CRONACHE DAL FRONTE (PUNTATA 38)

Mia madre non li aveva mai letto gli studi dell’antropologo americano Edward T. Hall (1914-2009), né si era mai occupata di prossemica, la disciplina che studia le regole delle distanze sociali nell’ambito della comunicazione interpersonali. Immagino quindi che fosse per questo motivo che, tutte le volte che tornavo a casa in vacanza, ai bei tempi dell’università, accoglieva le mie fidanzate e i miei amici con due baci sulla guancia e un caloroso abbraccio, anche se era la prima volta che li vedeva. D’altronde è così che si fa al Sud. E lei non si accorgeva di suscitare qualche imbarazzo e un certo stupore nei miei ospiti, che venivano quasi sempre da Bologna e comunque dal nord Italia. Avesse letto Edward T. Hall, mia madre avrebbe scoperto che ci sono 4 tipi di distanze codificate fra le persone: la distanza INTIMA, che va da 0 a 45 cm e si applica alla propria cerchia ristretta; quella PERSONALE, da usare cioè fra amici, che va da 45 a 120 cm; quella SOCIALE, che va da 1,2 a 3,5 metri e che si usa nelle relazioni fra conoscenti (oppure nel rapporto insegnante-allievo); e infine la distanza PUBBLICA, che si usa nelle pubbliche relazioni (una conferenza, ad esempio) e va oltre i 3,5 m. Per fortuna di mia madre Hall spiegava poi che la distanza sociale da mantenere varia a seconda del contesto culturale. E così mentre gli arabi e più in generale i popoli del Mediterraneo tendono generalmente ad abbassarla, questa distanza – fino a vivere più o meno appiccicati gli uni agli altri – i popoli del Nord Europa e quelli dell’Asia tendono invece a mantenersi sempre a una certa distanza, fuori dal raggio d’azione di un braccio. Il colmo si verifica in alcune regione dell’India, laddove è più rigida la divisione in caste: fra un “paria” e un “bramino”, ad esempio, dev’esserci sempre una distanza di 39 metri (si, avete capito bene: trentanove), perché l’ombra di un paria non deve permettersi nemmeno di sfiorare il corpo di un bramino. Inutile aggiungere che questa pandemia rischia di creare una nuova distanza – chissà come la chiameranno – che finirà per condizionarci in tutto, anche nel camminare per strada. Non sentiremo più nessuno dire “ops, mi scusi” per avere inavvertitamente toccato qualcuno, la regola sarà quella di scansarsi e cambiare traiettoria. Succede già, è già così. Qualcuno ha anche lanciato l’allarme contro questa nuova religione della “disattenzione civile” che non potrà non alimentare il nostro egoismo sociale. E la ciliegina sulla torta la metteranno i divisori in Plexiglass che ci separeranno negli spazi pubblici: li stanno già installando in molti negozi, lo faranno tutti gli uffici e i ristoranti, forse anche i bar. Saremo sicuri solo se isolati ( magari ermeticamente). Chissà se, lì dov’è ora, mia madre lo vede questo nostro mondo che è stato sconvolto da un piccolo virus. Se sì, sono certo che non ne sarebbe contenta. Lei abbracciava e baciava tutti. Era una forma di rispetto e una manifestazione di affetto ( anche preventibo, sì). L’avevano educata così. Ma lei era una donna d’altri tempi P.S. In foto i cerchi della distanza secondo Edward T. Hall ( in miglia e metri)