NON PER VENDETTA MA PER GIUSTIZIA

Il Consiglio dei Ministri, in una riunione delle 21,30, di sabato scorso, ha approvato il dl sulle scarcerazioni, che mette finalmente in campo una stretta sulle scarcerazioni legate all’emergenza coronavirus. Non si tratta di un provvedimento generalizzato ma che vuole indirizzarsi su quelle figure, ben definite, che per la pericolosità dei reati mafiosi commessi, gli allentamenti, le loro modalità, avevano destato profonda preoccupazione. Il Consiglio dei Ministri ha approvato il decreto legge, proposto dal ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, contenente le norme per rivalutare se permangano le ragioni, alla luce delle mutate condizioni dell’emergenza sanitaria, perché i detenuti, condannati in via definitiva o in custodia cautelare per reati gravi di mafia o terrorismo ai quali sono stati concessi gli arresti domiciliari per motivi di salute, possano continuare a beneficiare della misura.Dunque non per vendetta ma per senso di giustizia, per la pericolosità di certe figure, superata l’emergenza, si rimettono in atto quei provvedimenti restrittivi che insieme ad altri hanno consentito di dare colpi mortali ai vertici di quelle mafie che mai si sono fatti scrupolo di devastare l’intera società, economicamente e socialmente. Questo il testo del comunicato stampa n 44 diffuso ieri dal CdM che spiega le motivazioni del provvedimento: COVID-19, MISURE URGENTI SUI BENEFICI CONCESSI AI DETENUTI PER GRAVI REATI “Misure urgenti in materia di detenzione domiciliare o differimento dell’esecuzione della pena, nonché in materia di sostituzione della custodia cautelare in carcere con la misura degli arresti domiciliari, per motivi connessi all’emergenza sanitaria da COVID-19, di persone detenute o internate per delitti di criminalità organizzata di tipo mafioso o terroristico o per delitti di associazione a delinquere legati al traffico di sostanze stupefacenti o per delitti commessi avvalendosi delle condizioni o al fine di agevolare l’associazione mafiosa, nonché di detenuti e internati sottoposti al regime previsto dall’articolo 41-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, nonché, infine, in materia di colloqui con i congiunti o con altre persone cui hanno diritto i condannati, gli internati e gli imputati (decreto-legge) Il Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente Giuseppe Conte e del Ministro della giustizia Alfonso Bonafede, ha approvato un decreto-legge che introduce misure urgenti in materia di detenzione domiciliare o differimento dell’esecuzione della pena, nonché in materia di sostituzione della custodia cautelare in carcere con la misura degli arresti domiciliari, per motivi connessi all’emergenza sanitaria da COVID-19, di persone detenute o internate per delitti di criminalità organizzata di tipo mafioso o terroristico o per delitti di associazione a delinquere legati al traffico di sostanze stupefacenti o per delitti commessi avvalendosi delle condizioni o al fine di agevolare l’associazione mafiosa, nonché di detenuti e internati sottoposti al regime previsto dall’articolo 41-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, nonché, infine, in materia di colloqui con i congiunti o con altre persone cui hanno diritto i condannati, gli internati e gli imputati. Il decreto modifica il regime relativo al beneficio della detenzione domiciliare per gli imputati in custodia cautelare e per i condannati, nonché, per questi ultimi, a quello del differimento della pena, nei casi di reati associativi a fini sovversivi, di terrorismo, di tipo mafioso o connessi al traffico di stupefacenti. Il testo prevede che, nel caso in cui tali benefici siano concessi per motivi connessi all’emergenza sanitaria da COVID-19, il magistrato di sorveglianza o il tribunale di sorveglianza che ha adottato il provvedimento, acquisito il parere del Procuratore distrettuale antimafia del luogo in cui è stato commesso il reato e, in specifici casi, del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, valuta la permanenza dei motivi legati all’emergenza sanitaria entro il termine di quindici giorni dall’adozione del provvedimento e, successivamente, con cadenza mensile. La valutazione è effettuata immediatamente, anche prima della decorrenza dei termini indicati, nel caso in cui il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria comunichi la disponibilità di strutture penitenziarie o di reparti di medicina protetta adeguati alle condizioni di salute del detenuto o dell’internato ammesso alla detenzione domiciliare o ad usufruire del differimento della pena. Inoltre, il testo prevede che, ai fini dell’eventuale revoca del beneficio, l’autorità giudiziaria debba prima sentire l’autorità sanitaria regionale, in persona del Presidente della Giunta della Regione, sulla situazione sanitaria locale e acquisire, dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, informazioni in ordine all’eventuale disponibilità di strutture penitenziarie o di reparti di medicina protetta in cui il condannato o l’internato ammesso alla detenzione domiciliare o ad usufruire del differimento della pena possa riprendere la detenzione o l’internamento senza pregiudizio per le sue condizioni di salute. L’autorità giudiziaria provvede quindi a valutare se permangano i motivi che hanno giustificato l’adozione del provvedimento di ammissione alla detenzione domiciliare o al differimento di pena, nonché la disponibilità di altre strutture penitenziarie o di reparti di medicina protetta idonei ad evitare il pregiudizio per la salute del detenuto o dell’internato. Il provvedimento con cui l’autorità giudiziaria revoca la detenzione domiciliare o il differimento della pena è immediatamente esecutivo. Tale normativa si applica anche ai provvedimenti già adottati.Infine, il decreto prevede che, al fine di consentire il rispetto delle condizioni igienico-sanitarie idonee a prevenire il rischio di diffusione del COVID-19, negli istituti penitenziari e negli istituti penali per minorenni, a decorrere dal 19 maggio e sino al 30 giugno 2020, i colloqui con i congiunti o con altre persone cui hanno diritto i condannati, gli internati e gli imputati, possono essere svolti a distanza, mediante, ove possibile, apparecchiature e collegamenti di cui dispone l’amministrazione penitenziaria e minorile o mediante corrispondenza telefonica. Il direttore dell’istituto penitenziario e dell’istituto penale per minorenni, sentiti, rispettivamente, il provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria e il dirigente del centro per la giustizia minorile, nonché l’autorità sanitaria regionale in persona del Presidente della Giunta della Regione stabilisce, nei limiti di legge, il numero massimo di colloqui da svolgere con modalità in presenza, fermo il diritto dei condannati, internati e imputati ad almeno un colloquio al mese in presenza di almeno un congiunto o altra persona”. Non si tratta di vendetta ma per giustizia, perché il sistema mafioso sa bene come giocare con queste cose. Conosce il sistema per insinuarsi negli animi e conquistarli. Anche senza aggirare troppo la realtà.Lo sanno bene i familiari delle vittime e di quanti ancora vivono sotto il giogo dei boss.