RIDUZIONE EMISSIONI DA COMBUSTIBILE FOSSILE. ALMENO IL 55%. PROPOSTA DI LEGGE DI MASSIMO SCALIA

RIDUZIONE EMISSIONI DA COMBUSTIBILE FOSSILE. ALMENO IL 55%. PROPOSTA DI LEGGE DI MASSIMO SCALIA

Crediamo indispensabile segnalare l’appello e la relativa proposta di legge di Massimo Scalia, un leader storico dell’ambientalismo italiano, cui si deve, con Gianni Mattioli, la proposta del referendum che bloccò il nucleare in Italia. La proposta riguarda la riduzione delle emissioni determinate dai combustibili fossili. Visto che la Ue parla di una riduzione del 40% e la stessa Presidente Von der Leyen si è detta propensa ad innalzarla ad oltre il 50%, è preoccupante che l’Italia si limiti a proporre una riduzione al 33%. Inoltre i tempi vanno contenuti entro il 2030, per evitare, quanto meno, l’aggravarsi irreversibile di una situazione già grave. La proposta e l’appello sono già stati discussi in appassionate assemblee tenutesi in Lombardia, Lazio, Sicilia, Calabria e Molise.Altre iniziative sono già state programmate. A una prima fase di adesioni seguirà a partire da febbraio una raccolta firme per la presentazione di una proposta di legge. L’obiettivo è quello di raggiungere le 50mila firme entro luglio. Segue il testo dell’appello e quello della proposta, coi nomi dei primi firmatari. “La più grande minaccia di questo secolo” –il cambiamento climatico, la transizione all’instabilità climatica– si sta delineando con eventi sempre più drammatici: a luglio scorso ilNational Snow and Ice Data Center(NSIDC) degli Usa ha rilevato un picco terribile e inatteso nella curva che documenta l’andamento della fusione dei ghiacci artici in Groenlandia. Abbiamo denunciato da gran tempo le conseguenze del cambiamento climatico che si abbatte su uomini e cose con l’intensità degli eventi meteorologici estremi, mentre si estendono le aree desertiche, cresce la siccità, si addensa negli ultimi vent’anni il numero dei massimi di temperatura media della terra. La calotta artica si è spaccata nel 2006 aprendo la caccia senza regole al suo sottosuolo, nel 2017 si è staccato dall’Antartide un iceberg più grande della Liguria. Ci siamo battuti documentando e denunciando la più generale crisi ambientale: la devastazione di uno sviluppo fondato sulla spoliazione e il saccheggio delle risorse naturali, come conseguenza del modo capitalistico di produrre e consumare. Esemplare, il nuovo odioso colonialismo del “landgrabbing“, che attraverso i meccanismi della mera acquisizione di mercato priva intere popolazioni dei loro diritti, delle loro terre e delle loro acque senza dar loro nemmeno la possibilità di essere ascoltati o addirittura attraverso vere e proprie deportazioni. In America Latina, Asia e Africa sempre più grandi foreste, terre comunitarie, bacini fluviali e interi ecosistemi vengono spogliati e le comunità sfollate. Il rogo della foresta amazzonica è l’ultimo drammatico esempio, ammantato di un sovranismo in realtà prono agli interessi delle grandi compagnie agrario-alimentari. La diversità biologica viene costantemente ridotta, la grande barriera corallina australiana è a rischio nei suoi 3000 km.Il respiro degli oceani è soffocato dalla plastica. Abbiamo proposto in tutti questi anni la battaglia a favore dell’ambiente, contro il global warming e per una generale riconversione ecologica dell’economia e della società, come impegno sociale, culturale e morale. La “Laudato si”di Papa Bergoglio ha messo in risalto gli aspetti umani e spirituali di questa nuova visione. I governi di tutto il mondo, colpevolmente lenti nell’applicare il Protocollo di Kyoto (2005), oggi in ritardo nell’attuare gli impegni dell’Accordo di Parigi ratificati nel 2016 da 180 Paesi, devono accelerare la loro azione per fare più efficacemente fronte al cambiamento climaticoe mantenere l’obiettivo di contenere l’aumento della temperatura media globale entro 1,5 °C. A pagare lo sconquasso del clima sono soprattutto le popolazioni più povere e vulnerabili, colpite dalle migrazioni interne o dalla fuga disperata dalle loro terre, da fame, sete e malattie endemiche, marginalizzate nei loro territori, spesso nel nome stesso dello sviluppo e dell’innovazione. I rischi dovuti ai disastri ambientali accrescono tensioni e conflitti e nel 2017 hanno causato,da soli, l’esodo di 60 milioni di “rifugiati ambientali”, ma saranno quattro volte tanti nel giro di soli