QUELL’APPICCICOSA RETICENZA NEL VOTO ALLE REGIONALI DEL LAZIO

Posso dire una cosa sgradevole, anzi due? Siccome avverto qua e là un acido odore d’incongruenza politica, vorrei offrire alla vostra attenzione alcune spigolose considerazioni. Niente di trascendentale, c’è di peggio: nei nostri mondi incoerenze e ambiguità sono sentimenti diffusi e fors’anche maggioritari. Ma in campagna elettorale assumono un connotato piuttosto spiacevole.Come ben sappiamo perché ne subiamo le moleste conseguenze, il sedicente e presunto voto utile contiene alcune perverse ragioni. Per quanto non condivisibile (almeno non da quelli come noi) è tuttavia esplicitato e perfino rivendicato. Ma c’è poi una sottospecie, di voto utile: quello inconfessabile e inconfessato. Dettato da riflessi di opportunismo e pruriti di convenienza. Come per esempio quello che spinge a preferire le forze di governo, magari quelle più mimetizzate, o, all’opposto, quello che induce a sostenere le forze d’opposizione più consistenti, in quanto più efficaci. E così assumendo come trascurabili e irrilevanti le vistose differenze tra ciò che si pensa e ciò che si fa.Per essere un tantino più chiari, nelle elezioni regionali del Lazio non è difficile rintracciare chi si sente e si vive di sinistra incline a votare il centrosinistra liberista e clientelare di Zingaretti, così come gli inquietanti pararazzisti cinquestelle. Ovviamente li si sceglie con un misto di disagio e imbarazzo, ma comunque con quell’appiccicosa reticenza che ti resta addosso anche dopo averlo fatto.