STUPRO DI RIMINI: SBUCANO 2 TESTIMONI

STUPRO DI RIMINI: SBUCANO 2 TESTIMONI

Le telecamere hanno ripreso i quattro responsabili delle violenze: sarebbero nordafricani dall’aspetto non trasandato.Indizi incrociati con il traffico telefonico di alcuni spacciatori. Il 12 agosto molestata una coppia di Varese, incroci in atto. Il cerchio si stringe e ora i sospettati sono una quindicina.Nessuno di loro, al momento, è però indagato.Per ora si procede a un approfondimento investigativo.A questi nomi gli uomini della Squadra Mobile di Rimini sono arrivati incrociando testimonianze e immagini delle telecamere di videosorveglianza, una decina, che riprendono i quattro prima e dopo la violenza e lo stupro della coppia di amici polacchi, nella notte fra venerdì e sabato scorsi.Nei fotogrammi si vedrebbero  giovani di pelle olivastra, due con il cappuccio della felpa in testa e dunque meno riconoscibili. L’aspetto non è trasandato.Anzi, il video più nitido inquadradrerebbe  delle persone in apparenza curate.Le immagini sono state catturate da una telecamera posizionata sulla strada percorsa a piedi dalla banda dopo l’aggressione al Bagno 130, teatro dello stupro della ventiseienne polacca, verso la Statale adriatica, dove gli stessi malviventi hanno violentato e rapinato la trans peruviana. ” Sì, sono loro», hanno confermato le vittime. DUE TESTIMONIC’è qualcuno che ha incrociato il gruppo degli aggressori quella notte intorno alle 4.Sono due persone, due testimoni le cui deposizioni sono state messe in cima al fascicolo aperto dalla Procura di Rimini per violenza sessuale e rapina.Dai dati fin qui raccolti, l’ipotesi degli inquirenti è che non si tratti di sprovveduti, né di sbandati, ma di persone che comunque farebbero  uso di sostanze stupefacenti e per procurarsele le spacciano.Quella sera probabilmente avevano assunto una droga da sciogliere in acqua.Un’altra ipotesi della squadra investigativa è che non siano dei senzatetto ma che vivano stabilmente in Riviera e frequentino i locali di Rimini Sud.L’indagine tradizionale è stata implementata da quella tecnica e scientifica, della quale si stanno occupando anche gli esperti dello Sco, il Servizio centrale operativo della polizia, che stanno analizzando i flussi telefonici nella zona delle violenze, a quell’ora della notte.L’obiettivo è scovare una compatibilità dei cellulari dei sospettati con le celle telefoniche dell’area di Miramare. Mentre i carabinieri di Rimini hanno fatto sapere che nella stessa zona, vicino a una discoteca, la notte del 12 agosto è stata commessa anche un’altra rapina con molestie sessuali da parte, con ogni probabilità,  di giovani magrebini ai danni di una coppia di turisti trentenni di Varese, che sono riusciti a scappare e hanno sporto denuncia.” Stiamo verificando se i responsabili possano essere le stesse persone», dicono in Questura. INVESTIGATORI POLACCHIIn Polonia la notizia del brutale stupro della 26enne studentessa lavoratrice ha avuto una vasta eco mediatica.Il ministro della Giustizia e procuratore generale di Varsavia, Zibgniev Ziobro, ha aperto un’indagine, mentre un giudice istruttore e alcuni investigatori partono oggi alla volta di Rimini per affiancarsi ai colleghi italiani.” È stato commesso un crimine orribile», ha dichiarato Ziobro dalla capitale polacca. «Per le bestie di Rimini ci vorrebbe la pena di morte e non sarebbe male tornare alle torture», è stato il commento del suo vice, Patryk Jaki.Nel frattempo all’ospedale «Infermi» di Rimini sono arrivati la madre del giovane e il fratello di lei, ospiti della città che si sta stringendo alle due vittime.Mentre i due ragazzi, preoccupati di essere riconosciuti in Polonia, hanno chiesto che in futuro, a seguirli nei controlli sanitari, siano gli specialisti dell’ospedale romagnolo. LA FRASE CHOCdel mediatore culturale di Bologna: «Brutto all’inizio, poi alle donne piace»L’uomo, che lavora per la cooperativa Lai-Momo, aveva così commentato l’episodio: è stato sospeso.