FEMMINICIDIO A SAVONA. UCCIDE LA MOGLIE AL KARAOKE

FEMMINICIDIO A SAVONA. UCCIDE LA MOGLIE AL KARAOKE

-Ti ricordi di me?- Quattro parole,scarne, fredde. Poi il nulla, il baratro e il buio per Deborah Ballesio, 39 anni. È accaduto ieri sera a Savona, in una serata di luglio, in un locale dove l’allegria avrebbe dovuto regnare sovrana. Deborah stava conducendo uno spettacolo di karaoke nel locale Aquario di Via Nizza. Tanta gente a divertirsi, ad affidare alle note la voglia di un canto a perdersi nella notte. Giovani, meno giovani, bambini nelle goliardiche sere che solo l’estate sa regalare. Deborah doveva guadagnarsi da vivere. Istrionica, coinvolgente, amava quel suo lavoro/ passione che la portava a stare a contatto con la gente. Dietro il sorriso pronto e genuino celava i drammi della sua esistenza riconducibili a un nome: Domenico Massari, il suo ex marito. Una separazione dolorosa, denunzie contro un uomo descritto in quelle carte come violento, più volte accusato di stalking. Era stato arrestato per quelle denunzie il quarantottenne. E aveva scontato anche una pena per aver appiccato il fuoco al night ” Follia” gestito da Deborah, nel 2015. Per quelle violenze, Domenico aveva patteggiato la pena e nei suoi confronti era stata disposta anche la misura accessoria del divieto di avvicinamento alla donna. Ieri sera alle 22’30 l’uomo ha fatto irruzione nel locale, ha pronunciato le quattro parole e ha aperto il fuoco. Un bersaglio incredulo, immobile, spacciato. Un manichino goffo afflosciato in terra senza più vita, speranza, sogni. Una vera e propria esecuzione in una notte di mezza estate. La furia omicida dell’uomo ha fatto altre vittime: una signora di 62 anni colpita ad una gamba da un proiettile e un’altra donna raggiunta da diversi colpi. Entrambe le donne sono state portate con urgenza in ospedale. Miracolosamente illesa una bambina ignara spettatrice della mattanza e una donna in gravidanza in forte stato di shock. L’uomo, nei concitati istanti successivi, si è dato alla fuga. Adesso è caccia aperta per assicurarlo alla giustizia. Giustizia che Deborah non riceverà più, il suo sole si è spento al suono metallico di quattro terribili parole:-Ti ricordi di me?- -Denunciate!-è l’imperativo ripetuto alle ragazze nelle scuole-al primo schiaffo, denunciate! Nessuna donna è proprietà di un uomo, nessuna deve vivere dentro un amore malato- E le donne, crescendo, ci hanno creduto. Denunciano. Una, due, tante volte.Loro la partita l’hanno giocata. Necessitano adesso, dinanzi a un fenomeno evidentemente endemico,di accorgimenti normativi. L’ ordine di protezione previsto in sede civile e penale, l’ordine di allontanamento, provvedimenti entrambi cautelari, di primo ausilio e passibili di reiterata applicazione, non bastano più. Quando l’ odio prevale su ogni razionale pensiero, essi non costituiscono un deterrente. L’inottemperanza ai due ordini stabiliti dalla magistratura in caso di violenza e abusi familiari fa scattare, infatti, un procedimento penale a carico dell’ inadempiente con i suoi tempi e i suoi meccanismi. Modificare la cultura di un popolo richiede tempo dovendo ripartire dai ragazzi. Il tempo che le donne vittime di violenza non hanno. Occorre, forse, rivedere la normativa in tema di misure di prevenzione e protezione affinché lo divengano effettivamente e non rimangano solo bellissime e perentorie parole scritte su un foglio ” in nome del popolo italiano”.