BRUNERIANI CONTRO CANELLIANI
Rio de Janerio,11 dicembre 1941. Nella città del carnevale più famoso del mondo si spegneva Giulio Canella. O forse no, ma per comprendere appieno il senso del dubbio bisogna tornare indietro nel tempo e nei luoghi, in Italia, per la precisione a Torino, il 10 marzo 1926. Nella città sabauda infatti, all’interno del cimitero israelita, in quella data venne arrestato un uomo che stava cercando di rubare un vaso di rame. Secondo i resoconti dei Carabinieri, l’uomo, che non ricordava il proprio nome nè tantomeno come fosse arrivato in città, si rivolse in dialetto torinese agli agenti, chiedendo di essere rilasciato. Dopo un rapido esame, per prelevare le impronte da spedire a Roma, quel tale venne mandato al Manicomio reale di Collegno, dove divenne il numero 44170. E con quel numero, circa un anno dopo, venne pubblicata la sua foto sui quotidiani, a corto di notizie e quindi ben disposto a riportare fatti curiosi, anche se in fin dei conti banali. Ma qualcuno vide quella foto, ed ebbe una rivelazione. Si trattava di Giulia Concetta Canella, che appena vista la fotografia di quell’uomo con la barba si convinse di aver finalmente ritrovato suo marito, l’esimio professor Giulio Canella, studioso di fama dato per disperso in Macedonia durante gli anni del primo conflitto bellico mondiale. Ottenne il permesso di visitare quell’uomo, e per non influenzare l’esito dell’incontro, finse, su consiglio dei medici, di camminare nel chiostro del manicomio, senza dar segno di conoscere lo smemorato. Ci vollero quattro incontri casuali perchè lui mostrasse prima interesse e poi vaghi segnali di riconoscimento di quella donna, fino alla quarta occasione appunto, in cui dopo essersi abbracciati lui accennò ai figli. Lei era già certa che si trattasse di Giulio, il suo Giulio, sposato che era poco più di una bambina e perso poco tempo dopo aver avuto da lui due figli. Una donna costretta alla vedovanza pur senza certezze, in una Verona troppo piccola e cattolica per poter rifarsi una vita. E finalmente ora il suo Giulio era tornato da lei. Tutti i quotidiani pubblicarono la notizia dello smemorato che ritornava a casa con la moglie dopo 10 anni di assenza anche da se stesso. Il lieto fine era assicurato, o perlomeno lo sembrava, ma una lettera anonima indirizzata al Regio Questore di Torino, pochi giorni dopo la notizia, rimise tutto in movimento, in quanto nella missiva si dichiarava che lo smemorato era in realtà tale Mario Bruneri, un anarchico condannato per truffa e lesioni, ricercato dal 1922. Al povero questore non restò altra scelta che far arrestare il redivivo Canella, per farlo identificare dai familiari del Bruneri, moglie e figlio. Entrambi videro in quell’uomo il marito ed il padre, e poi anche le sorelle lo riconobbero, e suo fratello. Anche la sua amante affermò che si trattava del Bruneri, ma fu il raffronto delle impronte digitali da parte della Polizia che confermò quanto scritto nella lettera. Lo smemorato non era Canella ma Bruneri. Anche la stampa nazionale si interessò al caso, e le direttive, sotto forma di veline, davano chiare indicazioni su quale tesi sostenere: lo smemorato era Bruneri. Così aveva deciso il Partito Nazionale Fascista e così doveva risultare. Lo scontro tra Canelliani e Bruneriani assunse forme anche aspre di dibattito, ogni fazione portava avanti la propria tesi con argomentazioni convincenti, tra cui riscontri fisiognomici e psichiatrici. Venne tirata in ballo anche un’altra amante del Bruneri, tale Camilla Ghidini, che venne accusata di essere stata la mente dietro allo scambio di persona, solamente per avere la possibilità di vivere alle spalle della famiglia Canella. Ma anche quella pista venne tralasciata, importava solo chiudere la vicenda, e la parola fine la mise la Cassazione. Bruneri era lo smemorato, e non Canella, dichiarando illegittimi i figli avuti dalla coppia dal 1927 al 1931, periodo in cui si erano ricongiunti. Anche la Chiesa dichiarò l’unione illegittima, Bruneri-Canella scontò la pena residua in prigione e poi, assieme alla sua nuova, o forse vecchia famiglia,emigrò in Brasile, per vivere lontano dai riflettori. E li si spense, registrato all’anagrafe come Julio Canella, nel 1941. Si sa però che alcune vicende sopravvivono ai loro stessi protagonisti, ed è ciò che è accaduto anche alla vicenda dello smemorato di Collegno, e col passare del tempo altre testimonianze ed altre prove a sostegno dell’una e dell’altra tesi vennero fuori, tra cui quella di una nobildonna inglese, che dichiarò di essere certa che Canella e Bruneri si erano conosciuti, e che le informazioni sulla famiglia del Canella fossero state carpite e poi utilizzate dal Bruneri per sedurre l’ignara moglie. La trasmissione “Chi l’ha visto”, nel 2014, fece effettuare una analisi del DNA dei discendenti del primo figlio di Canella e di quello dell’ultimo figlio della coppia dopo il ricongiungimento, ma quando vennero lette dal discendente legittimo, costui non rivelò l’esito, anche se, secondo alcuni testimoni, la sua espressione di delusione dissipò ogni dubbio.