vent’anni. Non si tratta solo dell’accoglienza e della sicurezza. Occorre “costruire ponti”, capaci di ridurre la distanza tra chi ha troppo e chi non ha abbastanza, tra l’opulenza e la povertà, come indicato dagli obiettivi globali dell’Agenda 2030proposta dalleNazioni Unite. Occorre modificare i nostri stili di vita e il nostro modo di pensare se vogliamo dare futuro al futuro. Fare di più con meno e trasformare i rifiuti in nuovi prodotti com’è tecnologicamente possibile: “dalla culla alla culla”. Organizzare la società della sufficienza affinché ogni risorsa sia utilizzata senza sprechi e nel modo più appropriato fino all’autogestione. E, da subito, “decarbonizzare” l’economia sostituendo i combustibili fossili con le fonti rinnovabili. Serve, soprattutto, che la cultura della sostenibilità si diffonda nel profondo della società e in tutte le sue attività, in modo che le idee di progresso e di futuro siano fondate sulla continua ricerca del completo equilibrio con i grandi cicli della natura. Oggi finalmente una voce si leva autorevole per imprimere un’accelerazione agli impegni dei Governi, almeno qui in Europa. La neo-presidentessa della Commissione UE, Ursula von der Leyen, ha proposto al Parlamento europeo a Strasburgo l’obiettivo di riduzione del 50-55% di CO2, il gas serra dominante, entro il 2030 facendo così balzare a quel livello il target della UE. E, conseguentemente, di mantenere “un ruolo di guida della UE nei negoziati internazionali per far crescere il livello di ambizione delle altre principali economie entro il 2021″. Come si è verificato lungo tutto il percorso che ha portato all’Accordo di Parigi. Il Governo italiano continua a perseguire un atteggiamento vergognosamente caudatario; infatti, mentre il Quadro per il Clima e l’Energia 2030 della UE prevede, fin dal 2014, la riduzione del 40% delle emissioni di gas serra, ha proposto nel Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC) un obiettivo di solo il 33%. Il PNIEC è stato sottoposto alle osservazioni di tutti i cittadini tramite la Valutazione Ambientale Strategica (VAS). Noi, le associazioni, i comitati e i gruppi che rappresentiamo, abbiamo fatto pervenire le nostre osservazioni entro il 2 ottobre scorso, secondo quanto previsto dalla procedura di VAS.Riteniamo, però, che debba attuarsi in tutto il Paese la più ampia mobilitazione possibile perché il Piano assuma l’obiettivo di almeno il 55% di riduzione delle emissioni dei gas serra entro il 2030, com’è tecnologicamente possibile. Al di sotto, saremmo come i Paesi di Visegrad nei confronti dell’immigrazione, non a caso le maggiori resistenze alla “decarbonizzazione” provengono da alcuni di loro in nome del miope privilegio degli “interessi nazionali”. E, soprattutto, non saremmo all’altezza della tremenda sfida e delle responsabilità che il cambiamento climatico impone a tutti. Per favorire questa mobilitazione, per dargli il carattere capillare di confronto con cittadini, organi territoriali elettivi, istituzioni e enti pubblici, organizzazioni del lavoro, luoghi di socializzazione, organi di informazione, proponiamo una legge d’iniziativa popolare che assume per l’Italia l’obiettivo di almeno il 55% di riduzione dei gas serra entro il 2030; indica lacarbon taxcome mezzo principale per coprire la spesa pubblica finalizzata a quell’obiettivo e promuove la riduzione, già dalla prossima legge di stabilità 2021- 2023, di ogni forma diretta o indiretta di finanziamento ai combustibili fossili e agli Enti e alle Società che li gestiscono, inclusa la “capacità di generazione” di energia da combustibile fossile. La raccolta di firme per la presentazione della legge può costituire un momento d’informazione e, allo stesso tempo, sollecitare un protagonismo consapevole ed esteso di tutti quale la drammaticità dei tempi richiede. I primi firmatari:Massimo Scalia, Daniela Padoan, Mario Agostinelli, Vanessa Pallucchi, Enrico Vicenti, Ermete Realacci, Roberta Cafarotti, Mariagrazia Midulla, Enzo Naso, Virginio Colmegna, Marialuisa Saviano, Aurelio Angelini, Gianni Silvestrini, Mario Salomone, Simona Sambati, Sergio Ferraris, Vittorio Bardi, Paola Bolaffio, Guido Viale, Gianni Mattioli, Pasquale Stigliani, Serenella Iovino,  Marco Fratoddi, Stefania Divertito, Oreste Magni, Michela Mayer, Enzo Reda, Monica D’Ambrosio, Paolo Bartolomei, Anna Re, Ilaria Romano, Gianluca Senatore, Giuditta