LEGGE TRUFFA PADANA, LA CALABRIA SPARIGLIA I GIOCHI, E MO’ SO’ CAVOLI AMARI PER IL NORD

Alla fine, alla faccia degli increduli e sfiduciati, è successo: una Regione del Sud, all’unanimità, ha votato un documento contro la Secessione dei ricchi (Veneto, Lombardia, Emilia Romagna), con previsto saccheggio della cassa comune, ma simpaticamente detta “Autonomia differenziata”.Tanto di cappello: il lavoro di informazione svolto da tanti, a ogni livello, online e nel territorio, ottiene un risultato che sarebbe forse stato impossibile a partiti strutturati e forniti di ben altri mezzi. Ora molti faranno osservazioni non infondate, che potrebbero ridurre la portata di questa prova: è l’azione semi-disperata di un presidente di Regione, Mario Oliverio, costretto al domicilio coatto dalla magistratura; è il tentativo di smarcarsi da un partito, Il Pd, ormai allo sbando e in mano a una pattuglia del Nord che fa concorrenza alla Lega nella guerra contro il Sud; è l’unanimità di un Consiglio regionale in cui non è presente il M5S e che, con un siluro del genere, può mettere il movimento in difficoltà (specie alle prossime elezioni regionali), considerati i rapporti già tanto conflittuali con l’alleato leghista; è una botta di macchine del consenso che si sentono minacciate dai nuovi padroni della politica (Lega e M5S)… Ok, continuate a piacere. C’è del vero in ognuno di questi ragionamenti e anche in altri. Ma la cosa più vera e che conta è che quella votazione ci sia stata e ora pesa come un macigno sul percorso politico (un modo di dire, perché più che percorrere, “stanno”) di leader visti come possibili guide dell’azione meridionale: Michele Emiliano, Luigi de Magistris, Vincenzo De Luca, per dire dei più “attesi” (un po’ troppo attesi…), alla testa delle Regioni più grandi e attive, della maggiore città, ancora di fatto capitale. Incredibilmente, invece, ora è nella condizione di divenire un punto di riferimento e di coagulo delle istanze meridionaliste, il più debole politicamente, con una situazione diciamo complicata (va bene “complicata”?), tanto da essere ormai considerato fuori gioco; con una agibilità politica fortemente… condizionata, e alla guida della Regione più povera e peggio messa. Eppure, la cosa ha una sua logica: in “Giù al Sud” (2011) scrivevo che sarebbe stata la Calabria la prima a muoversi davvero e da cui sarebbero venute le iniziative e le soluzioni maggiori, perché la terra che sta peggio è costretta a darsi più da fare per far fronte ai suoi problemi. Ed elencavo una serie di queste vie tentate in campi diversi: da “Resto al Sud”, allora fortissimo, il movimento ideato da Pippo Callipo, per non cedere alla ‘ndrangheta, al metodo di Mimmo Lucano (Riace) e Giovanni Manoccio (Acquaformosa), per rispondere all’emergenza immigrazione con efficienza e umanità; alla straordinaria esperienza di Goel, condotta da Vincenzo Linarello e ormai fonte di ispirazione e imitazione ovunque, per creare lavoro in zona di mafia e contro la mafia; al coraggio dei don Pino De Masi, di Pino Masciari, di Nino De Masi, di Gaetano Saffioti; alla creazione, da parte di un giovane professore universitario, Giancarlo Costabile, di un corso universitario unico e innovativo, Pedagogia della Resistenza, che è divenuto uno dei fenomeni più studiati. Vi risparmio l’elenco, ma devo segnalare che vengono dall’università della Magna Grecia di Catanzaro le ricerche (i docenti Vittorio Daniele e Paolo Malanima) che hanno ricostruito le vere condizioni economiche delle regioni del Sud, al momento dell’Unità; che la facoltà di Sociologia di Catanzaro è diventata la migliore d’Italia, con mezzi miserrimi; e imprenditori e ricercatori calabresi stanno riscoprendo le potenzialità del Bergamotto e costruendo una economia; che fra i gruppi meridionalisti, uno dei più attivi in assoluto è Agenda Sud Calabria: furono loro a scoprire il trucco con