CON LA CRISI CRESCONO LE SPINTE CLIENTELARI E VERSO IL VOTO DI SCAMBIO
Nelle elezioni politiche c’è una “legge bronzea” che viene costantemente sottaciuta dal circolo mediatico: quanto più un Paese è dilaniato dalla crisi economica e sociale, tanto più si assiste all’aumento esponenziale del voto clientelare e del voto di scambio. Crollate le strutture territoriali dei partiti e dei sindacati, sacrificate le istanze della rappresentanza sugli altari ideologici della governabilità da leggi elettorali capestro, i cittadini e le famiglie si aggirano smarriti negli out-let dei padroni del vapore, adescati dalla promessa di una raccomandazione, di un aiuto sottobanco per i figli disoccupati, ecc. ecc. Resta dunque una semplice alternativa: 1) non votare, o annullare il voto, ma si tratta di una opzione che, dal punto dei risultati è impossibile, se non per una cieca volontà di autoinganno e per inconsapevole conformismo. Il non voto, infatti, non fa che sanzionare la distribuzione dei seggi secondo quanto stabilito dai voti degli altri cittadini, cioè, per l’appunto, dalla massa dei voti clientelari carpiti con promesse illusorie dai funzionari a servizio dell’establishment politico-finanziario; oppure, ancor peggio, sfruttando il livore del razzismo e del fascismo che scarica astutamente le colpe della crisi sugli ultimi gradini della scala sociale.La seconda opzione mira in apparenza al “tanto peggio, tanto meglio”: punta cioè agli effetti che un voto inatteso può innescare su un quadro politico ingessato fino alla paralisi come quello italiano. Si tratta di indirizzare il voto verso un bersaglio che faccia deflagrare gli equilibri previsti e attesi, e costringa il ceto dirigente italiano a rifare i conti e a darsi nuovi obiettivi. In questo caso il voto può indirizzarsi prioritariamente alle formazioni a sinistra del PD: Liberi e Uguali o Potere al popolo, con la speranza che dopo il 4 marzo i loro leader possano riunirsi intorno ad un comune tavolo di intenti. Tertium non datur, a meno di non arruolarsi nella categoria contemplata dalla suddetta “legge bronzea”.
