MONDIALI CON GARBO. A BRILLARE NON SONO STATE LE STELLE, MA LE SQUADRE

MONDIALI CON GARBO. A BRILLARE NON SONO STATE LE STELLE, MA LE SQUADRE

Ancora pochi giorni e sapremo chi alzerà la Coppa del Mondo 2018 allo stadio Luzhniki di Mosca. Domenica scenderà il sipario su un’edizione sicuramente memorabile dei mondiali di calcio. Il nome del vincitore, in fondo, è un dettaglio, sia pure tutt’altro che secondario.Sarà una finale inedita quella che vedranno centinaia di milioni di telespettatori sparsi per tutto il globo, a coronamento di una manifestazione ricca di spunti interessanti.Sono stati i primi mondiali della moviola in campo, meglio nota come Var. Quella che appena pochi anni fa era stata invocata da Aldo Biscardi e Maurizio Mosca, suscitando più critiche, anche feroci, che consensi. E invece ci siamo arrivati, anche più rapidamente del previsto, soprattutto grazie all’esperimento fatto nel campionato italiano. Tanto è vero che i nostri arbitri hanno fatto da istruttori ai colleghi di tutto il mondo e che Roberto Rosetti ha gestito l’intero progetto. Il Var, che operava da Mosca e non dagli stadi in cui si disputavano gli incontri, esattamente come avviene in Germania, ha praticamente annullato gli errori più gravi, impedito che il paese ospitante godesse di vantaggi imbarazzanti (ricordate Giappone-Corea 2002 con i coreani trascinati da arbitraggi scandalosi sino in semifinale a spese di Italia e Spagna ?) e funzionato come deterrente per evitare il gioco violento. Farla franca è diventato quasi impossibile con 24 telecamere che vivisezionano ogni gesto e comportamento.Forse anche grazie al Var, ci sono state appena due espulsioni dirette e, soprattutto, non si sono verificati incidenti di particolare gravità, tipo fratture, lesioni dei legamenti crociati, ma solo infortuni muscolari. Quindi sono stati i Mondiali più corretti di sempre, su questo non ci sono dubbi.L’organizzazione è stata perfetta, gli stadi bellissimi, funzionali e sempre pieni, si è giocato in un clima diffuso di amicizia e condivisione, non si è verificato nessun incidente né all’interno né all’esterno degli impianti. E anche la sicurezza (toccando ferro, perchè mancano ancora 4 partite al “rompete le righe”) è stata garantita ai massimi livelli, considerato il rischio di attentati sempre dietro l’angolo.E veniamo al bilancio tecnico. Non è stato il mondiale delle stelle, ma delle squadre. Messi, Cristiano Ronaldo, Neymar, tutti rispediti a casa. Alle semifinali sono arrivate quattro squadre europee, quelle che hanno espresso il miglior calcio, senza discussioni. Le grandi del calcio tradizionale, Germania, Brasile, Argentina e Spagna, hanno fallito senza se e senza ma. Sono apparse superate, inadeguate, impreparate di fronte al vento di novità che ha spazzato il mondiale di Russia. Si riprenderanno, ne siamo certi, ma dovranno fare i conti con le nuove grandi del calcio: la Francia di Deschamps, multietnica e giovanissima, che ha un grande futuro; il Belgio di Martinez, ricco di talento in attacco, ma anche equilibrato; la Croazia, che arriva incerottata alla semifinale con l’Inghilterra dopo essere sopravvissuta per due volte di seguito ai calci di rigore, ma dispone del centrocampo più forte del mondiale; l’Inghilterra giovane, che Southgate ha disegnato a sua immagine e somiglianza facendola diventare la nazionale meno inglese di sempre.Da queste quattro squadre uscirà il nome del nuovo campione del mondo e forse quello del futuro pallone d’oro. L’Italia ha fatto da spettatrice, speriamo per l’ultima volta. Ma la sensazione è che nei prossimi anni sarà costretta a inseguire per avvicinarsi alle nuove grandi del calcio mondiale. E sarà un inseguimento lungo, difficile e pieno di ostacoli finchè non saranno rimosse le molte cause della crisi del pallone italico.Il CT Roberto Mancini ha detto nei giorni scorsi che, a suo avviso, l’Italia è seconda soltanto al Brasile. Magari ha ragione, ma il problema è che oggi la corsa non va fatta sul Brasile, bensì su Francia, Belgio, Croazia e Inghilterra. C’è da augurarsi che Mancini se ne sia accorto.