UN QUADRO «IMPRENDITORIALE» INQUIETANTE ED IL SISTEMA APPALTI DA RENDERE PIÙ STRINGENTE

“Con un certo cinismo le volevo confessare che volevo sfruttare il coronavirus anche per questo”. Queste sono le raggelanti parole di Irene Pivetti, proferite a fine febbraio di quest’anno. Parlando della chiusura dei voli dalla Cina, segretamente registrata da un imprenditore ferroviario che lamentava di essere stato da lei raggirato, così diceva riguardo l’idea di far arrivare materiale sanitario dalla Cina via treno. Il tutto, badate bene, in un servizio – quello delle Iene – dove emerge davvero un quadro “imprenditoriale” inquietante. Con sedi societarie fantasma tra Polonia e San Marino, imprenditori coinvolti per lavori mai portati a termine (e addirittura “minacciati” a colpi di fatture da 50mila euro, al fine di scoraggiarli dal chiedere di venir pagati per quanto avevano fatto per la società della Pivetti). E diversi altri elementi che, davvero, ci portano oggi a chiederci in che modo e maniera Irene Pivetti, con la sua società, sia riuscita ad ottenere un contratto da 30 milioni di euro (nostri eh) per la fornitura di mascherine poi rivelatesi addirittura false. Piccolo dettaglio per il quale la procura sta indagando per ricettazione, frode nell’esercizio del commercio, vendita di cose con impronte contraffatte e violazioni della legge doganale (non ci si fa mancare niente). Ora le indagini continuano ma, anche alla luce del servizio di ieri sera, si può solo che rimanere basiti. E davvero questo ennesimo – eclatante – caso dovrebbe portarci a riflettere su tutto il sistema di appalti. Ma non, come vorrebbe qualcuno, per “aprirlo” ancora di più, sospendendo il codice stesso. Ma forse per renderlo un attimo più stringente.