PREPARIAMOCI A UN ANNO DI PROTAGONISMO FEMMINILE
Sono attenta ai segni che chiudono questo anno nel mondo politico che seguo o frequento e parto dagli ultimi che ho ricevuto con mail: si tratta di quello che ha scritto Franca sulla mailing list di Non una di meno a proposito dell’ultimo “sottosopra” e la posizione rispetto a prostituzione e Gpa. E’ una mail molto articolata, che tenta una liason con il femminismo storico della Libreria delle donne di Milano, sopravvissuto con continuità dagli anni settanta, una mail che chiede una risposta “da centralismo democratico” ad un movimento femminista nazionale, nato tre anni fa, e consolidatesi con una giovane direzione monolitica che ha emarginato le due altre componenti fondatrici più “vecchie”, l’Udi e La rete Dire dei centri antiviolenza. La mail è rimasta senza risposta per ora a segnare l’imbarazzo sulle questioni che Franca coraggiosamente espone scrivendo per la prima volta. Una seconda mail arriva da Ndum di Catania, girata dall’amica Marita del tavolo rete terracorpiterritori, che denuncia il silenzio di fronte a varie sollecitazioni rimaste senza risposta “come se fermarsi a riflettere fosse uno spiacevole intralcio in un percorso a linea retta che non ammette ripensamenti e momenti di verifica”, riconosce differenze emerse nei vari incontri e non ritiene opportuno accanirsi “alla ricerca di una sintesi che avrebbe voluto dire livellare i contenuti della discussione fino al punto di ridurla all’insignificanza.” Le firmatarie rompono l’anonimato assumendosi la responsabilità della loro convinzione che si stia rischiando “la cristallizzazione di una direzione informale che accentra nelle mani di poche l’elaborazione strategica, lasciando alle molte di renderne esecutive le decisioni che ne derivano” e si chiedono se “il richiamo al consenso non sia un modo per scongiurare qualsiasi discussione sulla direzione di un movimento che ci pare sempre più orientato a supplire le carenze di una sinistra in agonia” Anche le amiche di Catania, che insistono sul fatto che nessun sindacato ha mai considerato il lavoro non pagato a cui questa società ci obbliga, mi hanno fatto respirare e sperare in una discussione finalmente aperta che arricchisca tutte. Nel frattempo la “sinistra in agonia” si dichiara tutta femminista naturalmente senza neppure capire cosa significa, nè tantomeno spiegare ad esempio cosa intende fare rispetto ai problemi sollevati nelle due mail, ma sperando che questo porti voti alle prossime europee perchè, si sa che a seconda di come le donne votano, si vince o si perde. Non è difficile capire la crisi della sinistra e non è il caso di lanciare anatemi ai traditori di governo o di opposizione: nell’ultimo decennio non sono solo peggiorate le condizioni di vita di molte persone impoverite dai giochi della finanza e dall’uso del debito per tagliare servizi essenziali oltre che dall’egoismo di molti produttori che hanno delocalizzato o licenziato; ci sono stati tolti diritti e speranze, in particolare noi donne siamo state sottoposte a una violenza crescente, e il nostro pensiero è stato infiltrato dal punto di vista maschile che ci ha disorientate. Intanto si sfarinava definitivamente un paradigma ottocentesco su cui era nata e si era sviluppata la sinistra: l’unica speranza veniva dal movimento ecofemminista che rappresentava concretamente la terza ondata femminista a fine secolo scorso come abbiamo testimoniato in l’ecofemminismo in Italia. La Carson con la sua Primavera silenziosa dimostrò già negli anni ’60 i danni all’ecosistema della chimica e costrinse a mettere fuori legge il DDT. In Italia fummo in grado di vincere un referendum per far uscire il nucleare civile dal nostro paese, unica realtà europea che seppe fermare una potentissima lobby. Con il convegno promosso dalle donne verdi a Bologna “madre provetta”, già alla fine deglia anni ’80 mettemmo in discussione tecnoscienza e medicina maschile sul nostro corpo, riaffermando la nostra autodeterminazione e l’inviolabilità del nostro corpo e della natura continuamente predata. Questa la base su cui si è fondato il nuovo paradigma non violento e armonioso di cui siamo portatrici. Il fatto stesso che dobbiamo dilungarci per capirci dimostra che il pensiero, le idee, i desideri non hanno trovato una collocazione teorica chiara o, meglio, ci è stata continuamente smontata, disorientandoci e separandoci. Ma resistere non basta, anche se devo ringraziare Ilaria e le amiche di Resistenza femminista per aver portato l’abolizionismo della prostituzione al centro del dibattito. Che da #Metoo si è approfondito e radicalizzato, svelando la base su cui poggia il potere maschile. Si sta quindi delineando sempre più chiaramente la prospettiva nuova da cui può nascere ed affermarsi finalmente un paradigma ecofemminista capace di giocare il suo protagonismo anche nelle istituzioni, come abbiamo cominciato a prospettare nelle neo rete europea Fun e nell’incontro di Roma alla Casa internazionale delle donne, di cui ho relazionato nei precedenti post e di cui ha scritto Monica Ricci Sargentini su la 27ora. Mi auguro che questo nuovo anno cominci con un confronto aperto e rispettoso delle differenze, ma entusiasta e conscio della nostra forza, perchè è tempo di inventare una nuova società, un nuovo stato, una nuova Europa a nostra misura, è tempo del nostro protagonismo e della nostra fantasia al potere, della nostra liberazione da lacci e lacciuoli patriarcali anche nelle forme organizzative, dal pensiero dominante che si introduce anche nei nostri territori.
