano, perché non basta dirsi cattolici per diventare De Gasperi” e, aggiunge, “una politica fondata sulla paura e sulle promesse facili è destinata a rovinare quel poco che ancora resta dell’unità nazionale”.Quanto alle sfide per il Paese, sottolineò : “Si tratta di distribuire la ricchezza in maniera diversa e insistere sul principio inderogabile della giustizia fiscale e sociale. Il debito pubblico non è una invenzione del demonio, ma è frutto di tante nostre miserie. Scambiare l’oggi per il domani e sperperare denaro che non c’è significherebbe uccidere la speranza dei nostri giovani”.In questa missione la Chiesa si è creata certo inimicizie e lontananze di cui non si può non tenere conto perché portatrici di un vento cattivo.Qualcuno può ipotizzare uno scisma tradizionalista che si adagia sul populismo imperante dei tempi bui, ma ciò non può avvenire se guardiamo alla radice della Parola.E qui la risposta deve essere forte.Bassetti ha voluto più di recente affrontare questo tema che tanto male provoca:“Cercare di staccare i fedeli dai vescovi e soprattutto dal Papa è una manovra sbagliata e controproducente” e “rifiuto l’idea che la Chiesa possa essere portata sul piano della battaglia partitica, quasi come pastori fossimo preoccupati di schierarci con gli uni o con gli altri. La storia ci insegna che non è mai stata una buona scelta quella di rincorrere i potenti, magari confidando di ottenerne consensi e privilegi. La Chiesa italiana è una presenza a servizio di tutti”.