Bufera sul ministro Giuli | Una mail al Mef chiede “più tagli” al cinema: maggioranza e opposizione si scontrano
Ministro Giuli (Pagina FB Ufficiale) - Alganews
Spunta un’email attribuita al ministro: sollecita un’ulteriore sforbiciata ai fondi per il settore cinematografico. Pioggia di critiche, replica del Mic: “Falsità”.
Scoppia il caso politico attorno al ministro Giuli. Un’email, indirizzata al Ministero dell’Economia e delle Finanze, suggerirebbe di aumentare i tagli al comparto cinema rispetto alle ipotesi iniziali. La notizia, rimbalzata in poche ore, ha acceso il confronto tra maggioranza e opposizione e ha rimesso al centro i conti della cultura a ridosso della legge di bilancio. Le opposizioni parlano di una linea punitiva verso un’industria che muove occupazione e indotto, mentre dal Ministero della Cultura filtra una secca smentita: la ricostruzione sarebbe infondata e strumentale.
L’episodio arriva in un passaggio delicato, con i capitoli di spesa culturale sotto la lente e il governo chiamato a bilanciare risparmi e sostegno alle filiere che generano PIL creativo. L’email, secondo quanto circola, riguarderebbe la definizione di un perimetro di contenimento della spesa che coinvolge anche i fondi destinati alla produzione e alla promozione cinematografica. La polemica è immediata: partiti di opposizione e associazioni di categoria chiedono chiarezza sui numeri e sulla direzione politica, ricordando che il cinema italiano è una catena che tiene insieme sale, set, festival, scuole e servizi professionali con migliaia di lavoratori intermittenti.
Il nodo dell’email e il peso dei fondi: perché il caso è esploso
Il cuore del caso è il contenuto della comunicazione verso il Mef: la richiesta di “più tagli” viene letta come segnale di una volontà di restringere ulteriormente il raggio d’azione delle misure a favore del cinema. La dinamica è esplosiva perché tocca un capitolo sensibile, spesso usato come cartina di tornasole dell’attenzione dello Stato verso le industrie culturali. Nel quadro delle ultime manovre, il Fondo cinema e audiovisivo e le misure connesse (dai crediti d’imposta ai sostegni selettivi) rappresentano leve essenziali per tenere in equilibrio investimenti privati e stabilità occupazionale. Indiscrezioni su sforbiciate aggiuntive hanno quindi un impatto immediato su programmazioni, piani di produzione e rapporti con i partner internazionali.
Dopo le prime reazioni, il Ministero della Cultura ha fatto trapelare una posizione netta: la ricostruzione sarebbe “falsa”, un racconto distorto che non fotografa l’indirizzo del dicastero. La contro–narrazione punta a disinnescare l’idea di un attacco al cinema e a riportare la discussione nell’alveo della normale interlocuzione tecnica tra ministeri durante la definizione dei saldi di bilancio. Resta però il tema politico: il solo affiorare di un’email in cui si ipotizzano ulteriori tagli basta a mobilitare sigle e professionisti, preoccupati dall’effetto annuncio su un mercato che vive di fiducia e tempistiche strette tra scrittura, pre–produzione, riprese e distribuzione.
Gli scenari: cosa può accadere tra bilancio, industria e consenso
Nei prossimi giorni, l’attenzione si sposterà sui numeri definitivi della manovra. Se le voci di riduzione ulteriore trovassero conferme nei documenti contabili, la filiera si preparerebbe a ricalibrare i piani: meno risorse possono significare minori set, stop ai progetti più rischiosi, contrazione di festival e circuiti di sale, oltre a ripercussioni immediate sugli occupati a chiamata. Al contrario, una smentita accompagnata da cifre stabili o da correttivi mirati potrebbe raffreddare la polemica e riportare il dibattito su come rendere i fondi più efficaci, legandoli a occupazione, export di contenuti e attrazione di coproduzioni.
Sul piano politico, la vicenda è già diventata terreno di prova. Le opposizioni incalzano, parlando di un disegno “demolitivo”, mentre la maggioranza difende l’azione del governo rivendicando il principio di responsabilità sui conti pubblici. In mezzo, gli operatori chiedono certezze operative e una tabella di marcia chiara. Una via d’uscita praticabile passa da un tavolo con le associazioni per allineare obiettivi e strumenti: rimodulare senza indebolire, favorire investimenti privati senza togliere ossigeno al sistema. Il cinema è anche soft power e immagine del Paese: ogni scelta sui fondi pesa oltre la contabilità, perché incide sulla capacità dell’Italia di raccontarsi al mondo. La vicenda dell’email, comunque si chiuderà, ha già lasciato un segno: ha mostrato quanto fragile sia l’equilibrio tra rigore di bilancio e politiche culturali in un settore che vive di programmazione e fiducia.