Iantaffi, Gian Piero Godio, Linda Maggiori,Filippo Delogu,Salvatore Alfano,Laura Cima,Silvia Zamboni Crediamo indispensabile segnalare l’appello e la relativa proposta di legge di Massimo Scalia, un leader storico dell’ambientalismo italiano, cui si deve, con Gianni Mattioli, la proposta del referendum che bloccò il nucleare in Italia. La proposta riguarda la riduzione delle emissioni determinate dai combustibili fossili. Visto che la Ue parla di una riduzione del 40% e la stessa Presidente Von der Leyen si è detta propensa ad innalzarla ad oltre il 50%, è preoccupante che l’Italia si limiti a proporre una riduzione al 33%. Inoltre i tempi vanno contenuti entro il 2030, per evitare, quanto meno, l’aggravarsi irreversibile di una situazione già grave. La proposta e l’appello sono già stati discussi in appassionate assemblee tenutesi in Lombardia, Lazio, Sicilia, Calabria e Molise.Altre iniziative sono già state programmate. A una prima fase di adesioni seguirà a partire da febbraio una raccolta firme per la presentazione di una proposta di legge. L’obiettivo è quello di raggiungere le 50mila firme entro luglio. Segue il testo dell’appello e quello della proposta, coi nomi dei primi firmatari. “La più grande minaccia di questo secolo” –il cambiamento climatico, la transizione all’instabilità climatica– si sta delineando con eventi sempre più drammatici: a luglio scorso ilNational Snow and Ice Data Center(NSIDC) degli Usa ha rilevato un picco terribile e inatteso nella curva che documenta l’andamento della fusione dei ghiacci artici in Groenlandia. Abbiamo denunciato da gran tempo le conseguenze del cambiamento climatico che si abbatte su uomini e cose con l’intensità degli eventi meteorologici estremi, mentre si estendono le aree desertiche, cresce la siccità, si addensa negli ultimi vent’anni il numero dei massimi di temperatura media della terra. La calotta artica si è spaccata nel 2006 aprendo la caccia senza regole al suo sottosuolo, nel 2017 si è staccato dall’Antartide un “iceberg” più grande della Liguria. Ci siamo battuti documentando e denunciando la più generale crisi ambientale: la devastazione di uno sviluppo fondato sulla spoliazione e il saccheggio delle risorse naturali, come conseguenza del modo capitalistico di produrre e consumare. Esemplare, il nuovo odioso colonialismo dellandgrabbing, che attraverso i meccanismi della mera acquisizione di mercato priva intere popolazioni dei loro diritti, delle loro terre e delle loro acque senza dar loro nemmeno la possibilità di essere ascoltati o addirittura attraverso vere e proprie deportazioni. In America Latina, Asia e Africa sempre più grandi foreste, terre comunitarie, bacini fluviali e interi ecosistemi vengono spogliati e le comunità sfollate. Il rogo della foresta amazzonica è l’ultimo drammatico esempio, ammantato di un sovranismo in realtà prono agli interessi delle grandi compagnie agrario-alimentari. La diversità biologica viene costantemente ridotta, la grande barriera corallina australiana è a rischio nei suoi 3000 km.Il respiro degli oceani è soffocato dalla plastica. Abbiamo proposto in tutti questi anni la battaglia a favore dell’ambiente, contro il global warming e per una generale riconversione ecologica dell’economia e della società, come impegno sociale, culturale e morale. La “Laudato si’” di Papa Bergoglio ha messo in risalto gli aspetti umani e spirituali di questa nuova visione. I governi di tutto il mondo, colpevolmente lenti nell’applicare il Protocollo di Kyoto (2005), oggi in ritardo nell’attuare gli impegni dell’Accordo di Parigi ratificati nel 2016 da 180 Paesi, devono accelerare la loro azione per fare più efficacemente fronte al cambiamento climaticoe mantenere l’obiettivo di contenere l’aumento della temperatura media globale entro 1,5 °C. A pagare lo sconquasso del clima sono soprattutto le popolazioni più povere e vulnerabili, colpite dalle migrazioni interne o dalla fuga disperata dalle loro terre, da fame, sete e malattie endemiche, marginalizzate nei loro territori, spesso nel nome stesso dello sviluppo e dell’innovazione. I rischi dovuti ai disastri ambientali accrescono tensioni e conflitti e nel 2017 hanno causato,da soli, l’esodo di 60 milioni di “rifugiati ambientali”, ma saranno quattro volte tanti nel giro di soli vent’anni. Non si tratta solo dell’accoglienza e della sicurezza. Occorre “costruire ponti”, capaci