CHI FA LA POLITICA ESTERA AMERICANA?

Alla Casa Bianca ormai non passa giorno senza che piovano calcinacci. In senso metaforico, è ovvio. Ma fino a un certo punto. Perché il polverone che si solleva da cotante continue cadute, va trasformando l’augusto palazzo in uno di quegli edifici che stanno in piedi per miracolo dei santi. Nell’attesa che qualcuno gli assesti la calcagnata definitiva. Non parliamo di tubi che perdono, di soffitti umidi e ammuffiti o di muri scrostati, ma ci riferiamo più semplicemente all’Amministrazione Trump, che sembra diventata come un tram di San Francisco, dove si scende e si sale al volo, senza che nessuno quasi se ne accorga. Questa volta è toccato a Sebastian Gorka, “U.S. President deputy assistant and adviser”, un titolo lungo un chilometro per significare che era un personaggio importante e che i suoi “consigli” espressi nello Studio Ovale contavano molto. Beh, Gorka, com’è capitato prima di lui a un altro battaglione di “vip” che Trump aveva scelto per farsi aiutare nel governo del più importante Paese del mondo, si è dimesso. O, per essere più precisi, lo “hanno dimesso”. Velenosi spifferi di corridoio parlano di un decisivo intervento di John Kelly, l’ex generale che è capo dello staff del Presidente e che non si fa posare la classica mosca sul naso.