COSA STA SUCCEDENDO AI RENZIANI NEL PD TOSCANO?
Il congresso regionale del PD toscano che ha eletto Simona Bonafè alla segreteria si è concluso da pochissimo, eppure gli equilibri sono nuovamente messi in discussione: che una sorta di resa dei conti fosse solo rimandata e che la partita vera si sarebbe giocata per le primarie nazionali era cosa intuibile e, di fatto questo è quello che sta accadendo adesso. Anche questo va probabilmente considerato come uno degli effetti collaterali che, a cascata, si sono iniziati a muovere nel PD dopo il repentino abbandono di Minniti dalla corsa alla Segreteria nazionale: l’ex Ministro degli Interni era considerato, a torto o a ragione, l’unico vero competitor di Zingaretti alle primarie e la sua mozione avrebbe dovuta essere sostenuta principalmente dal gruppo vicino a Renzi. La possibilità di puntare su un candidato potenzialmente vincente era rimasto, evidentemente, il collante principale della corrente vicina all’ex Segretario e di fatto la retromarcia minnitiana e l’idea di dare appoggio a candidati certamente difficilmente accreditabili della vittoria, quali sono ad oggi il duo Giachetti-Ascani, non è risultata sufficiente a mantenere serrate le file Renziane. Tantopiù che il fronte risulterebbe ulteriormente frazionato dalla presenza fra i candidati di Martina, anch’egli forte di consensi fra le fila della medesima corrente. In Toscana, osservatorio di particolare interesse per la geografia del potere nel PD, il primo ad esternare una rottura netta con il passato è l’ex responsabile sanità del partito nella segreteria Renzi, Federico Gelli secondo cui “in toscana i renziani non esistono più” e che, con una conferenza stampa nei giorni scorsi, ha dichiarato il proprio appoggio a Zingaretti:“ Personalmente non rinnego nulla rispetto alle cose positive che abbiamo fatto nella scorsa legislatura e in quella maggioranza. Oggi però mi sembra evidente che c’è una sola figura in grado di intraprendere un cammino riformista e di rilancio del centrosinistra nel nostro paese: Nicola Zingaretti”. Gelli è certamente stato in passato molto vicino a Renzi, tuttavia il rapporto fra i due risultava già incrinato da tempo, come è capitato con molti di coloro che, per periodi più o meno lunghi, sono transitati nell’area del così dettogiglio magico:dapprima divergenze sulla candidatura al Comune di Pisa a cui Gelli ha opposto il proprio rifiuto, poi l’esclusione dalle liste per la nuova legislatura. Ultimo in ordine di tempo fra gli episodi di rottura fra Gelli ed il fronte renziano, la propria candidatura, proposta in alternativa a quella voluta a Rignano sull’Arno e poi ritirata, forse per mancanza di quel pizzico di coraggio in più che era necessario a sfidare gli ex colleghi, in favore della neosegretaria Bonafè. C’è comunque da dire che, se la prima sortita era nata come progetto alternativo ma non in opposizione al gruppo dirigente renziano, l’appoggio a Zingaretti è invece quanto di più lontano dal propriohabitatdi provenienza. Perché di certo, il non rinnegare l’esperienza renziana e approdare nelle file di Zingaretti appare un salto logico non indifferente, degno del duo Cagnotto Dallapè e che, ad osservatori poco attenti o abbastanza cinici, potrebbe tanto sembrare un salto sul carro del vincitore più probabile, attività che rimane comunque, se non il mestiere, quantomeno lo sport più antico del mondo in casa PD dove, da sempre, al gruppo di maggioranza relativa, si sommano quelle correnti minoritarie che, di candidato in candidato contribuiscono a determinare le segreterie. L’appoggio al Presidente della Regione Lazio è anche l’occasione per Gelli di mandare un avviso di commissariamento proprio alla neosegretaria regionale, secondo Gelli infatti“È chiaro che se il risultato in Toscana dovesse essere favorevole a Zingaretti, la segretaria renziana Simona Bonafè dovrà prenderne atto e misurarsi con questa novità; lei non si dovrà dimettere ma dovrà adottare una linea diversa rispetto a quella tenuta fino ad oggi”. Certamente la gestione del partito, proprio nella regione madre del giglio magico, non ha contribuito a mantenere compatta la corrente: molte scelte imposte, l’eterno dualismo Lotti-Boschi, un certo eccesso di sicurezza circa la tenuta delle terre toscane, anche e soprattutto dal punto di vista elettorale, sono stati tutti elementi destabilizzatori che inevitabilmente hanno portato il proprio conto da pagare nel momento del calo dei consensi e delle sconfitte nelle urne. Se a tutto ciò si somma l’effetto “spaesamento” dovuto al non avere un proprio candidato forte in lizza, con i capi corrente che si muovono un po’ in ordine sparso e lo stesso Renzi assolutamente silente sul tema congressuale, l’effetto “abbandonare la nave” è servito. Gelli infatti non è l’unico nel partito regionale ad aver dato l’addio al gruppo renziano: anche i tre assessori regionali della giunta Rossi, Federica Fratoni, Cristina Grieco e Marco Remaschi, i due consiglieri regionali Francesco Gazzetti e Monia Monni, l’ex responsabile Enti Locali Stefano Bruzzesi e la senatrice Rosa Maria Di Giorgi sono di fatto fuoriusciti e con l’avvicinarsi della data delle primarie l’elenco potrebbe allungarsi. Per il momento Renzi continua a tacere, evidentemente più interessato al nuovo impiego come divulgatore storico, da cui si discosta ormai esclusivamente per questioni di politica nazionale. C’è chi da tempo ormai interpreta il distacco totale dal congresso con la volontà di distaccarsi anche dal partito, per altri sta solo facendo uscire allo scoperto tutti quelli che si erano già decisi a cambiare corrente per fare un po’ di pulizia interna; peraltro le due opzioni non sono neanche totalmente incompatibili fra loro, almeno in teoria: il lancio di un nuovo progetto dovrebbe comunque avvenire con un “capitale umano” quanto più ripulito possibile dai peccati della vecchia gestione. Per saperlo occorrerà attendere, anche se non è ancora chiaro se l’esito del congresso o la fine di “Firenze secondo me”.
