QUESTI SONDAGGI, UNA CATASTROFE PER TUTTI

QUESTI SONDAGGI, UNA CATASTROFE PER TUTTI

Crolla il M5s al 21%, sale il Pd e lo sorpassa con il 21,01%, mentre la Lega (Nord) continua a raccattare i voti del centrodestra, riproponendo quel coagulo reazionario formato da nazionalisti, fascisti, razzisti e liberali che cent’anni fa portò il fascismo al potere. Allora con lo spauracchio della rivoluzione sovietica, oggi con quello dei poveri disperati che arrivano sui barconi. Lo scopo è lo stesso, impoverire i poveri e arricchire i ricchi. È il mito della perfetta società liberista, americana alla Trump. E allora, via con le grandi opere inutili come la Tav in Val di Susa, dove buttare una decina di miliardi di Euro per la tangente. Via con gli inquinanti inceneritori e anche con le centrali nucleari, via con le trivelle petrolifere per massacrare un Sud già martoriato da altri castighi nazionali; nella povera Basilicata devastata dalle trivelle, la foto di Salvini in felpa Eni parla da sé: altro che energie rinnovabili, affanculo l’ambiente, prima il profitto. Un profitto immediato miope che distruggendo la terra prepara una povertà planetaria. Via con la flat-tax, l’idea berlusconiana riproposta da Salvini, da cui ci guadagnerà la classe medio alta che risparmierà migliaia di euro l’anno, mentre i poveri, già esenti dato il reddito scarso, non pagheranno di più ma avranno meno servizi sociali, poiché lo Stato avrà meno soldi da spendere. E soprattutto via con la secessione fiscale delle regioni ricche del Nord (a spese del Sud) che sottrarranno allo stato decine di miliardi l’anno a tutto vantaggio padano, con un Sud ancora più privo di ferrovie, aeroporti, strade, porti attrezzati, scuole, ospedali e dunque lavoro. È l’eterna legge del più forte, della sopraffazione del più debole, mito fondante dei leghisti, prima a danno dei meridionali e poi dei migranti. Una Lega che trova adepti al Sud nella sopravvissuta estrema destra fascista, unita nel sentimento razzista, ma anche tra liberali già berlusconiani che salgono sul carro del vincitore in cerca di poltrone, eterni traditori del popolo meridionale, avvocaticchi “pagliette”, per dirla con Gramsci. Di più, ci sono i clan elettorali, anche mafiosi, per i quali legarsi al nuovo potere è condizione di sopravvivenza. Così abbiamo la lega oltre il 33%, con Salvini che piace ai gruppi di potere finanziario, gli stessi che invocano opere a spese dello Stato dove non servono, purché se magna. Come spiegarsi il costo di 70 milioni  a km dell’alta velocità ferroviari a fronte dei 10 previsti? Ce lo hanno spiegato i giudici con decine  di arresti per corruzione. Per il M5s, requiem, perde oltre un terzo dei suoi voti, scendendo al 21%, dal 33 del 4 marzo 2018. Un M5s che, presentandosi portatore di purezza e promettendo di occuparsi degli ultimi, conquista un marea di voti, vieppiù al Sud, e poi, restandone vittima, si allea con il più sporco dei partiti, quella lega antimeridionale, condannata dalla magistratura per razzismo e corruzione. Fine prevedibilissima. Il Sud si sente tradito dal M5s, non ci sta e scappa. L’ala sinistra anche. Quella destra preferisce il ducesco “capitano” originale alla sbiadita copia Di Maio. Resta lo zoccolo duro dei fedelissimi, che può vantare la conquista del reddito di cittadinanza e della legge anticorruzione. Forse poco per un Sud allo stremo, ridotto a colonia di consumo di quest’Italia. Il M5s se ne faccia una ragione, e se la facciano anche gli altri: non si governa contro 20 milioni di cittadini meridionali. Oggi è il Sud, con la sua condizione estrema a dettare l’agenda politica, quel Sud che ha affondato Berlusconi e poi Renzi per premiare il M5s, e ora si sente di nuovo solo e abbandonato. E questa è una tragedia per tutti, anche per il Pd che, restaurato da un nuovo segretario, risale al 21,01% sorpassando di poco il M5s. Zingaretti tuttavia è partito con il piede sbagliato, iscrivendosi anch’egli a quel Partito unico del Nord che tifa per il Tav in Val di Susa e altre grandi opere, inutili, in gran parte da farsi al Nord. Non c’è speranza per questo Pd, dimentico degli ultimi, dei ceti poveri e del Sud, già abbandonati da Renzi e compagni. In quanto ai piccoli partiti di sinistra, questi ancorati a vecchie ideologie industrialistiche e incapaci di affrontare la Questione meridionale, non hanno possibilità di emergere. Oggi la composizione delle classi è cambiata, bisogna saper parlare ai giovani, disoccupati per il 65% al Sud, parlare ai meridionali che vivono con reddito che è metà di quello dei settentrionali, parlare agli occupati di tutt’Italia che vivono con stipendi sotto i mille euro. Pensare che un’ipotetica “classe operaia” nazionale, che non riesce neanche a difendere le proprie conquiste, possa riscattare il Mezzogiorno e i nuovi poveri è pura illusione. Dunque, c’è poco da gioire. Quando i poveri restano senza rappresentanza politica, si preparano tempi estremi. Da una parte i ceti forti ne approfittano affondando il coltello nella piaga per ricavarne più ciccia possibile, dall’altra i ceti deboli possono reagire con rivolte disperate, violente e vieppiù perdenti. Per ridare speranza a questo paese, va costruita una rappresentanza sociale e politica del Sud, anche con un necessario partito territoriale che sappia dialogare con le migliori espressioni nazionali, quelle solidaristiche e ambientaliste, lasciate sole da una sinistra ormai liberista e da un Movimento che dovendo rappresentare il nuovo è diventato vittima e complice del vecchio. Non c’è altra strada per salvare non solo il Sud ma l’intero Stivale.