CINEMA: I FESTIVAL E LE DIFFICOLTÀ DI DISTRIBUIRE I FILM

Eppur si muove. In regime di semilibertà certo, con tutte le precauzioni del caso. Perché la prudenza non è davvero mai troppa. Ma nel tunnel ogni tanto uno squarcio di luce entra a coltivare speranze. La Mostra del cinema di Venezia, giunta alla settantasettesima edizione, si farà. Slittano le altre manifestazioni, le altre arti (danza, teatro e architettura) ma il cinema non può aspettare. La date restano quelle previste fin dal principio, dal 2 al 12 settembre. Dieci giorni di ossigeno fresco e puro per un’industria ferita dal covid-19, il nemico dell’umanità. Il primo grande segnale arriva così dalla nostra penisola. Con quella che è, dopo l’Oscar, la manifestazione cinematografica più antica al mondo. A confermarne le date è stato Roberto Cicutto, presidente della Biennale da febbraio. Alle agenzie ha indicato un programma intensamente modificato dall’emergenza sanitaria, che sarà condotto da un status di “semi-liberazione”e che sarà ancora per un po’ sospeso sul filo della certezza: “Ci siamo dati una deadline a fine maggio. Vogliamo a tutti i costi essere pronti. Stiamo facendo simulazioni sulla giornata-tipo”. Cicutto ha però specificato come il coronavirus comporterà anche un ritorno ai veri obbiettivi primari della rassegna: “Oggi chi viene a Venezia deve ritornare all’idea di promuovere il valore del film, non gli effetti rispetto all’uscita in sala. Anche gli altri festival dovranno scegliere i contenuti e la promozione del valore culturale. Tutto il resto dovrà farlo l’industria cinematografica”. E per far ciò però spera di avere le mani meno “legate” rispetto alle sale cinematografiche: “Credo che il festival debba godere di una extraterritorialità rispetto alle misure di sicurezza” aggiungendo che “Venezia potrà essere un grande laboratorio, con un contingentamento delle persone in sala. Un conto è gestire 6-7 luoghi circoscritti, un conto sono migliaia di sale nel territorio nazionale”. Un paio di giorni dopo a parlare è stato Alberto Barbera, il direttore artistico della Mostra, in un’intervista all’ANSA dove non ha escluso “la possibilità di una reale collaborazione con il Festival di Cannes anche nel segno di una solidarietà verso il mondo del cinema più che mai ora in difficoltà”. Eppure Cicutto non aveva speso dolci parole nei confronti di Thierry Frémaux, il delegato generale del festival francese: “Trovo sconcertante che Frémaux continui a dire che esamina la situazione e non dica che cosa vuole fare. Noi proseguiamo col nostro programma e se Cannes sta ancora pensando a cosa vuol fare, allora non c’è dialogo”. Dialogo tenuto in vita proprio da Barbera che ha dichiarato: “Con Thierry il discorso è ancora aperto e c’è la volontà di entrambi di fare qualcosa, siamo disponibili a tutte le soluzioni”. Risolti gli equivoci, il direttore artistico ha detto che questa edizione “sarà per forza sperimentale” fornendo ulteriori dettagli tecnici: “Ci sarà sicuramente l’uso delle mascherine e il distanziamento sociale. Si dovrà ridurre il numero di accesso in sala degli spettatori”, aggiungendo che “molti film, soprattutto stranieri, non verranno accompagnati dai talent e perciò si potranno prevedere conferenze stampa online”. Venezia, Cannes ma non solo. Settembre sarà anche il mese del Toronto International Film Festival. In un articolo diVarietyil direttore del Festival, Cameron Bailey, ha dichiarato: “Stiamo pianificando un festival pubblico e una componente forte legata ai professionisti. Ci sarà decisamente una componente “digitale”, ma quanto sarà grande e che aspetto avrà deve ancora essere deciso”. Con l’obiettivo di mostrare i film ai potenziali distributori internazionali e ai critici, in quella che sarà un’edizione “ibrida”, ma pronta a celebrare e sostenere un settore in estrema difficoltà. Insomma i festival, la cromatura dell’industria cinematografica, come banco di prova e come stimolo che non passa inosservato a chi il cinema lo vive dall’interno. E così in questi giorni in tanti hanno avanzato idee, opinioni e punti di vista. Lo ha fatto Lionello Cerri, fondatore e amministratore delegato di Anteo spazioCinema di Milano, nonché produttore (Lumière & Co.), esprimendo positività sulla ripartenza della macchina cinematografica. “Le proiezioni di un singolo film a Venezia, spalmato su più sale, usando la tecnologia si può estendere ad altre città” ha raccontato alCorriere della Sera.Il quotidiano milanese ha ascoltato anche il parere di Andrea Occhipinti, fondatore di Lucky Red: “Ci stiamo orientando sulle piattaforme, in autunno avremo altre uscite ed è inutile sovrapporle nelle sale. Sono più preoccupato per i dipendenti del Quattro Fontane di Roma, attualmente tutti in cassa integrazione”.Allo stesso giornale ha parlato Carlo Verdone che ha dato una visione più drammatica, e forse più realistica, del domani: “Quando arriveremo al contagio zero, la gente avrà poi la forza psicologica di entrare in sala? Io non ne sono convito. Fuggirà al primo colpo di tosse. Il dramma è che è un’industria enorme e molti tra truccatori, elettricisti, e attori se la stanno passando male”. È realistico anche Massimiliano Orfei, direttore operativo della Vision distribution, che nel 2019 ha distribuito film importanti comeLa paranza dei bambinieL’immortale, uno degli ultimi successi di incassi nelle sale italiane prima che lo tsunami covid-19 travolgesse tutto e tutti. Ae-duesse.it ,Orfei si è detto preoccupato per una eventuale riapertura dei cinema a mezzo servizio ma anche per un’attesa troppo prolungata: “Se bisogna attendere un anno per ripartire alla grande, rischiamo di incontrare difficoltà difficilmente superabili. Il tempo non gioca a nostro favore e bypassare la sala per andare direttamente in piattaforma non è un modello economicamente sostenibile per l’attuale assetto dell’industria cinematografica, non solo in Italia”. In sostanza il cinema è in lotta contro il tempo e a riguardo Orfei ha sottolineato: “ci auguriamo davvero che i set, nelle massime condizioni di sicurezza, possano riaprire non più tardi di luglio-agosto”. Insomma, aspettano tutti. Le sale aspettano ad aprire, i film ad uscire nelle sale, i produttori a fare i film. Arrivano però i primi premi, le prime statuette italiane. L’8 maggio si terrà la sessantacinquesima edizione del David di Donatello. A comunicarlo è stata PieraDetassis, Presidente e Direttore Artistico dell’Accademia del Cinema Italiano; inizialmente previsto per il 3 aprile , l’evento verrà trasmesso in diretta in prima serata su Rai 1 sotto la conduzione di Carlo Conti. Una danza cerimoniale per dare un po’ di linfa vitale al cinema nostrano. Dunque il cinema fa la ruota del pavone, o almeno ci prova. Per simboleggiare la propria bellezza celestiale e la speranza nella rinascita. Perché le sue opere sono immortali. Questo è un fatto. Ma deve continuare a creare nuove eternità, con più tutele per gli addetti ai lavori e per i suoi artisti. E non può farlo solo sulle piattaforme come Netflix (il gigante dello streaming ha riportato un aumento di 15,8 milioni di abbonati nel primo trimestre dell’anno registrando un periodo di crescita record). Deve farlo nelle sale, le cattedrali del cinema. Proprio lì dove il cinema è nato e dove noi ci siamo innamorati di lui.