IL PAPA A BARI, DALL’AGONIA DELLA SPERANZA ALLA RIVOLUZIONE DEL BENE

IL PAPA A BARI, DALL’AGONIA DELLA SPERANZA ALLA RIVOLUZIONE DEL BENE

L’appuntamento di Bari è stato, ma pare inutile ripeterlo, un vero Concilio fra appartenenze, spesso diverse, ma dove si è riusciti a trasmettere l’intesa fra le molteplicità religiose.È stato, sembra di leggere, l’emergere di uno stile nuovo di confronto nella cura delle relazioni, in una attenzione, vicendevole per quanti vivono nelle terre abbracciate, avvolte, dalle acque del Mediterraneo.La Chiesa che si può dire mediterranea, si è trovata in questi giorni di Bari, così ad affrontare i grandi temi che hanno diviso ma che di fronte alle ricchezze delle varie tradizioni liturgiche, di quelle spirituali, interpreta un indirizzo nelle quale si fa operosa e presente.Una Chiesa che parte dall’uomo, arriva da sentieri lontani e tortuosi ma che oggi, com’ è stato sottolineato, è desiderosa di rafforzare le strutture di comunione esistenti ed andando oltre, si può considerare esser pronta ad aprire nuove vie.Un nuovo modo di essere Chiesa, si è detto, riassumendo forzatamente il dialogo tra i vescovi durante “Mediterraneo frontiera di pace”, ancora più forte nell’ascolto e nell’impegno. Monsignor Pierbattista Pizzaballa, incaricato di riferire al Santo Padre le conclusioni del sinodo al quale hanno partecipato ben 58 vescovi provenienti da una ventina di Chiese affacciate sul Mediterraneo, ha ricordato che “le comunità cristiane non smettono di costruire vie alternative di pace e testimonianza, del nostro stile cristiano di stare dentro la realtà ponendo al centro la persona”.Una vera espressione di adesione verso il cammino della Chiesa di Francesco da parte di Monsignor Pizzaballa, una delle grandi figure della Chiesa del nostro tempo che dall’ottobre 2016 è il Pro-Gran priore dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme mentre dal febbraio del 2017 è stato eletto vicepresidente vicario della Conferenza dei vescovi latini nelle regioni arabe. Pare dunque che sia davvero partita una nuova linea, come ha ricordato anche il presidente della Cei, cardinale Gualtiero Bassetti: “Cerchiamo i segni dei tempi nelle parole e nella testimonianza offerta dalla storia di ciascuno. Esperienze che contribuiscono a rendere viva e preziosa l’esperienza della comunione”.Nelle parole del cardinale Bassetti emerge la grande figura di Giorgio La Pira quando ricorda al Papa il suo essere precursore dello spirito ecumenico che va vissuto nel Mediterraneo: “ i popoli dei Paesi rivieraschi condividono una visione della vita e dell’uomo che, nonostante le differenze, è aperta ai valori della trascendenza”.L’assemblea fortemente voluta da Papa Francesco ha voluto, secondo il pensiero del responsabile dei vescovi italiani, in sostanza celebrare la sacralità della vita umana “ma anche la sua intangibilità”. Per questo “il metodo sinodale che ha caratterizzato i lavori” segna l’avvio di un processo tutto nuovo per la Chiesa e “che richiede da parte di ciascuno una nuova disponibilità a coinvolgersi con un cuore grande”.Non ci sono dunque alternative secondo Francesco a farsi “instancabili operatori di pace” nel Mare nostrum, lacerato da divisioni e diseguaglianze, facendo della ricerca spasmodica del bene comune momento essenziale della missione della Chiesa.Percorrendo tutte le strade affinché si giunga ad affermare e rendere concreto che il Mediterraneo deve essere un luogo di pace, di dialogo, della convivialità e dell’accoglienza.L’opposto di ciò che porta alle paure, agli egoismi dell’indifferenza di chi vuole ad ogni costo farci alzare le difese “davanti a quella che strumentalmente viene dipinta come un’invasione”.Il Papa, ha voluto dare il suo contributo, nella Basilica di San Nicola a Bari nel tracciare la rotta da seguire per costruire relazioni di pace e di prosperità nel Mediterraneo.Lo ha voluto fare evidenziando le criticità di un contesto multiculturale e multireligioso dove i focolai di conflitto, le guerre e le sofferenze di chi vive sotto continuo ricatto e magari cerca di fuggire dalle proprie terre non lo fa certo per il benessere ma bensì per sopravvivenza.Il Papa si è fatto esigente ed ha voluto chiedere ai cristiani di custodire il patrimonio della fede, e anche della pietà popolare, esperienza irrinunciabile, richiamandosi alla Evangelii nuntiandi di Paolo VI che cambiò il nome da religiosità a pietà.Ed in questa domenica è stata la volta della Santa Messa nella Basilica di San Nicola, Papa Francesco percorre in auto il Corso Vittorio Emanuele II in fondo al quale è allestito il palco con l’altare per la celebrazione eucaristica che conclude la sua visita alla città di Bari. L’accoglienza della città, della Puglia intera è calorosa mentre fra i presenti alla Messa, oltre alle autorità locali, c’è il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.