PERCHE’ DIRE ” COSI’ AIUTATE SALVINI” E’ UN GRAVE ERRORE POLITICO

PERCHE’ DIRE ” COSI’ AIUTATE SALVINI” E’ UN GRAVE ERRORE POLITICO

«Così aiutateSalvini». Quante volte abbiamo letto e ascoltato questa esortazione a «non fare». Schierarsi nettamente dalla parte deimigranti? «Così aiutate Salvini». È giusto che imagistratiscoprano se nelblocco della Diciottisi siaconsumato un reato? «Così aiutate Salvini». Dite che ilministro dell’Internoè unfascista? «Così aiutate Salvini». Volete una contrapposizione alleEuropeefrasovranistieeuropeisti? «Così aiutate Salvini». Si potrebbe continuare. C’è un mondo didestrae, purtroppo, disinistra, che è convinto che qualunque cosa si faccia per contrastare Salvini aiuta a rafforzare la sua presa sullapubblica opinione. È probabile che alcuni di questicaveatsiano giusti e nascano dalla voglia di mettere in guardia da unalotta politicasenza sguardo lungo. Nella sostanza questi avvertimenti disarmano l’opposizione, introducono al suo interno l’idea che è meglio stare zitti e fermi perché qualunque cosa si faccia Salvini la rivolge a proprio favore. Qui c’è il successo culturale di Salvini. Cioè l’idea di non sbagliarne una e soprattutto di essere in sintonia con l’opinione pubblica profonda. Molti di quelli che criticano da sinistra aggiungono la famosa frase «e allora il Pd?». E sono tanti che premettono che il famoso Pd dovrebbe presentarsi davanti al tribunale della pubblica opinione con il capo cosparso di cenere prima di poter pronunciare frasi critiche sul ministro dell’Interno e sull’altro protagonista di questa fase, il vice presidenteLuigi Di Maio. C’è in questo modo di affrontare il tema di come si sta all’opposizione un cumulo dierrori politicie piscologici da antologia. Il primo è la subalternità all’avversario. L’avversario – è questo il pensiero nascosto – ha talmente ragione nel criticarci ed è talmente in sintonia con ilpopoloche la sua messa in discussione ci aliena ogni possibilità di fare politica. Il secondo errore è quello di considerare il tempo di oggi uguale a quello di ieri e cioè di continuare a pensare che chi segue Salvini vuole essere difeso mentreoggi chi segue Salvini vuole attaccare. Non è un cambio di passo di poco conto. C’è una differenza fra una plebe impaurita e inselvatichita e unmovimento di opinione pubblicache aspira al potere per annichilire l’avversario. C’è infine l’idea che la politica e leistituzionisiano indifendibili ovvero che nessunabattaglia di principiosi possa fare perché cozza con l’utilità politica immediata. Ecco che cosa fare: bisogna prendere tutte queste affermazioni che dissuadono dal combattere Salvini, anche con argomenti discutibili, metterle in quel posto lì e tirare la catena. Un’opposizione che si rispetti ha innanzitutto il dovere di opporsi. È banale? Pensate ai mesi scorsi quando non si batteva un chiodo. Opporsi significa contrastare in ogni modo, anche in modo poco intelligente, l’avversario per ripristinare una vecchia regola che il “buonismo” che negli anni finali diSilvio Berlusconiavevamo introdotto: non ci sono più nemici ma solo avversari. No, grazie a dio, ci sono i nemici, che vanno combattuti come nemici. Si possono mettere in discussione tutte le pratiche di lotta a Salvini, – io tifo molto per la pacificadisubbidienza civile-, ma deve essere chiaro che non si possono fare sconti alle idee, alla visione del mondo, alla semina di odio di Salvini. Si guadagnino o no voti, l’Italia che si oppone ai sovranisti-populistinon può perdere l’anima. Si può anche perdere la battaglia, ma alzando la bandiera giusta. Ci sarà un tempo in cui i cittadini se lo ricorderanno. Gli oppositori di Salvini devono tenersi alla larga da quelli che vedono in ogni stormir di foglia un vantaggio per il ministro degli Interni e tifano perquieta non movere. No, facciamo cose, facciamo anche ammuina, ma deve essere chiaro a tutti che Salvini non deve avere un attimo di tregua, che la sua gente deve veder crescere un popolo avversario che non ha paura, che ha alzato la testa, che ha la schiena dritta. La destra che avanza con le sueidee reazionariedeve avere paura, sennò straripa. Glielo dobbiamo dire in romanesco: «Ve fate male!». È questa la lezione che viene dalla storia del nostro Paese.