È polemica dopo la notizia, diffusa oggi dal QN, del commento apparso sul suo profilo Facebook sugli stupri di Rimini in cui un dipendente della coop sociale Lai-Momo, un mediatore culturale di 24 anni, dal nome arabo, parlava dello stupro come «peggio ma solo all’inizio, poi la donna diventa calma ed è un rapporto normale». LA VICENDA – Commento, rimasto online pochi minuti e poi rimosso, ma condannato duramente dalla coop e al centro di un dibattito infuocato. «In merito al commento sulla pagina Facebook del Resto del Carlino concernente i gravissimi fatti di Rimini, abbiamo verificato e confermiamo che si tratta del profilo Facebook di un nostro dipendente. Ribadiamo la nostra ferma condanna delle affermazioni contenute in questo post, in quanto profondamente contrarie ai principi che sono alla base del nostro pensiero e del nostro modo di lavorare. Stiamo prendendo tutti i provvedimenti necessari e confidiamo di potervi aggiornare in merito al più presto» ha annunciato sempre su Facebook la cooperativa. LE POLEMICHE – «Frase choc del mediatore culturale: “Lo stupro? brutto solo all’inizio”. Certo ad ogni donna piace essere violentata, fa solo un po’ la ritrosa nei primi momenti.. gente così meriterebbe solo di stare in galera, è inammissibile ciò che dice e pensa, fosse per me, andrebbe rivista la sua posizione in Italia…».L’ha scritto sulla propria pagina Facebook la consigliera comunale della Lega Nord, Lucia Borgonzoni, condividendo la notizia.Borgonzoni, nel suo post di oggi ha detto di aspettarsi sul tema «una presa di posizione dalla comunità islamica cittadina, visto che la frequenta o la frequentava». LA RICOSTRUZIONE DELLA COOPERATIVA – «Al di là di ogni ferma condanna morale già espressa, riteniamo che questo comportamento abbia danneggiato gravemente la nostra immagine e abbiamo preso fermi provvedimenti, in base a quanto consentito dalla legge.Nel rispetto delle disposizioni vigenti e del contratto nazionale delle Cooperative sociali, infatti, abbiamo avviato una procedura disciplinare e contestualmente abbiamo sospeso il dipendente in via cautelativa da ogni attività lavorativa».È questo il primo provvedimento preso dalla cooperativa sociale bolognese Lai-momo nei confronti del loro dipendente .L’associazione, che già in un post su Fb aveva fermamente condannato il contenuto del commento, ha spiegato in una nota che l’autore è un suo collaboratore occasionale dal dicembre 2016 e, a partire dal 5 agosto scorso, è stato assunto a tempo determinato, per una sostituzione di malattia con mansioni di operatore dell’area sociale.Quanto alle modalità con cui è stato scelto «la coop Lai-momo seleziona i propri collaboratori a partire dall’analisi dei curriculum che riceve – spiegano – ai quali, in caso di interesse, fa seguire la convocazione ad alcuni colloqui di valutazione, durante i quali rileva la compatibilità dell’approccio professionale del candidato all’ambito in cui dovrà operare.Non è consentito dalla normativa vigente in materia di riservatezza dei dati sensibili, effettuare accertamenti o indagini sulle opinioni personali dei collaboratori, in fase di selezione e nel corso del rapporto di lavoro».L’assunzione dell’uomo, quindi, «è avvenuta dopo un periodo di collaborazione occasionale in cui sono state verificate la correttezza e professionalità del suo operato, che ci sono state confermate oggi dai coordinatori e dai colleghi a lui più vicini, scossi e stupiti dal suo commento Fb, che mai avrebbero immaginato e dal quale, ovviamente, si dissociano completamente».