LA DIFFICOLTÀ DI USCIRE DALL’INDIVIDUALISMO LIBERISTA

LA DIFFICOLTÀ DI USCIRE DALL’INDIVIDUALISMO LIBERISTA

Dal coronavirus, prima o poi, si esce; non altrettanto facile sarà uscire dall’individualismo liberista, per intenderci quello della Milano da bere craxiana, berlusconiana e salviniana. È un morbo altamente contagioso solo per una parte della popolazione, non so se socialmente o geneticamente predisposta: una minoranza, ma che gli unici anticorpi che poi sviluppa non sono contro il virus ma contro il buon senso e contro il bene comune. Lo stesso si potrebbe combatterlo: purtroppo gli altri, la maggioranza sana, sembrano a loro volta condizionati dall’epidemia, anche se in modo diverso: perdono la capacità di reagire, ossia di usare contro gli stronzi e i furbetti l’unico strumento che quelli capiscono e che potrebbe, se non guarirli, rendere la loro patologia asintomatica e socialmente innocua: la forza.È evidente che trent’anni di deriva morale e culturale ci hanno resi incapaci, non solo a Milano e non solo in Italia, di fare, sia pure per un breve periodo, i sacrifici necessari per uscire da una crisi. In America è persino peggio e non è un caso che Milano sia la città italiana più americanizzata. Abbiamo consentito lo sdoganamento dell’avidità, dell’edonismo, dell’egoismo, della superficialità, ci siamo piegati a un’economia fondata sulla deregulation, sulla mobilità e sul consumismo invece che sulla sostenibilità e sulla qualità della vita: inutile far finta che la gente e le sue abitudini non siano cambiate. Per cui è assurdo contare sia su una disponibilità collettiva ad accettare rigidi vincoli, sia sulla responsabilità personale di ciascuno. Il prezzo del blocco della società è troppo alto: serve flessibilità; ma serve al tempo stesso il pugno di ferro con chi, per qualsiasi ragione, non rispetti la legge. Senza farsi commuovere dal fatto che sia distratto, che poverino era la prima volta, che ne aveva proprio bisogno perché depresso, che tiene famiglia. Ripeto: occorre concedere a tutti più libertà; e occorre punire in maniera dura e inflessibile chi ne vuole troppa per sé.Non possiamo permetterci di far pagare all’intera società l’arroganza o imbecillità della sua parte peggiore, come abbiamo fatto per troppo tempo in quanto gradito sia alla sinistra buonista e perdonista che alla destra leghista, che si finge giustizialista ma non fa che proporre condoni, depenalizzazioni e l’abolizione di ogni controllo. È il gioco delle parti dei liberisti, volto a esautorare lo Stato e le istituzioni, a frammentare le nazioni e le comunità. Ne stiamo vivendo le conseguenze: per salvarci dobbiamo uscire dal liberismo. Con più Stato, con più solidarietà, con una migliore organizzazione dei servizi pubblici e senza rinunciare ai diritti collettivi; ma anche con la certezza della pena per chi mette sé stesso prima della collettività – anche se crede di averne il diritto.