SOLIDITA’, CORAGGIO, FONSECA. IL PUNTO D’ORO DELLA ROMA

E’ dorato e brillante il punto che la Roma porta a casa, prezioso souvenir della gita a San Siro, in casa dell’Inter capolista. Fonseca inchioda Conte, con un azzeccato cocktail di coraggio, grinta e fortuna, dimostrando solidità pur senza (almeno dall’inizio) Dzeko e Pau Lopez, e con l’infortunio dopo una manciata di minuti di Santon (dentro Spinazzola). L’Inter di Conte, è innegabile, ha una tecnica superiore: gioca fluida sapendo quando abbassarsi e quando salire, come rifiatare e come pressare, e sfiora la rete in almeno tre nitide occasioni. E se due volte il sostituto Mirante ripaga pienamente qualche incertezza con due ottimi interventi, la terza la getta Vecino, che calcia altissimo da qualche metro. Se consideriamo che la Roma ha tirato in porta fondamentalmente una volta (indovina chi? Zaniolo!) il pareggio può sembrare striminzito per i nerazzurri, eppure la Roma ha retto botta. Senza la profondità di Dzeko ha tenuto, in difficoltà ma senza mai sfaldarsi. La Roma al netto gioca con quattro difensori e sei centrocampisti. Attaccanti zero, perché Dzeko è reduce dalla febbre e Kalinic… meglio Zaniolo prima punta. Mikhitarian proprio attaccante non è mai stato, e Perotti segna su azione ogni numero di Avogadro di partite, ergo se non manca la fantasia, oltre alle sopracitate doti di coraggio e fermezza, manca del tutto la finalizzazione. Manca la verticalità, la profondità, la punta. Ma soprattutto manca chi salta l’uomo: Perotti al momento non sta in piedi e non salterebbe il guardalinee, l’armeno è fondamentalmente un trequartista, mentre Kluivert ha allegramente deciso di sfasciarsi su un avversario la partita prima. Le condizioni di partenza non sono ottimali, eppure, qui dove la tecnica non arriva, arriva l’allenatore. Fonseca tiene sempre alti gli esterni difensivi, che sfiancati arrivano poco al cross ma costringono l’Inter a ripiegare continuamente a cinque. Secondo poi inzeppa il centrocampo abbassando invece gli esterni d’attacco, fermando nel mezzo Valero e Vecino, poco efficaci rispetto al solito, ingolfando il motore dell’Inter per lunghe frazioni di gioco. La difesa giallorossa fa capitolo a sé. A tratti Mancini e Smalling sono impressionanti. Cercano sempre l’anticipo, sgomitano, spingono, escono persino palla al piede in dribbling per impostare. Eppure la Roma, se fosse stata poco più sfortunata, avrebbe preso tre gol. Il punto è che la parte dell’agonismo va bene. Quando la palla arriva all’avversario di spalle e devi giocare sul tempo, sulla forza, sulla volontà i centrali giallorossi rendono. Quando si tratta dei giusti movimenti, chi coprire sul cross proveniente da sinistra o su chi scalare sul cambio di fronte arrivano le imprecisioni. E se giochi contro Conte e la sua gang, le imprecisioni possono costare caro. Kolarov resiste ma è in notevolissimo affanno, Spinazzola subentrato all’infortunato Santon fa molto fumo e poco arrosto, portandoci dritti al capitolo Florenzi: perché non giochi, ad esempio al posto del cadavere di Perotti, è un mistero. Forse Fonseca predilige esterni difensivi fisici, e non ama il piccolo romano, ma Spinazzola fin’ora non credo abbia dimostrato di valere molto più del numero ventiquattro. Il capitolo resta quello di un libro giallo. A centrocampo Diawara cresce di intensità, ma è sporco e impreciso, mentre Veretout, oltre a perdere un pallone quasi mortale con assoluta leggerezza fa più numero che altro. Se fra i nerazzurri spicca Lukaku, esuberante e fisicamente mostruoso, Zaniolo prima punta è un esperimento riuscito a metà: corre, tenta, gioca come sempre, ma non ha (per forza di cose) i movimenti giusti. Insomma, la prima punta non l’ha mai fatta, e questo pesa. Il velenosissimo Lautaro non è in giornata, e pur strappando brividi e sudore freddo ai supporters giallorossi non centra mai la porta. De Vrij stupisce per eleganza e sicurezza, un difensore raffinato e potente, al pari del collega Skriniar, mentre ancora è sottotono Godin. Eppure l’Inter tre belle occasioni (almeno) le confeziona, muovendo con bene sugli esterni di centrocampo ma soprattutto giocando con calcolo e sicurezza. Se la Roma sale noi scendiamo, aspettiamo, chiudiamo, pazienti e sereni. Se la Roma rifiata saliamo, gli esterni spingono, Lautaro e Lukaku sono costanti spine nel fianco. Eppure non basta, complice Mirante, imprecisione e qualche piccola sfortuna l’Inter non riesce mai a buttarla in rete. Il pareggio finale sorride più ai giallorossi che ai nerazzurri, che possono subire il controsorpasso juventino e che escono dal campo più delusi che altro. La Roma invece può dirsi soddisfatta, anche se la prova di forza è solo a metà. Se da un lato Fonseca si prende sempre più la squadra, riuscendo a far sentire importanti tutti (tranne Florenzi), e se la Roma dimostra compattezza e consapevolezza, dal lato opposto manca ancora precisione, cattiveria nell’ultima scelta, e organizzazione difensiva, che sbanda a troppi tratti. Adesso i giallorossi hanno a disposizione nove punti non facili ma possibili per finire l’anno al massimo delle sue possibilità.