COMPAGNI

COMPAGNI

A molti farebbe bene vedere il film “I compagni” di Mario Monicelli. Tutta la storia, ambientata nella Torino operaia di fine Ottocento, è punteggiata dalle collette organizzate da quegli operai, per aiutare un loro compagno che ha perso una mano, per sostenere un altro che è stato sospeso, per mantenere la famiglia di un altro ancora che è stato messo in carcere e così via. Per quasi tutto il film vediamo Omero, il più giovane degli operai, girare con il cappello tra i colleghi per raccogliere i soldi delle collette. Non erano più buoni di quanto lo siamo noi – o forse lo erano, ma non è questo il tema – è che sapevano benissimo che in quel tempo quelle collette erano l’unico aiuto che potevano ricevere e quindi dare oggi un qualche soldo per un compagno in difficoltà, e quindi fare un sacrificio perché la miseria era nera per tutti, significava poter ricevere qualcosa domani, quando loro avessero avuto bisogno. La solidarietà è semplicemente questa cosa qui, non bisogna essere dei santi per aiutare gli altri, basta essere uomini, con tutti i nostri limiti, con tutti i nostri difetti. Quegli operai organizzano una colletta anche per la famiglia dell’operaio siciliano, così diverso da loro – anche fisiognomicamente – su cui pure le loro opinioni non sono affatto benevole, su cui hanno dei pregiudizi, che sfiorano il razzismo. Erano i siciliani allora quelli che vengono a rubarci il lavoro. Quelle donne e quegli uomini erano ignoranti, molti di loro non sapevano né leggere né scrivere, però intuivano un concetto che noi, con tutte le nostre filosofie, non riusciamo più a ricordare, ossia che i poveri si salvano solo se stanno insieme, solo se si aiutano, anche quando non si stanno reciprocamente simpatici.Poi è vero che adesso c’è il welfare, ci sono i servizi – che noi finanziamo con le nostre tasse, quelli che le pagano – e non possiamo anche farci carico personalmente di aiutare tutti quelli che arrivano qui. Poi è vero che non possiamo aiutare tutti. Poi è vero che tra quelli che arrivano qui ci sono dei delinquenti, degli scansafatiche, dei perdigiorno. Ci sono molte ragioni per essere egoisti, ciascuno di noi è bravissimo a giustificare la propria grettezza. Però la vera questione è che noi non siamo poveri, non lo siamo più – o non lo siamo ancora – mentre quelli che arrivano sono poveri, molto poveri. E questa non è una buona ragione per prenderli a calci in culo.Naturalmente noi continueremo a fare schifo, a guadagnare su quei poveri che pure diciamo di non volere, e insegneremo loro a essere meschini come siamo noi, insegneremo loro a odiarci, e sarà giusto che ci odino. Quando ci prenderanno a calci in culo non dovremo protestare, perché glielo abbiamo insegnato noi.