BANCA POPOLARE DI BARI: ERA URGENTE IL SALVATAGGIO

BANCA POPOLARE DI BARI: ERA URGENTE IL SALVATAGGIO

L’incontro fissato ieri sera dal Consiglio dei ministri per affrontare la vicenda della crisi della Banca Popolare di Bari, ha prodotto il salvataggio in extremis della Banca stessa. L’accordo è arrivato con una maggioranza in preda alle bizze. Un duello consumato tra dichiarazioni al vetriolo e post social, ma l’obiettivo di “tutelare tutti i risparmiatori” il “sistema creditizio del Sud” e “rilanciare” l’istituto, è riuscito. L’eventuale liquidazione della Banca Popolare di Bari, che da venerdì è sotto commissariamento, ricadrebbe sull’economia e il risparmio locale, per non parlare di un possibile “effetto contagio” a causa di una crisi di fiducia in altre piccole banche del territorio. In un documento in cui si ricostruiscono le tappe della vicenda dell’istituto pugliese, Bankitalia si difende dalle accuse, sottolineando che il Governo sapeva della gravità della situazione da febbraio, e spiega perché il salvataggio era l’unico baluardo per la salvaguardia di tutti i correntisti della Popolare di Bari, che stamattina, a differenza dei politici non hanno sbraitato o usato parole offensive, non hanno trovato nessun capro espiatorio. Nessuna illusione da vendere o comprare. Sommessamente hanno atteso la sorte dei loro risparmi e del loro futuro fuori dalla Banca, accettando di buon grado il salvataggio della prima banca del Meridione. In una lunga nota, anche Bankitalia ha ripercorso la cronistoria della Popolare di Bari dal 2010 a oggi. Il 2019 fissa l’ultimo stallo gestionale, a febbraio 2019 la comunicazione al Governo gialloverde della gravità della situazione: Un approfondimento necessario per Bankitalia che sottolinea come urgente l’intervento del Governo per la Popolare di Bari sia per i risparmiatori, sia per i territori di riferimento della banca, sia per l’impatto occupazionale di una liquidazione. Alla banca fanno capo poco meno di 600.000 clienti, tra cui oltre 100.000 aziende; a queste ultime è riferibile circa il 60% degli impieghi (intorno a 6 miliardi di euro). I depositi da clientela ammontano a 8 miliardi, di cui 4,5 miliardi di ammontare unitario inferiore a 100.000 euro e come tali protetti dal Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi (FITD). La banca ha quote di mercato significative, nell’intorno del 10%, sia degli impieghi sia della raccolta, in Puglia, Basilicata e Abruzzo. Il radicamento capillare della banca e la sua natura di cooperativa sul territorio hanno determinato l’ampia diffusione degli strumenti finanziari emessi dalla banca. Il numero dei soci è pari a 70.000 circa, con quote di partecipazione mediamente pari a 2.500 azioni, corrispondenti a 5.900 euro, considerando l’ultimo prezzo rilevato sul mercato Hi-MTF prima della recente sospensione (2,38 euro). Le obbligazioni della banca (senior e subordinate), pari nel complesso a 300 milioni di euro, sono per oltre i due terzi in mano a privati e clientela al dettaglio. Nel caso in cui si dovesse pervenire a uno scenario liquidatorio con rimborso dei depositanti (senza cessione di attività e passività ad un altro intermediario), le ricadute del dissesto sarebbero molto rilevanti, sia sul tessuto economico sia sul risparmio locale. La liquidazione implicherebbe in primo luogo l’azzeramento del valore delle azioni che inasprirebbe il contenzioso legale con i soci, già inalzato a motivo delle modalità di collocamento degli aumenti di capitale 2014-15 (550 milioni, quasi integralmente sottoscritti da clientela al dettaglio), ritenute dalla Consob non coerenti con la normativa sui servizi di investimento e da essa sanzionate. Subirebbero la stessa sorte anche i prestiti subordinati (ca. 290 mln, di cui 220 mln collocati a clientela al dettaglio) Sulla base di prime stime, verrebbero inoltre colpiti integralmente i creditori chirografari e i depositi eccedenti i 100.000 euro non riconducibili a famiglie e piccole imprese, con il rischio che siano colpiti, in quota parte, anche quelli superiori a 100.000 euro facenti capo a tali ultimi soggetti. Il FITD dovrebbe effettuare rimborsi a favore dei depositanti protetti per un importo complessivo di 4,5 mld di euro circa, a fronte di una dotazione finanziaria che a dicembre 2019 sarà pari a 1,7 mld. Ciò implicherebbe l’esigenza di attivare integralmente il finanziamento per 2,75 mld. sottoscritto nell’agosto 2019 dal FITD con un pool di banche e finalizzato a fornire prontamente al Fondo risorse per i rimborsi. Per la restituzione del finanziamento potrebbe essere necessario il ricorso a contribuzioni straordinarie a carico del sistema bancario, che determinerebbero perdite significative. La cessazione dell’attività della banca implicherebbe il blocco dell’operatività con forte pregiudizio della continuità di finanziamento di famiglie e imprese; gli impatti sul territorio sarebbero considerevoli, anche alla luce della cospicua quota degli impieghi erogati dalla banca nelle regioni di insediamento. Anche gli impatti occupazionali (circa 2.700 dipendenti) sarebbero rilevanti e difficilmente assorbibili dalla debole economia locale. La crisi della BPB potrebbe inoltre incrinare la fiducia dei depositanti di altre piccole banche locali, innescando un effetto contagio. Tutto ciò rende di fatto non praticabile una liquidazione dell’intermediario senza cessione di attività e passività; quest’ultima opzione richiede l’individuazione di una banca interessata ad acquisire il compendio aziendale e ciò potrebbe risultare particolarmente problematico a causa delle difficili condizioni economiche dell’area di insediamento e della situazione dell’azienda. La cessione di attività e passività sarebbe comunque impossibile (per carenza di controparti interessate) senza un consistente aiuto di Stato a fondo perduto, al fine di coprire lo sbilancio di cessione e, in funzione delle richieste del cessionario, anche gli oneri di riorganizzazione e il fabbisogno di capitale a fronte degli assorbimenti patrimoniali da parte delle attività acquisite, secondo lo schema della liquidazione delle banche venete. Il decreto varato dal Governo, per la Banca Popolare di Bari, “unito al commissariamento di venerdì, ha un unico significato, che la banca da stanotte è diventata assolutamente solida perchè la proprietà è dello Stato che, ovviamente, non può ‘fallire’, ed inoltre che vi è totale discontinuità con la precedente gestione”, affermano Adiconsum, Adusbef, Assoconsum, Codacons, Confconsumatori, Federconsumatori, Lega Consumatori, Unione Nazionale Consumatori, che rappresentano più di 2mila tra azionisti e obbligazionisti della Popolare Barese. “Prendiamo nota dell’adozione del decreto, siamo in contatto con l’Italia e restiamo pronti a discutere la disponibilità e le condizioni degli strumenti disponibili nell’ambito delle norme Ue”, lo ha dichiarato la portavoce della commissaria alla concorrenza, Margrethe Vestager rispondendo a una domanda sul salvataggio della Popolare di Bari. In base al decreto, il governo darà 900 milioni di euro a Invitalia, l’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa del ministero dell’Economia, per finanziare Mediocredito Centrale (una banca controllata dal ministero dell’Economia) che poi li verserà alla Banca Popolare di Bari per comprarne delle quote.