di ridurre la distanza tra chi ha troppo e chi non ha abbastanza, tra l’opulenza e la povertà, come indicato dagli obiettivi globali dell’Agenda 2030proposta dalleNazioni Unite. Occorre modificare i nostri stili di vita e il nostro modo di pensare se vogliamo dare futuro al futuro. Fare di più con meno e trasformare i rifiuti in nuovi prodotti com’è tecnologicamente possibile: “dalla culla alla culla”. Organizzare la società della sufficienza affinché ogni risorsa sia utilizzata senza sprechi e nel modo più appropriato fino all’autogestione. E, da subito, “decarbonizzare” l’economia sostituendo i combustibili fossili con le fonti rinnovabili. Serve, soprattutto, che la cultura della sostenibilità si diffonda nel profondo della società e in tutte le sue attività, in modo che le idee di progresso e di futuro siano fondate sulla continua ricerca del completo equilibrio con i grandi cicli della natura. Oggi finalmente una voce si leva autorevole per imprimere un’accelerazione agli impegni dei Governi, almeno qui in Europa. La neo-presidentessa della Commissione UE, Ursula von der Leyen, ha proposto al Parlamento europeo a Strasburgo l’obiettivo di riduzione del 50-55% di CO2, il gas serra dominante, entro il 2030 facendo così balzare a quel livello il target della UE. E, conseguentemente, di mantenere “un ruolo di guida della UE nei negoziati internazionali per far crescere il livello di ambizione delle altre principali economie entro il 2021”. Come si è verificato lungo tutto il percorso che ha portato all’Accordo di Parigi. Il Governo italiano continua a perseguire un atteggiamento vergognosamente caudatario; infatti, mentre il Quadro per il Clima e l’Energia 2030 della UE prevede, fin dal 2014, la riduzione del 40% delle emissioni di gas serra, ha proposto nel Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC) un obiettivo di solo il 33%. Il PNIEC è stato sottoposto alle osservazioni di tutti i cittadini tramite la Valutazione Ambientale Strategica (VAS). Noi, le associazioni, i comitati e i gruppi che rappresentiamo, abbiamo fatto pervenire le nostre osservazioni entro il 2 ottobre scorso, secondo quanto previsto dalla procedura di VAS.Riteniamo, però, che debba attuarsi in tutto il Paese la più ampia mobilitazione possibile perché il Piano assuma l’obiettivo di almeno il 55% di riduzione delle emissioni dei gas serra entro il 2030, com’è tecnologicamente possibile. Al di sotto, saremmo come i Paesi di Visegrad nei confronti dell’immigrazione, non a caso le maggiori resistenze alla “decarbonizzazione” provengono da alcuni di loro in nome del miope privilegio degli “interessi nazionali”. E, soprattutto, non saremmo all’altezza della tremenda sfida e delle responsabilità che il cambiamento climatico impone a tutti. Per favorire questa mobilitazione, per dargli il carattere capillare di confronto con cittadini, organi territoriali elettivi, istituzioni e enti pubblici, organizzazioni del lavoro, luoghi di socializzazione, organi di informazione, proponiamo una legge d’iniziativa popolare che assume per l’Italia l’obiettivo di almeno il 55% di riduzione dei gas serra entro il 2030; indica lacarbon taxcome mezzo principale per coprire la spesa pubblica finalizzata a quell’obiettivo e promuove la riduzione, già dalla prossima legge di stabilità 2021- 2023, di ogni forma diretta o indiretta di finanziamento ai combustibili fossili e agli Enti e alle Società che li gestiscono, inclusa la “capacità di generazione” di energia da combustibile fossile. La raccolta di firme per la presentazione della legge può costituire un momento d’informazione e, allo stesso tempo, sollecitare un protagonismo consapevole ed esteso di tutti quale la drammaticità dei tempi richiede. I primi firmatari:Massimo Scalia, Daniela Padoan, Mario Agostinelli, Vanessa Pallucchi, Enrico Vicenti, Ermete Realacci, Roberta Cafarotti, Mariagrazia Midulla, Enzo Naso, Virginio Colmegna, Marialuisa Saviano, Aurelio Angelini, Gianni Silvestrini, Mario Salomone, Simona Sambati, Sergio Ferraris, Vittorio Bardi, Paola Bolaffio, Guido Viale, Gianni Mattioli, Pasquale Stigliani, Serenella Iovino,  Marco Fratoddi, Stefania Divertito, Oreste Magni, Michela Mayer, Enzo Reda, Monica D’Ambrosio, Paolo Bartolomei, Anna Re, Ilaria Romano, Gianluca Senatore, Giuditta Iantaffi, Gian Piero Godio, Linda Maggiori,Filippo Delogu,Salvatore Alfano,Laura Cima,Silvia Zamboni