ELEZIONI IN SERBIA. TRIONFO DI VUCIC

ELEZIONI IN SERBIA. TRIONFO DI VUCIC

Serbia. Le prime elezioni in Europa, dopo il covid. Netta vittoria dell’Sns, il partito del presidente, Aleksandar Vucic, assimilabile dalle nostre parti ad un partito conservatore. Elettori che prudentemente se ne stanno molto a casa loro. Solo il 48% alle urne. Il lockdown è stato molto rigido in Serbia e ha comportato anche il coprifuoco. Una misura adottata anche da Macron in Francia, il che non significa davvero una garanzia di efficacia. Se il problema era quello del distanziamento tra le persone per quale ragione impedire di uscire la notte quando le strade sembrano e sono “più grandi”? Risultato: quasi 13mila contagi su 7 milioni di abitanti. Come dire che poteva andare peggio ma anche che, visto il sacrificio, ci si sarebbe potuto aspettare qualcosa di meglio. Popolazione stressata, come ovunque, ma lo stress non si è riversato contro Vucic. Semmai il virus ha smorzato le proteste settimanali contro il governo che avevano preso piede prima del contagio. Oltre tutto rimbeccate, da finestra a finestra, dalle contromanifestazioni pro Vucic da gruppi pare legati alla tifoseria sportiva Alla fine dei conti Vucic si è ritrovato con oltre il 60% dei voti. Il partito alleato di governo, i socialisti guidati da un politico di grande e datata esperienza, come il ministro degli esteri Dacic, sono il secondo partito con oltre il 10%. Primo partito di opposizione, a dire degli esperti piuttosto soft, quello del sindaco di Novi Beograd, l’ex campione di pallanuoto Sapic, al 4%. Quali le ragioni di un successo strepitoso e superiore alle più rosee previsioni? Covid a parte le opposizioni ci hanno messo del loro. Hanno scommesso sulla piazza quando nessuno ci poteva andare e poi sul boicottaggio, rinunciando a una rappresentanza politica che veniva data tra il 10 e il 15%. Risultato: zero eletti e sfascio del blocco contestatario. Vucic infatti, abbassando la soglia per l’accesso al parlamento al 3% dei voti, ha invogliato una parte dell’opposizione moderata a presentarsi. Ha così preso due piccioni con una fava. Opposizione di piazza dimezzata e opposizione parlamentare quasi annullata visto che a quella soglia, a parte Sapic, nessuno ci è arrivato. Peraltro in Serbia, la presentazione di una lista elettorale implica alti costi al momento della vidimazione delle firme, quindi le liste presenti, oltre che di firmatari, abbisognano di sponsor. E rimane anche la protesta del partito comunista. Ben giocato Aleksandar, si potrebbe dire. Ma molti nodi irrisolti rimangono a dispetto del successo. Il malcontento serpeggia, indebolito dall’esito del voto ma alimentato dalla insofferenza per il controllo che il premier è giunto ad esercitare sui media e in buona parte dei gangli vitali della vita nazionale