cui le Regioni secessioniste del Nord puntano, q norma di legge, anzi di Costituzione (violentata) a trattenere i 9/10 delle tasse statali, come se fossero territoriali; ed è stato un sindaco calabrese, Michele Conia, il primo ad avviare una azione legale contro lo Stato ladro di Sud, per chiedere la restituzione dei fondi garantiti dalla Costituzione e sottratti, con la complicità del Parlamento, dalla “solidarietà“ padana… Insomma: se metti in fila le cose, lo stupore iniziale svanisce e si spiega quello che è accaduto. Ora, non mi importa come e perché, mi importa il cosa. Non ho cambiato idea da quanto scrissi in “Terroni”: unirsi sulle soluzioni, i progetti, per non dividersi sulle idee. Questa mossa calabrese è un punto di ripartenza che mette tutti gli altri in mora. L’azione che in tanti abbiamo svolta e che a tanti altri poteva sembrare inconcludente, ha visto ingigantirsi con la discesa in campo del mondo della cultura, l’appello di Gianfranco Viesti e le decine, ormai centinaia di docenti universitari che si sono schierati contro la Secessione; ha indotto il M5S a dedicarsi con maggior attenzione alla cosa e un numero crescente di pentastellati del Sud sta facendo sua questa battaglia, con competenza e decisione; le Regioni e i partiti del Nord abituati a far man bassa e agire senza ostacoli hanno scoperto un Sud che reagisce, controbatte, svela i loro inganni e la portata della loro avidità. Diciamolo (sarebbe stupido, ormai, far finta di niente): a dettare l’agenda politica è il Sud. E non cercate quale partito, quale associazione, quale leader: la società meridionale, con idee diverse, dal basso, senza mezzi, tanto impegno, ha costretto i signori della stanza dei bottoni a prendere atto che il Sud c’è e non lo si può continuare a ignorare o a saccheggiare, a prendere in giro.Questa decisione della Regione Calabria pone problemi colossali al Pd (schierato con Salvini, sull’Autonomia e con responsabilità maggiori di quelle di Salvini: è stato il governo Gentiloni a far passare la porcheria del patto con uso di rapina dei secessionisti); pone problemi colossali agli altri presidenti del Sud; pone problemi serissimi al centrodestra, perché se gli ex (ex?) “colerosi per Salvini” sono pronti a svendere la loro terra e la loro gente alla Lega, in Forza Italia si sta aprendo una voragine fra esponenti del Sud e del Nord; pone problemi enormi al M5S, che fortissimo (ora meno) al Sud, può vedersi sfilare una bandiera vincente da chi pareva ormai politicamente defunto. E ci pensate se una cosa simile fosse venuta dalla Puglia, dalla Campania? Invece, con un colpo solo, la “povera Calabria” ha sparigliato tutti i giochi. Certo, ora bisognerà stare attenti a che la cosa non si riduca a una mossa tattica, finalizzata ad altro. Ma il segnale resta fortissimo: si sono accorti che il popolo, al Sud, ormai è consapevole e sta da un’altra parte.Il 15 di febbraio c’è una manifestazione a Roma, davanti a Montecitorio, contro lo scempio della “Autonomia-Secessione”. È stata indetta dai sindacati di base; quelli ufficiali (Cgil, Cisl, Uil) sono stati capaci di proclamarne una, alcuni giorni prima, contro l’operato del governo, senza un cenno, una parola sulla questione più importante, che sfascia il Paese: l’Autonomia. E badate che fra i primi a firmare l’appello di Viesti contro i secessionisti, ci fu l’allora segretaria nazionale della Cgil, Susanna Camusso, l’intera Cgil pugliese.Il silenzio della triplice sindacale è un chiaro segno dell’enormità della questione, che spacca anche le organizzazioni dei lavoratori, geograficamente. E allora, meglio far finta di niente.Noi, il 15 febbraio, a Roma ci saremo. Non facciamo finta di niente. E chiederemo alla Regione Calabria di venire con i suoi rappresentanti; ai sindaci del Sud di essere lì con le fasce tricolori e i gonfaloni. Non è più tempo di teste infilate nella sabbia.