È proprio che nella liturgia odierna che arriva la forza del Vangelo. Nella parola di Matteo, Gesù esorta con forza i suoi ad un amore senza misura, un amore che comprende che va oltre perché va indirizzato dove pare impossibile possa risiedere, verso i nemici. Il Santo Padre nell’Omelia ricorda che la legge di Mosè prevedeva l’occhio per occhio, dente per dente e che questo era già un progresso perché poneva un limite alla vendetta arbitraria e personale. Gesù va oltre ci porta davanti agli occhi, al cuore una legge nuova e dice di non opporsi al malvagio e di rinunciare alla violenza. Il Papa afferma: “Possiamo pensare che l’insegnamento di Gesù persegua una strategia: alla fine il malvagio desisterà. Ma non è questo il motivo per cui Gesù chiede di amare anche chi ci fa del male. Qual è la ragione? Che il Padre, nostro Padre, ama sempre tutti, anche se non è ricambiato. Egli ‘fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti’. È lo fa in modo gratuito, indiscriminato. Gesù ci offre l’esempio, osserva il Papa, aprendo le braccia sulla croce a chi lo ha condannato e perdonando “chi gli ha messo i chiodi nei polsi”. E Francesco ha proseguito: “Allora, se vogliamo essere discepoli di Cristo, se vogliamo dirci cristiani, questa è la via, non ce n’è un’altra. Amati da Dio, siamo chiamati ad amare; perdonati, a perdonare; toccati dall’amore, a dare amore senza aspettare che comincino gli altri; salvati gratuitamente, a non ricercare alcun utile nel bene che facciamo”. Una esagerazione, una utopia, una tentazione che ci spinge a credere che Gesù esageri che vada oltre quanto sia umanamente possibile. Troppo facile per un credente fare del bene a chi fa del bene, troppo semplice. Può farlo benissimo anche chi non ha Fede, può farlo chi crede solo in se stesso. Ed allora come può essere possibile che il bene, la Fede ci portino a non odiare chi genera odio ma soprattutto come può essere possibile amare persino i nemici e pregare per quelli che ci perseguitano? Arriva puntuale la parola di Francesco a dirci che “Gesù qui non parla per paradossi, non usa giri di parole. È diretto e chiaro” e che le sue “sono parole volute, precise”. Amare i nemici, sottolinea, è “la novità cristiana. È la differenza cristiana”. L’amore di Gesù è un amore senza misura e confini e a noi chiede “il coraggio di un amore senza calcoli”. È l’invito a trasformarci in veri rivoluzionari: “Quante volte abbiamo trascurato le sue richieste, comportandoci come tutti! Eppure il comando dell’amore non è una semplice provocazione, sta al cuore del Vangelo. Sull’amore verso tutti non accettiamo scuse, non predichiamo comode prudenze. Il Signore non è stato prudente, non è sceso a compromessi, ci ha chiesto l’estremismo della carità. È l’unico estremismo cristiano: quello dell’amore”. Per fare questo, per diventare pericolosi estremisti, non dobbiamo preoccuparci, afferma dunque il Santo Padre della cattiveria degli altri, ma del nostro cuore cominciando a disarmarlo per amore di Gesù: “Il culto a Dio è il contrario della cultura dell’odio. E la cultura dell’odio si combatte contrastando il culto del lamento. Quante volte ci lamentiamo per quello che non riceviamo, per quello che non va! Gesù sa che tante cose non vanno, che ci sarà sempre qualcuno che ci vorrà male, anche qualcuno che ci perseguiterà. Ma ci chiede solo di pregare e amare. Ecco la rivoluzione di Gesù, la più grande della storia: dal nemico da odiare al nemico da amare, dal culto del lamento alla cultura del dono. Se siamo di Gesù, questo è il cammino”. Eccoci, è la fine delle agonie della speranza, è la vittoria del bene che tutto conquista.