MIGRANTI: C’E UN MODELLO CHIAMATO SESTO

C’è un modello che mette al centro il tema dei migranti e viene realizzato a Sesto Fiorentino, nella piana di Firenze, Prato e Pistoia.Ed adesso la città guidata da Lorenzo Falchi, approda sulle pagine di un importante quotidiano inglese The Guardian. “I migranti hanno conquistato l’amicizia dei fiorentini diffidenti”. E’ questo il titolo dell’articolo che ha piacevolmente stupito i sestesi. È quello che ha portato la città satellite di Firenze al centro delle attenzioni inglesi è un nuovo modello di integrazione.Tutto era iniziato con una lettera seguita da un’assemblea di cittadini preoccupati per l’arrivo nella città di una cinquantina di profughi.Fatti come succedono in tante parti del Paese e che alimentati ad arte contribuiscono ad alimentare un clima di paure ingiustificato ed ingiustificabile.Questa volta però si è voluto reagire in un modo diverso.La sfida è stata lanciata dal sindaco Lorenzo Falchi che dopo il confronto ha voluto lanciare il progetto Cas avviato nell’ex hotel Il Gerlino, proprio nel centro della città.I giovani che li sono ospitati hanno iniziato a partecipare a un progetto di lavori socialmente utili.Si è voluto iniziare ripulendo una delle piazze più importanti, di Sesto Fiorentino, piazza Vittorio Veneto, dove fra l’altro ha sede anche il palazzo comunale.I migranti, provenienti dall’Africa, in maggior parte dal Mali, dal Senegal, ma anche da Bangladesh, e Pakistan, questa volta non erano soli a togliere carte e mozziconi.Con loro, o meglio insieme a loro hanno lavorato un gruppo di pensionati.Particolarità di questi uomini che hanno scelto di lavorare gomito a gomito con questi giovani in cerca di una vita degna, migliore, è che loro stessi sono stati, un tempo, migranti dal profondo sud del nostro Paese.E come loro hanno sofferto nell’abbandonare la terra dove erano nati e sperato di trovare un destino migliore.Tutto questo, questa comunanza di storie così lontane ed al tempo stesso così vicine, ha dato il via ad una sorta di vera e propria interazione fatta di conoscenza e collaborazione.La città ha capito trasformando paura e diffidenza in attenzione, curiosità e comprensione.Un cammino, non semplice, non scontato dal risultato per alcuni inatteso ma per questo ancora più bello. A completare l’inchiesta la storia di Pape Diaw, arrivato in Italia dal Senegal, oggi impegnato come mediatore culturale ad ascoltare e incoraggiare cambiamenti e soluzioni di possibili conflitti all’interno del progetto promosso da Il Cenacolo al Gerlino.Non solo, il progetto è andato avanti, permettendo di dare luogo anche ad un incontro settimanale in piazza tra i residenti locali e i migranti che vede coinvolta anche la categoria dei commercianti. “Il nostro – ha dichiarato Matteo Conti, presidente de Il Cenacolo, la cooperativa che gestisce l’operazione – è un modello dove l’accoglienza di persone provenienti da altri Paesi in situazione di forte disagio, si coniuga con un lavoro importante di integrazione verso il territorio, verso la comunità che li ospita e verso i cittadini”.Un’esperienza che ha varcato i confini del Paese arrivando fino al Regno Unito colpendo la sensibilità del quotidiano britannico che nel servizio ha spiegato che Sesto Fiorentino ospiterà presto anche una moschea per i trentamila musulmani dell’area fiorentina e che il sindaco “Falchi spera che questo angolo di Toscana possa essere un faro di ottimismo per il resto dell’Italia, anche se i partiti sfruttano la crisi dei migranti per ottenere un vantaggio politico prima delle elezioni generali del 4 marzo”.E concludendo: “E’ bello leggere della nostra città su una testata importante come il Guardian a proposito di una esperienza positiva di accoglienza, dialogo, integrazione”.La città della dunque esempio di come l’integrazione possa essere percorsa in modo costruttivo ma non è solo Sesto ed i suoi cittadini ad essere al centro dell’attenzione.Per altri versi, aveva destato scalpore la notizia delle proteste da parte di una comunità del Molise che aveva visto chiudere un centro di accoglienza ben integrato ed accettato sul territorio.Ripabottoni, un paese di poco più di 500 abitanti in provincia di Campobasso, in Molise, era finito sui media nazionali per via di una protesta degli abitanti a favore di un gruppo di richiedenti asilo. La ragione della protesta era stata la chiusura del centro di accoglienza straordinaria (CAS) Xenia, decisa dalla prefettura, che ospitava 32 persone.